“Se vogliamo un mondo migliore, dove tutti stiamo bene insieme, dobbiamo impegnarci”, è con questa frase pronunciata da Angelo Cortesi che si apre la giornata del’8 marzo dedicata al tema della Responsabilità Sociale d’Impresa.
Cortesi, inizia la sua presentazione ricollegandosi alla crisi del 2008. Crisi che ha toccato anche lui come imprenditore. Angelo sostiene che sia stata causata dall’avidità miope dell’uomo spinta da una teoria economica schizofrenica e riduzionista: verso l’uomo, l’impresa ed il valore. Dove per avidità si intende l’esclusivo tornaconto personale. Il tutto con una visione miope, orientata solo a risultati immediati e riferiti al breve periodo (non tenendo conto degli effetti a lungo termine).
Accanto al tema della crisi economica ha analizzato anche quello ambientale, dovuto sostanzialmente allo sfruttamento incontrollato delle risorse e all’inquinamento che condiziona: aria, acqua, suolo e cibo.
Allora che cosa possiamo fare per cambiare la situazione? Due principi sono da osservare: bene comune e visione al lungo periodo. Il primo permetterebbe di realizzare utilità per tutti attraverso la creazione di un valore condiviso. Il secondo di essere più attenti ai bisogni e alle esigenze delle generazioni future senza ledere fattori determinanti per la nostra vita; è solo così che le nostre azioni saranno etiche.
E’ cambiata negli anni l’idea di profitto, la cui massimizzazione ha creato distorsioni e fratture nell’impresa determinando sfiducia nei contesti produttivi. Ne sono esempio gli scandali che hanno colpito diverse multinazionali. Tutto ciò ha diffuso il pensiero che il termine profitto fosse da intendersi più come il fine di un’impresa, che non un mezzo.
Cortesi ha chiesto cosa significasse, per noi ragazzi, essere un’azienda responsabile. E’ risultato : onestà, rispetto delle risorse umane, dedizione all’ambiente, alla formazione dei dipendenti, senza dimenticare le conseguenze delle proprie azioni.
Vediamo come queste tematiche trovano riscontro a livello normativo: SA 8000, OHSAS 18001, ISO 45001, ISO 14001, Regolam. EMAS, AccountAbility 1000, ISO 22000, ISO 26000, ISO 27001, ISO 50001, Bilancio Sociale, Codice Etico, Interventi di CFR, Work life Balance.
Degne di nota sono: SA 8000 e ISO 26000.
- La prima costituisce il primo standard a livello internazionale con cui si garantisce che un’organizzazione sia socialmente responsabile. Significa che l’impresa si debba impegnare al rispetto delle regole dell’etica del lavoro. Inoltre deve ricusare apertamente tutte le condizioni lavorative caratterizzate dalla disumanità: dallo sfruttamento, dall’iniqua retribuzione e dall’insalubrità del luogo di lavoro.
- La seconda è uno standard internazionale che fornisce linee guida sulla Responsabilità Sociale d’Impresa. Allora ci chiediamo: perché le aziende devono diventare responsabili? Per rispondere all’ambiente, alla comunità e all’impresa, favorendo così un moltiplicatore di benefici per la società attuale nonché futura. Senza contare che siamo dinanzi ad impellenze non più prorogabili: inquinamento e disastri ambientali, oltre all’esagerato consumo di risorse.
- Sostenibilità, su questo dobbiamo concentrarci. Ovvero lasciare a chi verrà dopo di noi, un pianeta che sia ancora abitabile e usufruibile al pari di come ne stiamo usufruendo noi. Per fare questo bisogna innanzitutto prendere atto che: le risorse della terra non sono infinite e che oggi il 20% della popolazione consuma l’80% delle risorse disponibili sul pianeta.
Un ulteriore conseguenza che deriva da queste problematiche è l’emergenza povertà che non è fine a se stessa. Il dato allarmante è la forte disparità tra ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri. Possibili soluzioni potrebbero essere adottate analizzando la teoria della decrescita di Serge Latouche, la teoria delle 8 R: rivalutare, ristrutturare, ricontestualizzare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare, riciclare.
Per riuscire a salvaguardare il nostro ambiente bisogna cominciare a sviluppare ed esercitare comportamenti di cittadinanza attiva. Ciò significa che ognuno di noi con un piccolo gesto può fare la differenza. La sola a cambiare non può essere l’impresa, la cultura di responsabilità infatti si deve radicare in ogni individuo. C’è bisogno di una leva forte, che obblighi le aziende ed i governi a comportarsi diversamente.
Dobbiamo essere consapevoli che il mondo non cambierà e non migliorerà senza l’impegno di ciascuno di noi, smettere di pensare che le nostre piccole azioni siano inutili, pertanto inutile solo iniziarle.
Mettersi insieme è un inizio, rimanere insieme è un progresso, lavorare insieme un successo. –Henry Ford-
Articolo a cura di Lucia Ciampaglia
Letture suggerite:
Becchetti L., Il mercato siamo noi, Bruno Mondadori, 2012.
Luigino B., L’impresa civile: una via italiana all’economia di mercato, EGEA spa, 2010.
Wilkinson R. G., Pickett K., Olivieri A., La misura dell’anima: perché le disuguaglianze rendono le società più infelici, Vol. 22. Feltrinelli, 2009.
Siti web consigliati:
L’economia del bene comune, un modello economico che ha futuro:
http://www.economia-del-bene-comune.it/it
Visioni raccomandate:
Earth Day 2016 : https://www.youtube.com/watch?v=m-FM845giaI
Suzuki S., Discorso alle Nazioni Unite 1992: https://www.youtube.com/watch?v=fL_KBeJI3h4
Thunberg G., COP24 2018: https://www.youtube.com/watch?v=oDZWpmYj38U