Lezione del 9 marzo – Project management

Sabato 9 Marzo 2019 Alessio Sperlinga, informatico e formatore, ha introdotto il tema del Project Management all’interno di un gruppo di lavoro.

Alessio Sperlinga

Lavorare in gruppo può rivelarsi a volte complicato per il fatto che bisogna tener contro della diversità di tutti coloro che lavorano insieme e dalle inclinazioni di ognuno; e non ultimo dalla  capacità di relazionarsi con gli altri, fattore imprescindibile per fare in modo che un lavoro possa avere successo.

I primi elementi fondamentali ,quando ci si accinge ad intraprendere un lavoro simile sono:

1) Avere ben chiaro quali siano le aspettative iniziali.

2) L’obiettivo da perseguire che deve essere  innanzitutto Raggiungibile, Concreto, Risolvibile e Stimolante.

Fermo restando che per un gruppo di lavoro più o meno esteso ci sia bisogno di un solo responsabile, è essenziale stabilire quali siano i ruoli che ogni persona coinvolta deve esercitare.

Le persone chiave di un progetto possono essere così identificate:

1) Chi decide: colui che ha potere decisionale

2) Chi osserva

3) Chi coordina: si tratta di solito di una persona che ha l’abilità di influenzare l’interlocutore.

Si può attribuire alla parola influenzare una doppia accezione, la prima negativa intesa come manipolare e la seconda positiva cioè: quella capacità di cambiare il comportamento dell’interlocutore per perseguire un risultato positivo.

Altro componente essenziale risulta essere la Comunicazione a maggior ragione quando si tratta di lavorare in un gruppo ed è fondamentale che avvenga prima, durante e alla fine di un progetto in modo che ci possano essere maggiori scambi di informazione volti a raggiungere l’obiettivo finale.

Un progetto per essere equilibrato deve tener conto di questi tre elementi: Tempo, Denaro e Obiettivo; a seconda del progetto si può adottare due tipi di piani, quello che viene chiamato                                Top-down (dall’altro verso il basso) quando di tratta di un progetto finito; e Bottom-up (dal basso verso l’alto) quando il progetto lo si comincia da zero, quando parte dalla base.

Elemento da non sottovalutare è la Prevedibilità, nel linguaggio comune a questa parola si attribuisce un’accezione negativa vista come una situazione già nota, che non lascia spazio alla novità; invece, nel campo del lavoro, può avere un significato profondamente differente in quanto l’interlocutore si sentirà più coinvolto; può in questo caso essere sinonimo di Affidabilità.

Bisogna convenire che un piano perfetto a priori non esiste perché un progetto è sempre in divenire nel senso che l’idea, la soluzione, per un risultato migliore, viene con il tempo; possiamo quindi affermare che, un piano, paradossalmente è a-temporale; in oltre spesso il tempo a disposizione è breve e quindi bisogna avere la capacità di massimizzarlo e averne buon uso.

All’interno di un lavoro di gruppo è altamente probabile che ci si imbatta in situazioni problematiche; motivo per cui ci sono le regole che fanno in modo che tutti siano allineati verso uno stesso obiettivo; un problema è una circostanza  per la quale non abbiamo una soluzione immediata ed è per questo fondamentale fermarsi, e pensare fuori dagli schemi per trovare una soluzione che possa avere una portata a lungo termine.

Come asserisce Einstein: “Un problema non può essere risolto nello stesso livello che lo ha generato” ragion per cui, dobbiamo adottare delle accortezze che ci consentano di affrontarlo in maniera più lucida e chiara possibile.

ATTIVITA’ CONCETTUALE

Abbiamo elaborato alcune strategie che possono aiutarci ad ottimizzare il tempo a disposizione e raggiungere l’obiettivo prefissato; e questo sono:

1) Limitare la quantità di cose da fare; non più di due alla volta ciò fa risparmiare il tempo

2) Aumentare efficacia: identificare quelle azioni che producono risultati, rendere  chiaro e visivo l’obiettivo

3) Rendere più semplici le cose cioè far in modo che siano meno complicate del problema stesso.

Frezer Villani.

Lezione del 8 Marzo- La responsibilità sociale d’impresa

Se vogliamo un mondo migliore, dove tutti stiamo bene insieme, dobbiamo impegnarci”, è con questa frase pronunciata da Angelo Cortesi che si apre la giornata del’8 marzo dedicata al tema della Responsabilità Sociale d’Impresa.

