L’errore umano

Errare humanum est, perseverare autem diabolicum – da Cicerone a Sant’Agostino

Tutti sbagliamo e ci sono errori di tipi diversi, ne citiamo qualcuno.

Il primo errore riguarda le leggi morali, se sai che hai sbagliato e continui a farlo è male, se sai che avevi il dovere morale di fare qualcosa e non l’hai fatto è male. Questo dipende dall’educazione che ricevi.

Il secondo tipo di errore è l’errore percettivo, reagisci in modo errato in base alle informazioni che hai e alle tue capacità naturali. Questo dipende da come funziona il cervello umano.

Il terzo tipo di errore è l’errore sostanziale. In aritmetica 1+1=2, se scrivi tre è un errore sostanziale. Questo dipende dalle regole del sistema applicato.

Il primo errore, educazione e responsabilità

Per dirla come Umberto Galimberti noi essere umani siamo molto più bravi a creare qualcosa che a prevedere gli effetti di quello che abbiamo creato. Questo genera una serie di errori di sistema.

Quindi abbiamo creato tantissime tecnologie che a medio-lungo termine stanno distruggendo il pianeta. Combustibili fossili, Gas per il raffreddamento che procurano il buco nell’ozono, farmaci che creano dipendenze e così via. Essendo nell’età della tecnica, della tecnologia, secondo Galimberti l’errore si riassume con la frase “non è di mia competenza”, perché si cerca di gestire con la razionalità la risposta ai bisogni umani. A partire dalla scuola, che togliendo la soggettività dell’allievo, perde la sua funzione educativa e si concretizza con il sistema che ci valuta numericamente senza tenere conto delle nostre capacità personali. in altri filmati Umberto Galimberti fa notare che il massimo delle capacità umane va dai quindici ai venticinque anni circa. In occidente in questa fascia di età impediamo ai ragazzi di fare esperienza, li releghiamo al ruolo di accumulatori di sapere e gli facciamo odiare la scuola. Io ho passato cinque anni in una scuola serale e posso testimoniare che è stato talmente doloroso da far sì che con gli amici, quando uscivamo la sera in auto, ci fermavamo un minuto fuori dalla scuola solo per essere sicuri di esserne usciti. Nella mia classe originale il primo anno delle oltre venti persone che eravamo solo quattro sono arrivate a diplomarsi in quinta. Il problema della responsabilità è che è rivolta a soddisfare la legge o il capo, non il cliente, l’allievo.

Possiamo migliorare moltissimo.

La scoperta dell’errore e la responsabilità della scuola

“Sette volte cadi, otto rialzati” – proverbio giapponese

Nel mio percorso professionale mi sono sempre sfidato ad insegnare a persone con disabilità cognitive e ragazzi in età adolescenziale, fino ad arrivare ad insegnare le mappe mentali ai bambini di prima elementare, dopo averlo fatto con i maestri e le maestre dei rispettivi istituti.

La sfida consiste nel trasformare in un gioco con elementi noti la creazione di una mappa mentale, ad esempio costruiamo una casa disegnandone i pezzi. Quando abbiamo finito possiamo ritagliarli e guardare insieme a tutti gli altri cosa possiamo costruire.

I bambini di 5/6 anni non sanno ancora leggere e scrivere compiutamente e hanno solo rudimenti sull’uso dei numeri, eppure il loro potenziale ed il loro entusiasmo è incredibile. Sembra quasi che tu possa chiedere loro di fare una cosa che non conoscono e loro se la inventeranno su due piedi.

Già in seconda elementare i bambini hanno imparato che quando svolgono un compito poi vengono valutati. I bambini associano la valutazione a se stessi, non sono in grado di distinguere un risultato dal loro essere giusti o sbagliati. Ogni valutazione è un giudizio sulla loro identità. Da qui nasce l’associazione ERRORE=GIUDIZIO=DOLORE.

Questi problemi (in Europa) sono stati già risolti nei secoli passati, dove in molte scuole religiose, perché solo la chiesa aveva le risorse per creare strutturalmente persone di cultura, si insegnava a leggere e a scrivere sottolineando le cose giuste, non quelle sbagliate. Quello che oggi chiamiamo pensiero positivo.

Gli esseri umani imparano nonostante tutto

Nel 2005 ho incontrato Tony Buzan, inventore delle mappe mentali e uno dei più grandi geni del ventesimo secolo e la prima frase che ha detto all’inizio del suo intervento è stata:

“La prima forma di apprendimento è l’imitazione”.

Se tutti imparano imitando gli altri, quindi guardare cosa fanno gli altri è un modo per migliorare noi stessi, e impedire ai bambini di “copiare” è contronatura, o sai o puoi imparare. Nei compiti in classe fare una copia di parole senza senso è solo un modo per sopravvivere a una valutazione, non lo faresti mai se potessi scegliere. Il sistema delle valutazioni è nato perché semplifica in modo drastico la gestione dei risultati, la quantità di lavoro degli insegnanti e permette una più semplice politicizzazione della didattica, mentre la formazione dovrebbe essere diversa per ogni singolo allievo, tenere conto delle capacità del singolo, esattamente come accade nei ruoli professionali. Spostare la priorità sulle valutazioni e sulle economie di scala ha portato a pensare che i problemi della scuola si possano risolvere attraverso procedure normate, mentre il problema è che far crescere ogni singolo bambino richiede sempre un intero villaggio.

Oggi esistono le scuole in nord Europa che evitano di applicare valutazioni nei primi anni di scuola e di insegnare attraverso esempi usando tecniche costruttiviste e di gioco che implicano l’acquisizione delle conoscenze, come leggere e scrivere.

