Alessio Sperlinga ci ha mostrato alcune metodologie per lavorare in gruppo. Queste si sono rilevate molto interessanti e sicuramente utili ed efficaci nel contesto lavorativo.
La lezione si è divisa in due parti, la prima relativa alla comunicazione e alla pianificazione come gruppo e la seconda inerente al personal Kanban.
Durante la parte sulla comunicazione e pianificazione sono state analizzate 6 fasi da seguire e i loro relativi sviluppi. Questo mi ha dato lo spunto per poter testare questo processo nel mio contesto lavorativo.
Ci ha colpito principalmente, l’importanza che viene attribuita alla preparazione sotto ogni suo aspetto. Senza dimenticare la necessità di avere sempre un piano di riserva.
Nella seconda parte, invece è stato trattato un argomento molto importante, ovvero come organizzare la propria attività lavorativa o l’attività lavorativa di piccoli gruppi.
E’ stato sorprendente il concetto d’iniziare a lavorare facendo l’attività più importante e complicata per prima in modo da concentrare il 100% delle forze sull’esecuzione di tali attività e di passare solo successivamente alle attività meno complesse e meno importanti.
Venerdì mattina, Laura Suma, Sales & Service Consultant presso l’agenzia del lavoro Manpower, ha affrontato il tema della selezione del personale e dei colloqui di lavoro.
I colloqui di lavoro rappresentano una sfida, poichè nel poco tempo che si ha a disposizione bisogna riuscire a convincere chi ti sta esaminando di essere la persona giusta.
Durante la lezione ci è stato illustrato che i colloqui possono essere visti come un percorso a tappe, in cui la preparazione a sostenerli sia una parte fondamentale e che prima di tutto è necessario capire quali siano le nostre abilità in modo da poterle sfruttare al meglio. Dopo di che è essenziale lavorare per sviluppare tutte le abilità che non sono ancora in nostro possesso, ma che sono ritenute fondamentali da chi ci sta esaminando.
Suma ha spiegato che le nostra abilità “tecniche” contino solo circa il 40% mentre il restante 60% sia da attribuire alle soft skills, facendo capire quanto è fondamentale sviluppare non solamente le nostre abilità migliori, ma anche tutte le abilità “secondarie” che magari non riteniamo così importanti, ma che invece lo sono.
Nel pomeriggio, ci sono stati gli interventi di tre imprenditori, i cui interventi si sono dimostrati molto interessanti e stimolanti.
Il primo è stato Monsignor Davide Milaniprevosto di Lecco.
Mi ha impressionato la storia della sua formazione. Di come sia passato da un’istruzione tecnica alla vita clericale e successivamente di come abbia raggiunto la posizione di decano di Lecco. Mi ha fatto capire che non è detto che la formazione iniziale o le idee iniziali attribuisco poi la professione finale, ma che con la passione e la voglia si possano raggiungere tutti gli obiettivi prefissati.
Successivamente ci sono stati gli interventi del Sig. Marco Galbiati della Galbiati Group di Oggiono e presidente della scuola alberghiera di Casargo,
e del Sig. Walter Cortiana, della 3C Catene di Lecco.
La storia di come si sono create le loro aziende e di come le hanno sviluppate e cresciute, fa capire la passione che mettono e che bisogna mettere ogni giorno per potere migliorare. Sentire come gestiscono le loro aziende, come si approcciano ai loro collaboratori e famigliari e i consigli dispensati, hanno aumentato la mia voglia di migliorare nel lavoro che svolgo e che se un giorno dovessi assumere l’incarico di dirigere un’azienda mi piacerebbe essere come loro.
Infine, sono rimasto molto colpito dalla storia del Sig. Galbiati, di come abbia reagito ad un grave lutto, delle tante cose che ha fatto, delle tantissime cose che sta facendo e della crescita impressionante che ha avuto la sua azienda.
Dopo aver ascoltato il ‘This I believe’ di Luca, Alessio Sperlinga, ci ha introdotto alla lezione su professionalità e preparazione continua.