Cortesi,  inizia la sua presentazione ricollegandosi alla crisi del 2008. Crisi che ha toccato anche lui come imprenditore. Angelo sostiene che sia stata causata dall’avidità miope dell’uomo spinta da una teoria economica schizofrenica e riduzionista: verso l’uomo, l’impresa ed il valore. Dove per avidità si intende l’esclusivo tornaconto personale. Il tutto con una visione miope, orientata solo a risultati immediati e riferiti  al breve periodo (non tenendo conto degli effetti a lungo termine).

Accanto al tema della crisi economica ha analizzato anche quello ambientale, dovuto sostanzialmente allo sfruttamento incontrollato delle risorse e all’inquinamento che condiziona: aria, acqua, suolo e cibo.

Allora che cosa possiamo fare per cambiare la situazione? Due principi sono da osservare: bene comune e visione al lungo periodo. Il primo permetterebbe di realizzare utilità per tutti attraverso la creazione di un valore condiviso. Il secondo di essere più attenti ai bisogni e alle esigenze delle generazioni future senza ledere fattori determinanti per la nostra vita; è solo così che le nostre azioni saranno etiche.

E’ cambiata negli anni l’idea di profitto, la cui massimizzazione ha creato distorsioni e fratture nell’impresa determinando sfiducia nei contesti produttivi. Ne sono esempio  gli scandali che hanno colpito diverse multinazionali. Tutto ciò ha  diffuso il pensiero che il termine profitto fosse da intendersi più come il fine di un’impresa, che non un mezzo.

Cortesi  ha chiesto  cosa significasse, per noi ragazzi, essere un’azienda responsabile. E’ risultato :  onestà, rispetto delle risorse umane, dedizione all’ambiente, alla formazione dei dipendenti, senza dimenticare le conseguenze delle proprie azioni.

Vediamo come queste tematiche trovano riscontro a livello normativo: SA 8000, OHSAS 18001, ISO 45001, ISO 14001, Regolam. EMAS, AccountAbility 1000, ISO 22000, ISO 26000, ISO 27001, ISO 50001, Bilancio Sociale, Codice Etico, Interventi di CFR, Work life Balance.

Degne di nota sono: SA 8000 e ISO 26000.

  • La prima costituisce il primo standard a livello internazionale con cui si garantisce che un’organizzazione sia socialmente responsabile. Significa che l’impresa si debba impegnare al rispetto delle regole dell’etica del lavoro. Inoltre deve ricusare apertamente tutte le condizioni lavorative caratterizzate dalla disumanità: dallo sfruttamento, dall’iniqua retribuzione e dall’insalubrità del luogo di lavoro.
  • La seconda è uno standard internazionale che fornisce linee guida sulla Responsabilità Sociale d’Impresa. Allora ci chiediamo: perché le aziende devono diventare responsabili? Per rispondere all’ambiente, alla comunità e all’impresa, favorendo così un moltiplicatore di benefici per la società attuale nonché futura. Senza contare che siamo dinanzi ad impellenze non  più prorogabili: inquinamento e disastri ambientali, oltre all’esagerato consumo di risorse.
  • Sostenibilità, su questo dobbiamo concentrarci. Ovvero lasciare a chi verrà dopo di noi, un pianeta che sia ancora abitabile e usufruibile al pari di come ne stiamo usufruendo noi. Per fare questo bisogna innanzitutto prendere atto che: le risorse della terra non sono infinite e che oggi il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse disponibili sul pianeta.

Un ulteriore conseguenza che deriva da queste problematiche è l’emergenza povertà che non è fine a se stessa. Il dato allarmante è la forte disparità tra ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. Possibili soluzioni potrebbero essere adottate analizzando la teoria della decrescita di Serge Latouche, la teoria delle 8 R: rivalutare, ristrutturare, ricontestualizzare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.

Per riuscire a salvaguardare il nostro ambiente bisogna cominciare a sviluppare ed esercitare comportamenti di cittadinanza attiva. Ciò significa che ognuno di noi con un piccolo gesto può fare la differenza. La sola a cambiare non può essere l’impresa, la cultura di responsabilità infatti si deve radicare in ogni individuo. C’è bisogno di una leva forte, che obblighi le aziende ed i governi a comportarsi diversamente.