Sbagliando si impara

Da questo punto di vista io faccio sempre un esempio ai ragazzi: “quando mio figlio era piccolo ogni tanto veniva da me con un mazzo di carte e voleva giocare. Di solito lui conosceva il gioco e io no. Secondo Voi se avessimo fatto cinque partite mentre io cercavo di capire come NON sbagliare quante ne avrei perse?” I ragazzi stimano da tre a cinque. “E se io invece avessi cercato di imparare tutti gli errori possibili nelle prime due partite quante ne avrei potute vincere?” Più di due probabilmente.

L’errore è uno splendido stimolo per imparare, se lo consideriamo una sfida, come avviene durante il gioco. La prima regola del gioco è che è solo un gioco; quindi, anche se perdiamo non siamo in pericolo. I bambini che giocano a nascondino lo fanno per affrontare la paura innata di sentirsi abbandonati vicino ad un predatore. Il brivido dello sfuggire al predatore trasforma la paura in un’emozione affrontabile e insegna strategie come nascondersi, scappare, osservare il territorio. Abbiamo già approfondito alcuni aspetti di quanto il gioco faccia emergere le migliori capacità umane, vedi: Jane McGonigal e la realtà in gioco

L’errore percettivo

“Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore” – Bertold Brecht

Daniel Kahneman è uno psicologo israeliano, vincitore, insieme a Vernon Smith, del Premio Nobel per l’economia nel 2002 «per avere integrato risultati della ricerca psicologica nella scienza economica, specialmente in merito al giudizio umano e alla teoria delle decisioni in condizioni d’incertezza». vedi Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Daniel_Kahneman

Ho letto il suo libro Pensieri lenti e veloci, seicento pagine di esempi e di scoperte degli errori che siamo portati a fare in quanto esseri umani con i nostri punti ciechi dovuti al bisogno di equilibrare le nostre capacità per sopravvivere immersi in un ambiente pericoloso e imprevedibile.

fonte: https://www.pensierocritico.eu/euristiche-e-bias.html

Kahneman e Smith hanno scoperto che la mente funziona in due modi diversi, uno lo potremmo definire quello istintivo (veloce), se camminiamo per strada soprappensiero siamo comunque in grado di evitare gli ostacoli, e l’altro razionale (lento), se qualcuno ci chiede che ore sono per prima cosa ci fermiamo e poi guardiamo l’orologio.

Il problema dei nostri comportamenti antieconomici è che cerchiamo di rispondere a situazioni razionali in modo istintivo e quindi tutti tendiamo a stimare i tempi di un progetto più brevi di quello che statisticamente è storicizzato, e di fare scelte antieconomiche se non riusciamo ad accedere alla nostra mente razionale.

Ovviamente questo non copre tutti i possibili errori percettivi a cui quotidianamente andiamo incontro, quindi impariamo che si chiamano Bias.

immagine originale: https://www.visualcapitalist.com/wp-content/uploads/2021/08/all-188-cognitive-biases.html

E state attenti ai paradossi: Paradossi

L’errore sostanziale

«Se qualcosa può andare male, lo farà sicuramente» – Legge di Murphy

Arrivati a questo punto potremmo quasi dire che l’errore sostanziale è il più chiaro con cui possiamo avere a che fare. A questo riguardo quando spiego ai ragazzi che cosa impara un programmatore nel tempo, dico sempre che la prima cosa che fa è sbagliare, la seconda è sbagliare ancora e la terza tentare di sbagliare di meno. La programmazione è prevalentemente scrittura, quindi si possono fare errori grammaticali, logici, tassonomici e matematici, più tutti quelli che solo usando un computer scoprirai. Però il piacere della sfida, il fatto che di solito rimediare ad un errore consolida il tuo programma e la soddisfazione del cliente fanno il piacere di questo lavoro. Assomiglia molto al lavoro di un progettista che disegna parti meccaniche.

Eppure, l’errore è alla base di molte applicazioni dell’intelligenza artificiale. Quando spiego ai ragazzi cosa può fare una rete neurale, facciamo un gioco con cui loro devono arrivare a un obiettivo tradotto in una cifra di danaro. Durante il gioco ricevono le informazioni di dove sono arrivati rispetto all’obiettivo, solo dopo aver agito senza sapere cosa hanno fatto gli altri. Dopo qualche giocata la differenza dall’obiettivo si assesta fino a ridursi in modo soddisfacente.

Durante il gioco devo usare la parola DIFFERENZA, mentre nel caso specifico si chiamerebbe ERRORE, ma ho notato che se uso la parola errore tutti si deprimono e il perché l’ho spiegato sopra.

Il lavoro della rete neurale in questo caso è proprio quello di ottimizzare la soluzione di un problema di cui non abbiamo tutte le informazioni, semplicemente facendo una serie di tentativi dopo aver calcolato un possibile CORRETTORE all’ERRORE. La differenza fra gli esseri umani che giocano è la rete neurale è che la rete neurale risolve lo stesso gioco che è durato circa quarantacinque minuti in pochi millesimi di secondo.

Tendenzialmente gli errori si insinuano dovunque, ad esempio tutti i Bias, i pregiudizi che ogni cultura comporta, si trascinano inconsapevolmente nelle opere che creiamo, anche nell’intelligenza artificiale, vedi il filmato di Quante storie dal minuto 23.30 al link: https://www.raiplay.it/video/2022/11/Quante-storie—Puntata-del-09112022-54083854-f539-433e-80db-f1f757e86d24.html

L’ispirazione su questo tema mi è venuta nel 2012 quando l’ingegner Pastorino, figura storica dell’imprenditoria lecchese, ha fatto un intervento al master Lecco 100 sul tema dell’errore. Non dimenticherò mai quando disse: “Dal successo non si impara, dall’errore si impara sempre. Quasi sempre si può correggere un errore, molto spesso si può sfruttare.”


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