La nostra vita è costantemente caratterizzata da incertezze. Da un momento all’altro, possiamo essere chiamati a dover affrontare una serie di eventi non previsti che si materializzano indipendentemente dalla nostra volontà (es. crisi 2009, Covid-19). Tutti si trovano a dover affrontare imprevisti legati ad eventi sporadici ed imprevedibili.
Quando si parla di incertezze, la figura professionale a cui inevitabilmente si fa riferimento è quella del venditore. Quest’ultimo, durante la sua attività lavorativa, si trova ad affrontare diversi elementi di incertezza e variabilità, tra cui l’identità del cliente con cui deve iniziare una collaborazione. Per affrontare al meglio l’incertezza, la primissima attività che il venditore dovrebbe svolgere è la (pre)parazione. La preparazione, come sottolineato anche da Domenico Esposito, costituisce il 90% del successo.
Una prima forma di preparazione è quella tecnica. Alessio, attraverso un filmato (analisi contenuto borsetta Sig.ra Greta), ci ha voluto trasmettere un messaggio: portare con sé medicine, fazzoletti, penne e, in generale, strumenti utili per la sopravvivenza quotidiana, costituisce una forma di preparazione vera e propria.
Oltre alla fase di preparazione, l’attività di vendita include una serie di attività intermedie (offerta di servizi ai clienti, fidelizzazione, soddisfacimento dei bisogni) e un obiettivo finale: la P.R.A.
La P.R.A. (piena referenza automotivata) è una situazione ottimale per il venditore in quanto quest’ultimo viene sponsorizzato dai suoi clienti anche senza che lui lo sappia e soprattutto tutto ciò viene fatto gratuitamente. Un esempio è il parrucchiere che viene sponsorizzato gratuitamente dalle clienti soddisfatte. Per essere piena, la referenza dev’essere diretta come nel caso in cui un’amica ci consiglia un ristorante dove è stata recentemente e si è trovata molto bene. È quindi fondamentale creare una comunicazione forte tra venditore ecompratore, senza passare per il prodotto.
L’ambiente dei venditori è un ambiente vasto dove convivono diversi tipi di personalità: dal venditore che utilizza metodi poco corretti per raggiungere l’obiettivo (serie tv White Gold), al venditore che svolge il suo lavoro in tutta onestà (es. ragazzo che riesce a vendere il libro nonostante i contenuti discutibili).
Come faccio le cose? Con immaginazione o volontà? Indubbiamente la maggior parte delle scelte che facciamo (master, scelta del fidanzato) sono motivate dall’immaginazione. Il nostro cervello è come una scatola nera: le immagini mentali (la percezione visiva) influenzano il nostro comportamento e, di conseguenza, il risultato.
Un altro tipo di preparazione importante è quella psicologica: è fondamentale, prima dell’incontro con un cliente, stabilire un’immagine mentale che ci influenzi positivamente (es. ricorso all’autoironia).
Secondo la cultura coreana è importante: svuotare la mente dai pregiudizi, percepire come si influenza la stanza, non interrompere, osservare e non agire, essere sempre gentili, essere capaci di leggere fra le righe, non fare danni e cercare di assimilare più informazioni possibili.
Inoltre, è importante studiare sempre ed aggiornarsi costantemente. Per un migliore apprendimento, Sperlinga ci ha mostrato quanto sia fondamentale ricorrere all’utilizzo di strumenti che permettano di velocizzare ed ottimizzare il processo di apprendimento come registrazioni, agende per la pianificazione, blocco appunti e strumenti web online, mappe mentali. Infine, è anche importante focalizzarsi sul raggiungimento di piccoli obiettivi quotidiani come mangiare bene, dormire un tot di ore, scrivere un diario, fare sport, meditare, fare dei piccoli fioretti giornalieri così da poter avere un proprio equilibrio.
