La lezione del 6 marzo si svolge, per cause di forza maggiore, in via telematica ed è tenuta dalla Life Coach Cristina Pedretti.
La dott.sa Pedretti apre la lezione presentando velocemente lo strumento che stiamo usando per connetterci: si tratta di Zoom, un servizio di Cloud computing che offre servizi di conferenza remota utilizzato spesso nelle sue sessioni di coaching individuale ma che può essere gratuitamente anche per sessioni di gruppo di 40 minuti come le nostre. La lezione mattutina si svolgerà in tre sessioni.
La prima sessione si apre con un giro di presentazione di tutti gli alunni del Master. In seguito anche Cristina si presenta e racconta l’evoluzione della sua vita a partire dal momento in cui ha frequentato il Master Lecco100 utilizzando l’originale metodo della “Borsa dei ricordi”. Cristina fa passare davanti allo schermo diversi oggetti che la rappresentano o sono importanti per lei (scarpa col tacco, foto del matrimonio, lattina, tesina di maturità, pubblicazione con affreschi, spillina di Apple, libro PNL), ogni alunno sceglie quello che lo incuriosisce di più e Cristina racconta la storia legata a quell’oggetto.
La seconda sessione è invece dedicata al racconto da parte della life coach della nascita e dell’evoluzione del suo progetto “Chiacchiere da Venere” sottolineando come utilizzare gli strumenti di progettazione.
In primo luogo la dott.ssa Pedretti sottolinea che se vogliamo realizzarci è importante avere una visione chiara su chi siamo e su dove vogliamo arrivare.
L’idea di “Chiacchiere da Venere” nasce nell’agosto del 2016 come raccolta di interviste su temi femminili, ampliandosi poi con la creazione di un blog, un podcast, un sito web e un canale Youtube elaborati con grande attenzione alle modalità comunicative. Cristina sottolinea che ad un certo punto del suo percorso ha capito che il suo obiettivo finale non era più solo quello della divulgazione, ma quello di diventare una personal coach per aiutare le donne nella realizzazione di sé. Per questo motivo chiaramente la sua strategia è cambiata, abbandonando per esempio gli investimenti in social network, ma lavorando sulla sua immagine attraverso il personal branding e la brand awareness. Il suo progetto in questo modo è maturato arrivando ad essere la sua attività principale nella quale promuove anche eventi e percorsi di coaching personalizzati.
Cristina offre una panoramica sui risultati ottenuti nei vari anni dalla sua attività in termini di visibilità (followers, visite al sito, iscrizioni alla newsletter e acquisto infoprodotti) e i suoi progetti futuri, strategie di crescita e nuovi obiettivi.
A questo punto la life coach introduce uno strumento molto utile, utilizzato anche da lei per la realizzazione dei progetti: il Business Model Canvas (BMC). Tale strumento consiste in uno schema che permette di ragionare su una nuova attività e che offre una visione complessiva cioè di tutti gli aspetti del progetto.
L’esperta consiglia, per chi è interessato, la lettura del libro “Creare modelli di business” di Alexander Osterwalder e Yves Pigneur che approfondisce l’argomento.
Cristina spiega che spesso i bandi europei e non solo (che saranno trattati nella terza sessione) ricalcano il modello del BMC e mostra agli alunni un progetto da lei scritto per la partecipazione ad un bando.
La life coach sottolinea che in generale quando si partecipa ad un bando è importante essere focalizzati e riprendere, nella risposta, gli elementi presenti nella domanda. Altri elementi da avere ben chiari sono anche:
- i criteri formali – l’eleggibilità del destinatario,
- il budget di riferimento,
- la calendarizzazione
- le procedure di valutazione dei risultati che si intendono mettere in atto
- le risorse a disposizione (partner chiave, attività chiave, canali…).
Infine Cristina ricorda che, per la buona riuscita di un progetto, oltre all’idea creativa e ai contenuti è importante anche avere una certa gestione contabile.
La terza ed ultima sessione mattutina viene poi dedicata agli strumenti di progettazione per l’accesso ai bandi gestiti dall’Unione Europea, in particolare attraverso il Project Cycle Management, ovvero la gestione del ciclo del progetto (vedi figura)
Cristina infatti è un’esperta anche in questo campo avendo frequentato un apposito master.
Il PCM è un format ideato dall’UE negli anni 90 come modello di riferimento univoco per la progettazione da parte di soggetti pubblici e privati con lo scopo di fornire alcuni standard per rendere più efficaci gli interventi di progettazione, capitalizzando al massimo gli investimenti della Commissione Europea sullo sviluppo dei paesi membri dell’UE.
Dopo aver analizzato l’iter procedurale, ponendo l’attenzione sulle caratteristiche delle varie fasi e sui soggetti coinvolti, l’intervento si è soffermato sulle principali caratteristiche che un buon progetto dovrebbe avere, ossia:
- la pertinenza,
- la fattibilità
- la sostenibilità (e autosostenibilità anche a lungo termine quando non vi è più il finanziamento).
Cristina sottolinea che per creare un progetto bisogna partire da un problema concreto e presente, focalizzandosi anche sui reali bisogni dei destinatari, per poi creare una gerarchia di cause e conseguenze. Lo strumento consigliato dalla dottoressa Pedretti per mantenersi focalizzati è l’“albero dei problemi” che consiste nel partire da un macro-problema reale analizzandolo attraverso la tecnica del brainstorming per individuarne sotto-problematiche, cause e conseguenze.