Dobbiamo essere consapevoli che il mondo non cambierà e non migliorerà senza l’impegno di ciascuno di noi, smettere di pensare che le nostre piccole azioni siano inutili, pertanto inutile solo iniziarle.

Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo.    –Henry Ford-

Articolo a cura di Lucia Ciampaglia

Letture suggerite:

Becchetti L., Il mercato siamo noi, Bruno Mondadori, 2012.

Luigino B., L’impresa civile: una via italiana all’economia di mercato, EGEA spa, 2010.

Wilkinson R. G., Pickett K., Olivieri A., La misura dell’anima: perché le disuguaglianze rendono le società più infelici, Vol. 22. Feltrinelli, 2009.

Siti web consigliati:

L’economia del bene comune, un modello economico che ha futuro:

http://www.economia-del-bene-comune.it/it

Visioni raccomandate:

Earth Day 2016 : https://www.youtube.com/watch?v=m-FM845giaI

Suzuki S., Discorso alle Nazioni Unite 1992: https://www.youtube.com/watch?v=fL_KBeJI3h4

Thunberg G., COP24 2018: https://www.youtube.com/watch?v=oDZWpmYj38U

Lezione del 2 Marzo – Strumenti di creatività

Ottavo appuntamento per il già affiatato gruppo di ragazzi del Master presso lo studio di Commercialisti Ferrari e Associati in centro Lecco. Unico relatore Alessio Sperlinga, per insegnarci alcuni strumenti di creatività.  Alessio ci guida ancora una volta nel complesso mondo della mente umana, quale potente strumento di risoluzione dei problemi in cui ci imbattiamo nel nostro vivere quotidiano.

Ogni giorno si verificano piccoli e grandi eventi, in circostanze più o meno prevedibili; situazioni che generano ostacoli, superabili solo se siamo in grado di inquadrarli e definirli correttamente. Infatti, senza una chiara consapevolezza della vera entità del problema, non è possibile trovare soluzione allo stesso.

Secondo la visione razionalista occidentale, basata sul pensiero convergente, una soluzione è tanto più efficace, quanto più semplice risulta essere rispetto al problema stesso. É necessario deframmentare, ridurre il problema in elementi/problemi più semplici (e quindi di più facile risoluzione), approcciandosi ad essi correttamente.

Spesso, è proprio la modalità in cui ci poniamo dinanzi ad un problema a renderlo complicato.  Ci lasciamo allontanare dalla soluzione anziché farci avvicinare. La negatività, la troppa razionalità o emotività, la tendenza a chiuderci nei nostri schemi, sono di per sé errori e ci impediscono di raggiungere gli obiettivi.

Ad esempio per il semplice fatto di pensare che “così non si fa” o “così non si può”, poniamo dei limiti alle nostre possibilità. E ancora, quante volte ci capita di affermare “non riesco a fare X”? É un po’ come se dicessimo “non riesco a pensare a X”, quindi “credo che X sia impossibile da fare”,

pertanto “non faccio X”, riducendo automaticamente il problema alla sfera dell’impossibile.

Dovremmo abituarci ad esercitare il pensiero positivo: “penso di non riuscire a fare X, per ora”, “penso che non sia possibile per me risolvere il problema, per adesso” e sforzarci, perchè ad ogni problema c’è una soluzione anche se non riusciamo a intravederla. Infatti, se non a noi, arriva poi magari qualcun’altro che “riesce a pensare a X e a fare X”, e dalla sfera dell’impossibile ci si eleva a quella del possibile.

“Quando ciò che si riteneva impossibile viene pensato, diventa possibile realizzarlo”. Come?

Se il problema non si risolve con la razionalità e gli sforzi come possiamo fare? Ricordare che il problema è una costruzione mentale, mentre la soluzione è una visione reale! E laddove il pensiero convergente, razionale e logico non riesce ad esserci completamente di supporto, possiamo sempre ricorrere al pensiero divergente, creativo e non convenzionale.

Ecco un esempio pratico:

Dopo aver preso un foglio bianco e tracciato nove punti come nella figura sottostante, proviamo a unire tutti i punti, con solo quattro linee e senza mai staccare la penna dal foglio:

Come riuscirci? Un consiglio è quello di uscire dagli schemi! Finchè abbiamo la percezione che esistano dei confini, e non possiamo uscire dagli stessi non troveremo la soluzione, provateci !

