L’incontro del 9 marzo ha visto coinvolto Angelo Cortesi. Tema dell’incontro: la responsabilità sociale d’impresa.
Angelo, che già avevamo conosciuto nell’incontro dove aveva esposto il proprio concetto di impresa, si è ripresentato così, in modo molto accogliente e positivo: “Se vogliamo un mondo migliore, dove tutti stiamo bene insieme, dobbiamo impegnarci”.
Ricollegandosi alla crisi del 2008 : negli incontri passati era stata analizzata da un punto di vista più “economico”, questa volta è stata approfondita nel suo impatto sul fattore “umano”. Secondo Cortesi essa è stata causata “dall’avidità miope dell’uomo spinta da una teoria economica schizofrenica e riduzionista“.
Cosa significa avidità miope?
Con avidità si intende l’obiettivo esclusivo del tornaconto personale, con miope una visione di risultati immediati e focalizzati solo sul breve periodo, senza quindi tenere conto degli effetti a lungo termine.
A latere della crisi economica è stata analizzata anche la crisi ambientale, dovuta sostanzialmente allo sfruttamento incontrollato delle risorse e all’inquinamento che va a ferire l’aria, l’acqua, il suolo e il cibo.
Questa visione negativa è però subito bilanciata da un’altra: “Nutro una grande speranza in voi e sono convinto che voi cambierete le cose”.
Così giungiamo alla domanda cruciale, come cambiare?
I principi, apparentemente molto semplici, ma al contempo difficili da eseguire sono due:
- Perseguire il bene comune
- Avere una visione di lungo periodo
La chiave di tutto si può racchiudere in questo concetto: “Non si può cambiare ciò che non si conosce“.
Se agiamo per il bene comune con una visione di lungimiranza, le nostre azioni si potranno definire etiche. Allora perché ancora oggi vediamo tanti scandali ? Alla base di questi comportamenti c’è spesso poca cultura sulla responsabilità.
L’idea di responsabilità va oltre la legge, in un certo senso non è responsabile chi si focalizza solo nell’affermare “io rispetto le leggi”; le leggi dovrebbero essere rispettate da tutti. Si tratta di una sfumatura sottile. Per quanto riguarda le regole poi spesso siamo portati a vederle come dei divieti, dei limiti, delle restrizioni. È normale, capita a tutti. Però si deve anche dire che le regole siano delle conquiste civili, il frutto di una maggiore consapevolezza verso le persone e l’ambiente. Cambiando il punto di vista, cambia immediatamente la connotazione che diamo alla regola, da negativa a positiva.
Il termine responsabilità deriva dal latino respòndere, che significa impegnarsi a rispondere, a qualcuno o a se stessi, delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano.
Legato al termine responsabilità si colloca bene il concetto di sviluppo sostenibile, inteso come la capacità di soddisfare le necessità delle attuali generazioni senza compromettere le necessità delle generazioni future. In poche parole sostenibilità significa lasciare ai nostri figli, ai nostri nipoti, a chi verrà dopo di noi, un pianeta che sia ancora abitabile e usufruibile al pari di come lo stiamo usufruendo noi.
Per fare questo bisogna innanzitutto prendere atto che:
- Le risorse della Terra non sono infinite
- Oggi il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse disponibili sul pianeta.
Un tema che ne deriva è l’emergenza povertà ma non fine a se stessa. Il dato allarmante è la forte disparità tra sempre più ricchi e sempre più poveri. Due immagini rendono bene l’idea: una bambina che non ha da mangiare da un lato e un cagnolino a cui viene organizzata una festa di compleanno dall’altro.
Stiamo sbagliando qualcosa? I temi della fame, della povertà, della sofferenza sono temi che conosciamo bene. Non ci toccano in prima persona ma non ne siamo nemmeno estranei. Più difficile però è dire “Cosa posso fare io? Ho già abbastanza problemi a casa mia. Ognuno ha le sue gatte da pelare”. Se solidarietà vuol dire sentirsi tutti responsabili di tutti, ecco che un imprenditore potrà impegnarsi a favorire la motivazione tra i suoi lavoratori, ad adottare una politica di sostenibilità ambientale, a sfruttare il territorio stesso come risorsa, a non abusare di ciò che è limitato o protetto o indifeso.
E in riferimento alla domanda di prima, stiamo sbagliando qualcosa?
Rispondo con questa frase di Angelo: “Un’azienda responsabile può sbagliare anche lei ma capisce di aver sbagliato”.
Daniele Redaelli