L’ospite della mattinata di oggi , venerdì 26 febbraio, Federica Bolognani, è Coordinatore dell’Ufficio di Piano, Ambito Distrettuale di Bellano presso la Comunità Montana, ente capofila dell’Alleanza Territoriale per il Welfare.
Bolognani ci ha parlato di un argomento molto importante nella realtà in cui viviamo oggi e che sta assumendo sempre più importanza con il passare del tempo: la conciliazione vita-lavoro. Essa è definita come il tentativo reale e progettuale di trovare un equilibrio tra il mondo del lavoro (parte produttiva) e famiglia (parte riproduttiva) insistendo sulla creazione di una singola identità connessa. La conciliazione vita-lavoro consiste in un sistema di molteplici interventi che la Regione Lombardia rivolge ai propri cittadini con lo scopo di aiutare persone e famiglie a coniugare la propria vita lavorativa con la vita privata.
Quest’ultima, in collaborazione con le ATS, sostiene l’implementazione di Reti Territoriali, valorizzando la dimensione territoriale più vicina alle esigenze delle famiglie e delle imprese con la possibilità di effettuare interventi in base ai diversi bisogni specifici locali.
La Regione, tramite questo tipo di organizzazione, sostiene lo sviluppo di azioni volte a rafforzare il benessere della comunità, migliorare il benessere all’interno del nucleo famigliare, aiutare i lavoratori/le lavoratrici che devono prendersi cura dei propri familiari e consentire alle donne di poter trovare un’occupazione stabile.
Sul territorio Lecchese, ad esempio, sono stati garanti voucher ai minori (servizi risocializzanti, attività sportive), ai disabili e agli anziani (badante). Inoltre, per quanto riguarda l’attuale tema dello smart working, sono stati erogati servizi di consulenza sia per le aziende sia per i lavoratori. In più, vengono organizzati anche dei percorsi formativi (es. corsi per babysitter).
Federica, condividendo alcuni feedback positivi dei beneficiari, ci ha mostrato come queste attività abbiano un effetto positivo sul territorio e sulle persone.
Anche in piena pandemia, l’attività non si è fermata, infatti, è nato ilprogetto “la Conciliazione” (2020-2023) con l’obiettivo di garantire ai cittadini un benessere sociale. Questo progetto prevede l’erogazione diservizi volti all’aiuto delle donne vittime di violenza, servizi di consulenza a favore di aziende, liberi professionisti, imprese e lavoratori autonomi, servizi per la gestione del post scuola (soprattutto durante i periodi di chiusura) e servizi salvatempo (reperibilità nei weekend).
Federica, introducendoci alle iniziative legate al territorio, ha voluto farci comprendere come oggi, rispetto agli anni passati, sia sempre più possibile svolgere la propria attività lavorativa senza rinunciare alla propria famiglia.
La sfida per il futuro è quella di riuscire a trovare un bilanciamento sempre più significativo tra vita e lavoro, creando non solo benessere sociale ma anche economico.
L’ospite del pomeriggio è stato Domenico Esposito, responsabile della formazione del personale commerciale e di vendita della Stanley Black &Decker.
La lezione di Esposito ha avuto inizio con la sua presentazione e quella dell’azienda presso cui è manager, attraverso la visione di un video pubblicitario in cui la comunicazione era un esempio di chiarezza ed efficacia.
Poco dopo ci ha chiesto cosa ci aspettassimo dalla lezione e la motivazione più comune è stata quella di imparare delle tecniche utili per il public speaking, unita alla volontà di apprendere come gestire al meglio l’ansia davanti ad un pubblico molto vasto.
Esposito ha poi scelto tre delle presentazioni personali, tra quelle che precedentemente gli avevamo inviato. Dopo aver invitato gli autori ad esporle, ha chiesto al gruppo un’opinione sulle singole presentazioni.