Infatti, spesso abbiamo difficoltà a risolvere certi problemi perché la nostra mente (nella fattispecie l’emisfero sinistro) cerca soluzioni sulla base di schemi già visti e li ripete in situazioni analoghe. Questo non ci permette di trovare soluzioni alternative. Imparare a pensare fuori dagli schemi significa abbandonare percorsi già tracciati in precedenza. Esercitando l’emisfero destro, ricorrendo alla creatività, all’immaginazione, alla flessibilità adottiamo un metodo differente ma maggiormente efficace di impostazione dei problemi, che si presentano nei contesti più vari.

Basti pensare all’aneddoto raccontato da Matteo Rampin, nel suo libro “Pensare come un mago”.    Parigi, inizio ‘900: il truffatore Victor Lustig prova a vendere la Torre Eiffel. Fingendosi un funzionario del Ministero delle Poste e dei Telegrafi (l’ente responsabile della torre), scrive ai più importanti commercianti di rottami di ferro del paese, informandoli che a causa degli alti costi di manutenzione, si è resa necessaria la demolizione e la vendita della Torre Eiffel. A loro chiede la massima riservatezza per non far trapelare la notizia. Alla fine di un percorso di scrematura un imprenditore risulta vincitore, ma in fase di chiusura della trattativa inizia a temporeggiare sul prezzo. Trovare il modo in cui Lustig ha convinto l’imprenditore a comprare la Torre Eiffel è l’esercizio che abbiamo intrapreso in aula.

Superiamo il principio generale, per cui si ritiene che tutti gli esseri umani abbiano cervelli che li aiutano a ragionare solo in modo logico, attraverso il metodo deduttivo (che procede dal generale al particolare, cioè da premesse e regole conosciute per ricavare il risultato) e induttivo (che procede dal particolare al generale, cioè da premesse e risultati conosciuti per risalire alle regole). Prendiamo coscienza dell’esistenza anche di un approccio più creativo ad un problema e alla sua risoluzione, attraverso il ragionamento/metodo abduttivo per cui partendo da alcune premesse o fatti che si vogliono spiegare, si cerca di individuare una possibile ipotesi che li spieghi.

Esercitiamo la nostra capacità di formuare ipotesi e di creare delle idee che si avvicinano alla soluzione, quando non riusciamo a trovarne una. Come ci suggerisce Alex Osborn, attraverso questi due metodi scientifici creativi:

  • il Freewheeling, letteralmente “a ruota libera”, come metodo individuale, da fare in uno stato di rilassamento e per circa dieci/venti minuti.
  • il Brainstorming, letteralmente “tempesta di cervelli”, come metodo di gruppo, da fare in circa mezz’ora. Dato un argomento ben definito o un problema lasciamo libero spazio alle idee, di ogni tipo, anche quelle più strane, che si trasformeranno poi in soluzioni o in un programma di lavoro per trovare in seguito una soluzione. Non ci sono regole, se non: vietato interrompere e vietato vietare, nessun giudizio!

Michela Bassani

lezione del 1 marzo – Gli imprenditori si raccontano – Attività individuale di ascolto

Bentornati con una nuova puntata del Master Lecco 100 di venerdì 1 marzo. La giornata odierna è stata così suddivisa:

Nella prima parte, per il ciclo “Gli imprenditori si raccontano” abbiamo avuto una doppia testimonianza, rispettivamente Walter Cortiana (imprenditore) e Bruno Corti (assistente educatore). Mentre nella seconda parte è tornata a trovarci Cristina Pedretti, ex corsista dello stesso Master nella sua edizione del 2013, life coach e formatrice.

Gli imprenditori Walter e Luca Cortiana sono attualmente alla seconda generazione della 3C Catene: azienda fortemente affermata da oltre quarant’anni, sia a livello locale che nel panorama nazionale, nella produzione di catene in metallo di piccole dimensioni.

Walter_Cortiana

I tre valori guida che caratterizzano il nostro Master, sono gli stessi che Walter Cortiana applica nella sua azienda: competenze (non sono sufficienti), cuore (ci vuole passione) e convinzione (per raggiungere un obiettivo).

