I colloqui di lavoro

Simone_CapoferriSimone Capoferri, Responsabile delle Risorse Umane di Honeywell in alcuni paesi europei, il 13 giugno ha tenuto una lezione su colloqui di lavoro e curriculum vitae, tematiche di grande interesse per i numerosi laureandi e neolaureati partecipanti al master. L’obbiettivo è stato quello di aumentare il “senso di consapevolezza” in un colloquio o nella stesura di un curriculum, al fine di migliorare le possibilità di fare una buona impressione, con lo scopo di trovare il “lavoro giusto”. Quando un’azienda cerca una figura, o quando ci si autocandida per una posizione, bisogna infatti tenere in considerazione che si tratta di una valutazione a doppio senso: non solo se io vado bene per quell’incarico, ma anche se è un incarico che va bene per me. Ovviamente più esperienza si ha le spalle più si diventa esigenti, si tratta di un processo in evoluzione e con noi deve crescere anche il nostro curriculum. Innanzitutto, contrariamente a quanto fa ritenere il senso comune, modelli standard, come quello europeo, non sono necessariamente i migliori o i più apprezzati, anzi. Si tratta però di una base da cui partire per creare qualcosa fatto su misura, chiaro, preciso e conciso, in grado di farci distinguerci nel mucchio. Fondamentale infatti è colpire l’attenzione, ma di altrettanta importanza è sapere come mantenerla: banditi dunque i curricula narrativi e super dettagliati, mostriamo la nostra capacità di sintesi rimanendo nelle due pagine massimo e, attraverso l’uso di elenchi puntati e il grassetto, evidenziando le sole informazioni importanti. Evitiamo dunque inutili ripetizioni, sprechi di spazio e indicazioni superflue (per intenderci non serve scrivere Nome – Cognome – Data di nascita prima dei nostri dati anagrafici, ma anche la via della nostra precedente sede di lavoro: più importante invece inquadrare brevemente la nostra ex azienda). L’ordine migliore è quello dati – formazione – esperienze, ma anche gli hobby sono importanti se indicati con consapevolezza: devono cioè essere funzionali a far capire meglio le nostre qualità, le skills che devono comunque essere esplicitate. Anche i “lavoretti” che non c’entrano nulla con la posizione che vorremmo andare a ricoprire possono avere una loro ragione d’essere, specialmente nel curriculum di un laureato con poca esperienza, perché mostrano la voglia di fare. In ogni caso è necessario customizzare il nostro scritto e, se si vuole, accompagnarlo con un breve  prologo o epilogo, o ancora da una lettera motivazionale opzionale (che in alcuni casi viene letta dopo il cv). Ma cosa cercano oggi le aziende in un neolaureato? La domanda, rivolta ai ragazzi, ha dato origine a risposte diverse: aggiornamento, flessibilità, adattamento, elasticità, lungimiranza, curiosità, velocità, qualità, passione, collaborazione, intraprendenza, autonomia..queste alcune delle parole emerse. Il quadro delineato è quello di un candidato ideale che non aspetta che l’azienda gli insegni tutto, ma che sa trovare da solo le risposte di cui ha bisogno, cercandole anche nelle relazioni con i colleghi più esperti, modelli da cui imparare. Non sono emerse invece le “competenze”, sempre meno importanti e ricercate, ma non per questo inutili: si tratta di una base da cui partire, non di un fattore differenziale. Fondamentale è saper reagire agli insuccessi che, sicuramente, prima o poi arrivano per tutti. Anzi proprio l’assenza di sconfitte è sintomo di qualcosa di strano: vuol dire che non ci si sta mettendo in gioco, non si sta rischiando, autolimitandosi. Alessio Sperlinga è intervenuto per chiarire questo punto: occorre divenire imprenditori di sé stessi:  non aspettare che succeda qualcosa, ma essere intraprendenti e proattivi, vedere nelle nuove sfide, opportunità di apprendimento e crescita. Oltre al curriculum, l’altro grande elemento di confronto nel rapporto iniziale con un possibile datore di lavoro, è il colloquio. La chiave del successo come sempre risiede nella preparazione (conoscere l’azienda, pensare a possibili domande ecc) ma, dato che non c’è una seconda occasione di fare una buona prima impressione, un ruolo fondamentale è giocato anche da aspetti formali (postura, abbigliamento, gestualità). L’atteggiamento deve trasmettere la giusta energia e positività, anche i nostri difetti vanno calibrati e scelti con cura in modo che possano essere visti anche sotto una luce favorevole. Non si tratta certo di mentire, ma bisogna presentarsi sotto la migliore luce possibile, per questo mai fare affermazioni generiche ma dicendo solo ciò che siamo in grado di dimostrare o giustificare concretamente. Anche in caso di domande o affermazioni indiscrete, che ci infastidiscono o innervosiscono, fondamentale è non far trapelare alcuna reazione ma cercare invece una base comune, che non sia eccessiva o troppo studiata. Infine è importante fare domande per dimostrare il nostro interesse, con attenzione a questioni delicate come l’aspetto economico, puntando non tanto su competenze ed esperienze, ma su quanto ricavato dalle stesse, ciò che ci arricchisce e distingue da un altro candidato. Ricordiamoci di non partire sconfitti in partenza, si tratta di un pericoloso atteggiamento che tende ad auto avverarsi, carichiamoci invece positivamente, solo così lasceremo un buon segno.

By Chiara Vassena

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