In seguito, ha introdotto la figura del buon relatore, spiegando che esso deve avere un genuino interesse per il pubblico e tanta passione. Ha poi chiarito la differenza che intercorre tra autorità ed autorevolezza. L’autorità deriva da un ordinamento gerarchico mentre l’autorevolezza da una capacità di farsi seguire dando l’esempio. Per meglio farci comprendere chi è un leader, si è avvalso di un video dove un allenatore motiva la sua squadra, iniettandogli la giusta dose di fiducia per portarli alla vittoria. Quindi può essere definito un leader colui che ha credibilità, che si assume responsabilità, che ha competenza, spirito di sacrificio e costituisce fonte di ispirazione.
Ci ha trasmesso quanto, per una corretta comunicazione, sia fondamentale
-la preparazione (90% del successo),
-la motivazione (personale, professionale, sia del partecipante che del relatore)
Esposito ha poi sottolineato come nel public speaking siano fondamentali i primi 30 secondi e come da quelli dipenderà fortemente la percezione che gli altri avranno di noi. Prima di un intervento di fronte ad un pubblico, risulta importante farsi presentare da una persona influente per avere una maggiore credibilità. Bisogna poi fare un’apertura efficace imparando a memoria le prime battute, dichiarare quali sono gli obiettivi, definire il contratto e non chiedere scusa (solo una volta se necessario).
In più, nel processo comunicativo
– è molto importante il ruolo giocato dalla vista (al primo posto con il 65%),
-poi troviamo l’udito (20%)
-e i restanti sensi (15%).
Ciò che arriva al pubblico attraverso i messaggi verbali è solo una piccolissima parte (20%), infatti, ciò che una persona vorrebbe dire (100%) viene poi filtrato da ciò che viene espresso e dal tono di voce (70%), il quale, a sua volta, per via di disturbi esterni, si tramuta in un 40% e poi un 20% a seconda dell’interpretazione soggettiva che un soggetto dà a quel messaggio. Per di più, è importante sottolineare il fatto che dopo 3 giorni ci si ricorda solo il 3% di ciò che viene ascoltato.
Quando si parla ad un pubblico, la soglia limite di attenzione è di 35-40 minuti. Un modo per evitare che il pubblico si distragga è il cambiare il tono di voce a cui si aggiungono il cambio di ritmo e di volume e fare delle pause. E’ consigliabile l’esposizione di concetti importanti subito dopo una pausa caffè piuttosto che dopo molti minuti.
Durante un discorso al pubblico è importante :
– assumere una postura eretta,
-gestire gli spazi in cui ci si muove,
-avere un abbigliamento adeguato,
-rispettare la sfera sociale del cliente (che in genere è 2m),
-tenere le braccia larghe,
-assumere movimenti lenti e misurati e
-mantenere un contatto visivo.
L’esposizione deve avvenire attraverso l’utilizzo di parole semplici, con la partecipazione del pubblico, anticipando le obiezioni, seguendo un filo logico preciso, ricorrendo all’utilizzo di immagini per esempi pratici ed evitando l’utilizzo di parole straniere. È importante non dimenticare di lasciare la documentazione aziendale, i propri recapiti, la documentazione ‘to print’ (solo alla fine) e un blocco appunti.
Nella comunicazione assume una certa rilevanza anche il linguaggio nonverbale. È consigliato evitare delle chiusure come: mani in tasca, braccia incrociate, eccessiva disinvoltura, dare le spalle al pubblico, dare eccessiva confidenza, fissare le persone, spostarsi continuamente, mantenere lo sguardo basso.
È importante non dare MAI nulla per scontato perché chi comunica è sempre responsabile di ciò che vuol fare arrivare al pubblico. Per una buona comunicazione è importante definire un programma, determinare tempi ed orari e stabilire delle priorità. Inoltre, prima dell’inizio di una riunione è importante relazionarsi, saper riconoscere i leader, prevenire obiezioni, coinvolgere i leader nella discussione, mantenere un contatto visivo ed utilizzare la tecnica del terzo occhio.