Nella sua vision le relazioni e le collaborazioni sono fondamentali per lo sviluppo dell’azienda e del territorio stesso. Giustappunto può vantare diverse collaborazioni con scuole, università e associazioni per diffondere la cultura, i valori del lavoro, vari progetti innovativi e l’alternanza scuola-lavoro.  Attraverso corsi di formazione, investimenti e innovazioni, la sua azienda ha raggiunto e ottenuto la certificazione di gestione della Qualità secondo la norma ISO 9001.  All’interno dell’azienda i suoi dipendenti sono al tempo stesso coinvolti e valorizzati. Il rapporto tra loro è familiare dimostrato anche dall’attaccamento del loro ex capo officina che nonostante la pensione è voluto tornare come consulente a titolo gratuito.

Nella seconda parte della mattinata ha preso la parola Bruno Corti, assistente educatore presso la Casa Don Guanella, comunità educativa molto affermata a livello regionale nel cuore della città di Lecco da più di cent’anni.

La Casa ospita attualmente circa 60 bambini/e e ragazzi/e in situazioni di disagio, difficoltà, depravazione e situazioni di pericolo fisico o psicosociale.

Corti inizia a lavorare sin da giovane come idraulico: “Esperienza formativa e professionale al tempo stesso”, affermerà. Di pari passo inizia ad avvicinarsi al mondo del volontariato che lo porterà a viaggiare nel mondo, soprattutto in America Latina. La sua esperienza l’ha portato oggi a essere oltre che educatore anche responsabile di progetti e a rapportarsi con le istituzioni locali.

I ragazzi sono continuamente stimolati a mettersi in gioco attraverso la gestione della casa, le relazioni, le attività e i progetti.   A tal proposito è stato realizzato il progetto Cascina Don Guanella, attraverso la ristrutturazione di un vecchio cascinale, nei pressi di Valmadrera, con terreno annesso. In questo ambiente protetto i ragazzi, insieme agli educatori, si occupano della gestione e mantenimento della struttura oltre che svolgere attività prevalentemente agricole, in quanto l’agricoltura rappresenta una formidabile risposta alle situazioni di disagio e favorisce la coesione e il lavoro di squadra.

Nel pomeriggio Cristina Pedretti che lavora per la Fondazione Luigi Clerici di Lecco, oltre che essere life coach, dopo una breve spiegazione teorica riguardo all’interazione tra speaker e ascoltatore, ci ha guidato in una serie di esercizi sfruttando alla massima potenza i ns canali sensoriali, visivi e uditivi.

Nel primo esercizio, dopo esserci divisi in coppie, bisognava raccontarci una storia a vicenda riguardo un argomento sui cui si era particolarmente ferrati.  Dal racconto dello speaker dovevano fuoriuscire parti verbali, uditive e sensazioni. Durante il racconto l’ascoltatore invece doveva fornire segnali: sensoriali (sguardo in alto), uditivi (laterale), visivi (in basso). Lo speaker a questo punto doveva adattare la sua narrazione focalizzandosi maggiormente sui nuovi segnali emessi dall’ascoltatore.  La finalità  dell’esercizio è quella di comprendere e di entrare in relazione con le persone che ci circondano nella vita di tutti i giorni, attraverso i canali sopra citati.

Nel secondo esercizio, sempre divisi a coppie, bisognava schierarsi di fronte al muro con appeso un foglio contenente le lettere dell’alfabeto, sotto ciascuna di esse corrispondeva una diversa lettera: d (destra) s (sinistra) i (insieme). (Vedi foto sotto).

L’esecuzione dell’esercizio corrispondeva nel leggere ad alta voce la lettera dell’alfabeto e alzare la mano in corrispondenza delle lettere sottostanti.   Ci sono tre livelli di difficoltà: mano singola, mano + piede opposto e lettura dell’alfabeto al contrario. Dopo il passare dei giorni, bisogna cambiare l’ordine delle lettere d, s, i perché è memorizzato dal nostro cervello e non diventa più efficace, affermerà la coach.  Cristina Pedretti ci ha consigliato di svolgere questo esercizio tutte le mattine per 10 – 15 minuti, al fine di sciogliere eventuali tensioni accumulate in precedenza e tornare in uno stato positivo.   Il fine dell’esercizio è l’interazione che si crea tra l’emisfero destro del nostro cervello, e quello sinistro. Lo scopo è far sì che essi siano riattivati.

Alla prossima puntata! Mi raccomando, non mancate!

Andrea Sarcinella

Siti web consigliati:

https://www.catene3c.it

http://www.donguanellalecco.it

https://www.chiacchieredavenere.it