In seguito lo schema creatosi attraverso questa attività di pensiero è sottoposto ad un cambiamento di prospettiva, un ribaltamento, divenendo “albero degli obiettivi”, obiettivi sia generali che specifici. In questo modo, infatti, i micro e macro-problemi prima individuati divengono gli obiettivi effettivi, gli scopi del progetto, e le loro cause diventano gli oggetti sui quali agire. Infine per assicurarsi un continuo controllo delle risorse, delle spese e delle condizioni verificabili per ciascun obiettivo ci possiamo servire anche del Logical Framework Matrix, ovvero l’approccio al Quadro Logico, e del già presentato Business Model Canvas.
I vantaggi derivati dall’utilizzo di questi strumenti sono molteplici:
– la formulazione chiara degli obiettivi
– il focus sui risultati
– la flessibilità rispetto alle azioni messe in pratica
– la sostenibilità
– la possibilità di monitoraggio e controllo continuo
Nell’ultima parte della sessione vengono poi proposte alcuni spunti per attività
di autoanalisi e di empowerment personale.
Ogni alunno individualmente deve completare la propria ruota del lavoro e della vita (vedi figura) colorando in primis i livelli attuali raggiunti per i vari aspetti proposti e in seguito, con un altro colore, i livelli che vorrebbe raggiungere. Ogni anello concentrico è un punto e può essere colorato quindi da 0 (= livello minimo di soddisfazione) a 10 = livello massimo, con 6 come sufficienza).
La dott.sa Pedretti pone poi alcune domande per far riflettere gli alunni sulla propria situazione:
- In quali “fette” c’è maggior coincidenza tra stato attuale (SA) e stato desiderato (SD)?
- Quali aspetti ti hanno sorpresa di più durante questa riflessione?
- Cosa puoi fare per riempire di colore le aree che sono un po’carenti?
- Quali cose/fatti/circostanze vedi come possibili ostacoli a questo?
- Se non hai colorato come SD fino al 10 alcuni spicchi chiediti: “Perché”?
In seguito la life coach propone anche l’attività delle “Cinque domande chiave” ideato da P. Ducker. Si tratta di porsi cinque domande introspettive che aiutano a conoscersi meglio, sono domande che fanno crescere.
Le domande sono le seguenti:
- Quali sono i miei PUNTI DI FORZA?
- Come PERFORMO MEGLIO?
- Quali sono i miei VALORI?
- A cosa APPARTENGO?
- A cosa dovrei CONTRIBUIRE e come posso FARE LA DIFFERENZA?
Dopo un primo momento di lavoro individuale e libero si è passati alla focalizzazione di un obiettivo definito S.M.A.R.T. e alla stesura di un personale piano d’azione per il raggiungimento di tale obiettivo, definendo step che fossero specifici, a basso rischio percepito, realizzabili a breve tempo, verosimilmente raggiungibili e congrui con il risultato atteso.
L’attività di coaching, spiega infine la life coach, è volta proprio a supportare i soggetti durante il periodo di progettazione e realizzazione di un obiettivo, affrontando la paura, la demotivazione e il disorientamento.
Ringrazio la dott.sa Pedretti per avere condiviso con noi la sua esperienza personale e le auguro di raggiungere tutti gli obiettivi che si è prefissata!
Il master prosegue nel pomeriggio con la lezione di Alessio Sperlinga sempre incentrata sulla progettualità.
Alessio spiega che nella vita, quando vogliamo raggiungere un obiettivo, dobbiamo rassegnarci all’incertezza. Non abbiamo infatti controllo se non sulle nostre intenzioni.
L’esempio tipico della persona che vive nell’incertezza è quello del venditore. Focalizzandosi sulla figura del venditore, gli alunni, con l’aiuto di Alessio, individuano i vari aspetti che servono per raggiungere un obiettivo.
Non è facile raggiungere e soprattutto mantenere i risultati (anche se la persona, l’azienda e il prodotto piacciono molto ci può sempre essere qualcuno più bravo), per questo non possiamo mai permetterci di avere sicurezza ed è importante essere preparati.
La preparazione richiede 3 aspetti:
- La preparazione tecnica ossia tutto ciò che serve sapere per raggiungere l’obiettivo in termini di conoscenza (conoscenza sul prodotto, sul contesto e su tutti i dettagli.) Oggi la preparazione tecnica è prevalente, è necessario aggiornarsi continuamente.
- La piena referenza automotivata (PRA) che è l’obiettivo finale a cui tendere. Per esempio nel caso del venditore la PRA non è solo la vendita del prodotto, ma consiste nel fatto che il cliente, oltre a comprare, parla bene del venditore, del suo prodotto e della sua azienda, così da avere influenza sugli altri. La PRA per essere efficace deve essere diretta.
- La preparazione psicologica ossia la capacità di crearsi un’immagine positiva o di conoscere l’immagine positiva dell’altro. Il nostro cervello infatti è una “scatola nera”, a determinare la realizzazione di un obiettivo è l’immagine che io mi faccio dell’obiettivo.
Inoltre conoscere le immagini positive degli altri aiuta ad andare incontro alle persone con cui interagisco e quindi rende i rapporti più agevoli
La parte finale della giornata è stata poi dedicata alla testimonianza dell’ospite Diana McWilliam, volontaria dell’Associazione Fabio Sassi che ha creato la struttura del Nespolo ad Airuno, eccellenza nelle cure palliative.
Diana ha raccontato la sua esperienza come volontaria per l’assistenza ai pazienti terminali, la realtà delle cure palliative sia domiciliari che all’interno della struttura del Nespolo e infine ha riportato le esperienze di alcuni pazienti ricordando che la cosa fondamentale è dare dignità alla vita anche negli ultimi istanti.
Infine Diana invita tutti a parlare della vita e della morte con naturalezza.
Non posso che ringraziare Diana per il suo servizio e per l’intervento toccante e commovente.
Gaia Milani