Infine, la paura di essere giudicati dal pubblico molto spesso prende il sopravvento. È quindi fondamentale mantenere sempre un mood positivo, concentrarsi sulle persone, aiutarsi anche con esercizi di respirazione, fare stretching, identificare una zona di sicurezza (usare un video), avere un’impostazione mentale positiva, imparare a memoria le prime battute, tenere sottomano gli appunti e immaginare le persone nelle situazioni più buffe.
Ciò che Esposito ha voluto trasmettere al gruppo di Lecco100 è l’importanza di una comunicazione chiara, di una preparazione ad hoc (90% del successo è dato dalla preparazione) evitando di parlare ‘a braccio’. È fondamentale innovarsi, essere sempre un passo più avanti degli altri e identificare e quantificare gli obiettivi (cosa, quanto, entro quando). In merito a questo consiglio ci ha riportato un esempio di due persone nel deserto rincorse da un leone in cui una delle due si mette le scarpe da tennis per essere più veloce dell’altro ed evitare di essere ucciso dal leone.
Infine, ci ha iniettato una dose di positività. Ci ha invitato a non arrenderci mai, ad essere sempre aggiornati, motivati, a trovare sempre del positivo nelle cose che facciamo e nel dubbio di provarci sempre tanto sbagliato o giusto che sia, c’è sempre qualcuno pronto a giudicarci quindi tanto vale tentare.
Durante la mattinata di sabato 20 febbraio, Alessio Sperlinga ci ha introdotto al tema della comunicazione attraverso il format “THIS I BELIEVE”, raccontandoci in circa 5 minuti ciò in cui lui crede.
This I Believe è stato un programma radiofonico condotto negli anni ’50 dal giornalista americano Ed Murrow. In 5 minuti, l’ospite, che poteva essere dal personaggio famoso all’uomo della strada, doveva leggere un breve testo sulle proprie motivazioni personali. Durante il percorso del Master ogni alunno dovrà fare lo stesso, cercando di comunicare con gli altri partecipanti nel modo più efficace possibile.
Comunicare è un’attività complessa e di fatto non esiste un manuale che descriva in modo certo le regole della comunicazione. Quale comportamento siamo tenuti ad adottare durante una conversazione? Quali sono i comportamenti che generalmente assumiamo, spontanei o strategici?
Tutti noi cerchiamo delle leggi non scritte nella comunicazione e negli stili comportamentali, cerchiamo qualcosa che funzioni e che possiamo assumere a ruolo di regola. Alessio ha dimostrato che tra due soggetti A e B si instaura sempre una comunicazione, anche qualora uno dei due restasse in silenzio (comunicazione non verbale) e questo perché A con il suo silenzio influenza automaticamente B, il quale tende ad assumere un certo atteggiamento nei confronti di A. Pertanto comportamento e comunicazione sono due lati della stessa medaglia: comunicazione si collega a percezione, relazione, messaggi, errori e risultati. Dall’altro lato c’è poi il comportamento caratterizzato dalla psicologia e dall’antropologia. Tutti noi abbiamo una scelta: possiamo adottare un comportamento spontaneo o uno strategico a seconda del fine che vogliamo raggiungere. Se l’obiettivo è ottenere un risultato si cercherà di utilizzare una comunicazione strategica poiché, al contrario, se usassimo un comportamento spontaneo, in nove casi su dieci non riusciremmo ad ottenere ciò che vogliamo.
Durante la mattinata abbiamo cercato di individuare le regole non scritte per la comunicazione.
La prima regola è il concetto di influenza. Ma cosa intendiamo per influenza? Cambiare il comportamento dell’altro per ottenere qualcosa di positivo per noi stessi. Ma ciò potrebbe essere inteso come una sorta di manipolazione. In realtà, in base al comportamento che abbiamo può trattarsi di manipolazione oppure di collaborazione.
