Tra economia civile e crisi finanziaria
Il giorno 16 febbraio 2018 presso la sede di ConfCommercio a Lecco, si è svolto un incontro con Maurizio Benedetti, consulente presso la società Askesis.
Questo termine deriva dal greco e significa “allenamento”, cioè il continuo miglioramento nella quotidianità, ma anche “modellamento”, ovvero il cercare un modello ideale verso cui tendere.
Il tema fondante di questo incontro è stato l’attrito tra la crisi finanziaria del 2008 e l’etica dell’economia civile.
Purtroppo i due temi non sono andati di pari passo e tutti noi ne conosciamo le conseguenze, che viviamo ancora oggi; di essa hanno pagato e stanno pagando i costi più pesanti soprattutto i piccoli risparmiatori e in genere la povera gente.
La crisi finanziaria, che ha avuto origine negli Stati Uniti con la questione dei mutui sub-prime, si è estesa all’economia reale a livello internazionale, provocando la caduta del commercio, dei consumi, dei risparmi, degli investimenti.
Prima della crisi finanziaria la responsabilità era soprattutto a carattere individuale, riconducibile soprattutto all’etica professionale del singolo individuo e quindi affidandosi alle buone intenzioni e a virtù personali come onestà e sincerità.
La crisi ha messo in evidenza tutte le carenze del sistema sopradescritto: essa ha mostrato quanto tutte le istituzioni sociali, nessuna esclusa, abbiano un ruolo determinante nel settore finanziario al fine di rendere possibili e incentivare comportamenti responsabili ed impedire quelli irresponsabili.
Per istituzioni sociali si intende qualsiasi tipo di istituzione presente nel sistema macroeconomico, le principali coinvolte nella recente crisi sono state le banche (che hanno smesso di fare la tipica attività bancaria), le agenzie di prestito immobiliare, le assicurazioni, le agenzie di rating.
Tutte le istituzioni sopracitate hanno avuto ovviamente ruoli diversi e responsabilità diverse, più o meno gravi, ma l’obiettivo unico di tutte le istituzione è stato sempre e solo uno: “il potere del Dio denaro”.
La crisi, che dal mondo della finanza è giunta fino all’economia reale, spinge sia a rivalutare la validità dei principi teorici e dei modelli economici applicati in questo settore che a riprendere la questione alla base della scienza economica: la dimensione etica delle scelte legate al mondo economico.
È incredibile quanto un modello così antico, che risale al ‘700, sia allo stesso tempo anche così moderno e valido.
È il caso nell’”economia civile” del partenopeo Antonio Genovesi e dell’homo oeconomicus, che si deve nutrire anche di relazioni, motivazioni, fiducia, e che l’attività economica abbia bisogno di virtù civili, di tendere al bene comune più che alla ricerca di soddisfazioni individuali.
Cardine del pensiero economico di Genovesi è la fiducia come fonte di reciprocità.
L’economia civile teorizza che anche nella normale attività di impresa vi debba essere spazio per concetti come reciprocità, rispetto della persona, solidarietà.
La responsabilità sociale di impresa non è solamente un tema etico/sociale, ma se ben applicato, diventa anche un valore economico in grado di far acquisire un vantaggio competitivo, perché grazie ad essa l’impresa può avere dei benefici creando intorno a sé un sistema basato sulla fiducia.
Proprio dall’antica Economia Civile di Genovesi bisogna ripartire, perché non si supera la crisi senza una profonda svolta morale.
Mazzei Antonella