La seconda regola è il messaggioche vogliamo trasmettere. Lo stesso concetto può essere espresso in maniera diversa e con parole diverse e questo ne determinerà il successo comunicativo. L’esempio lampante è mostrato da Alessio attraverso un video di una donna che decide di aiutare un uomo non vedente che chiede l’elemosina con un cartello recante la scritta: “sono cieco, aiutatemi per favore”. La donna cambia il messaggio nel cartello dell’uomo scrivendo: “oggi è una bellissima giornata e io non posso vederla”. La sostanza non è cambiata, sta esprimendo sempre la stessa cosa, cioè che l’uomo è cieco, ma lo sta facendo usando parole diverse. Ciò che è cambiato è l’effetto che produce sulla gente: la seconda frase cambia radicalmente il modo di percepire la realtà per i passanti, i quali diventano più empatici verso la condizione del cieco. Questo ci insegna che il potere delle parole può realmente fare la differenza.
La terza regola èl’inconscio. Quando comunichiamo, colpiamo l’inconscio del nostro interlocutore: ciò significa che ogni affermazione potrebbe essere potenzialmente un azzardo. Quindi:
Cosa fare: domande aperte e motivate, essere pronti ad ascoltare le risposte.
La quarta regola è la percezione. Essa è un processo inevitabile, che inizia non appena si incontra qualcuno. Attraverso la percezione si comunica un messaggio verbale.
La quinta regola è che il responsabile della comunicazione è colui che la conduce. Chi fa le domande è colui che guida la comunicazione. Quindi bisogna cominciare per primi la comunicazione per poterla guidare.
Ma cosa succede durante una comunicazione? Vi è sempre un’enorme perdita di informazioni: l’interlocutore vuole trasmettere 80, ma riesce a comunicare 60 e chi lo ascolta recepisce 10 e ne ricorderà solo 5. Uno strumento utile, già sperimentato a Lecco100, è l’utilizzo delle mappe mentali che aiutano a trattenere e memorizzare molte più informazioni.
La percezione però presenta alcuni limiti: guardando la stessa immagine possiamo vedere due cose diverse (esempio della donna giovane e quella anziana). Ciò dipende dalla nostra capacità di analisi, dal punto di vista con cui guardiamo le cose. Quindi è necessario:
Accettare che qualcuno possa vedere una cosa diversa da come la vedo io.
Domandare per sapere qual’è il punto di vista dell’altro.
“La realtà è un parto della vostra immaginazione”: ognuno di noi ha una percezione diversa della realtà e siamo soliti proiettare i nostri pregiudizi e modelli mentali in modo scorretto. Dobbiamo perciò renderci conto che qualcuno può vedere le cose in modo diverso dal nostro e aiutarci con delle domande che possano chiarire quella particolare visione.
E’ importante inoltre riconoscere che non esiste una guida certa sulle tecniche della comunicazione, ognuno ha modi diversi di comunicare, tuttavia l’importante è cercare di farlo nella maniera più efficace possibile. Come ci ha insegnato Alessio, il valore delle parole ha un peso specifico e la comunicazione rappresenta un elemento fondamentale nelle relazioni interpersonali.
Venerdì 19 febbraio gli alunni di Lecco100 hanno avuto l’opportunità di incontrare personalità di spicco del territorio lecchese, ciascuna con la propria esperienza di e di lavoro. Il primo ospite della giornata è stato Massimiliano Ferrari, commercialista che ha scelto di occuparsi della formazione sui temi legati alla sua professione.
Il mondo di oggi, soprattutto a causa del Covid19, non si è fermato e ha invece continuato ad evolversi adattandosi al cambiamento. Massimiliano si è messo in gioco dando vita ad una community di professionisti come avvocati, formatori ed imprenditori che tengono eventi online su varie tematiche e che ha chiamato Medianos, da lui stesso definita “una rosa in un deserto”.
Il conflitto è inevitabile ed evitare il confronto potrebbe rivelarsi fortemente deleterio. Ma quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione oltre al ricorso davanti al giudice? La mediazione civile è una pratica alternativa di risoluzione dei conflitti. Tale pratica, che può essere svolta da avvocati e non, presenta diversi vantaggi rispetto al ricorso davanti al giudice: da un lato minori costi e dall’altro maggiore rapidità nella risoluzione del conflitto.
La figura del mediatore, dunque, è quella di una persona terza ed imparziale impegnata in un percorso di ripristino della comunicazione tra le parti, che guida ed agevola verso la risoluzione della diatriba.
Il bravo mediatore usa diverse tecniche:
Ascoltare attivamente le parole che vengono pronunciate dalle parti, senza pensare già a quale potrebbe essere la soluzione.
Rielaborare il testo. Ripetere alle parti ciò che hanno detto, ponendo maggiore enfasi sugli elementi positivi.
Sessioni separate. Ciascuna parte si confronta singolarmente con il mediatore e durante tutto il percorso vige la regola della riservatezza.
Immedesimazione. Il mediatore cerca di immedesimarsi nelle parti. Cosa farebbe se fosse al posto del cliente?
Ciò che Massimiliano ha voluto trasmettere ai ragazzi di Lecco100 è che il miglior modo per risolvere i conflitti è provare ad ascoltare l’interlocutore, cercando di capire le sue motivazioni, senza invece focalizzarsi sul tentativo di far valere solo i propri diritti. Le competenze trasversali sono fondamentali per un buon professionista, e soprattutto è sempre fondamentale avere un piano B, in particolar modo in un periodo di crisi pandemica come quello che stiamo vivendo.
Il primo ospite del pomeriggio è stato il sindaco della città di Lecco, Mauro Gattinoni, il quale ha raccontato la sua esperienza lavorativa oltre che personale.
Da sempre legato al suo territorio, è stato presidente della banda Manzoni di Lecco, responsabile dell’azione cattolica, presidente della fondazione ambrosiana di Milano, ed inventore della manifestazione lecchese Scigamatt. In ambito lavorativo ha svolto una lunga carriera in API (associazione piccole medie industrie), dapprima come addetto stampa, poi come responsabile, vice direttore e da ultimo come direttore. Nel 2019 si è trovato di fronte ad un bivio: abbandonare la carriera in API o candidarsi a sindaco. Ha optato per la seconda e la sua determinazione e coraggio lo hanno poi premiato, coronando il sogno di diventare sindaco. La principale difficoltà di tale ruolo, a detta del neo sindaco, è quella di trovare una sintesi tra istanze, tra posizioni inconciliabili; tuttavia laforza del coraggio può essere capace di guidare le nostre azioni. Difatti secondo Mauro il coraggio ha tre dimensioni:
vedere la realtà per quella che è
avere il coraggio di riconoscere i propri limiti
avere il coraggio dell’immaginazione
L’intervento si è chiuso ricordando quali sono i suoi progetti per valorizzare il territorio lecchese, ponendo l’accento sui giovani e su alcune aree di particolare interesse per la città di Lecco che meritano di essere rivalutate.
Il secondo ospite del pomeriggio è stato il Presidente della Provincia di Lecco, nonché sindaco di Onno e avvocato, Claudio Usuelli.
Per raccontare la sua carriera nella politica ha portato l’esempio dell’arbitro: egli deve dirigere e non ergersi a protagonista. Secondo Usuelli, il ruolo del politico è quello di restare in disparte pur dovendo svolgere un ruolo di grande importanza.
La vita, afferma l’avvocato, è come una ruota di una bici che gira: c’è chi gira a 100 all’ora e chi a 20. Alla fine, però, tutti arrivano a raggiungere i loro obiettivi, anche se a piccoli passi. Avere troppa fretta di raggiungere i propri obiettivi non porta mai a grandi risultati.
Il lavoro in Provincia, ci racconta, è affascinante e al tempo stesso indispensabile per il coordinamento tra i vari Comuni. Anche in tale ruolo si può riconoscere la figura del mediatore, che media tra i cittadini e le organizzazioni con le quali la Provincia stessa opera.
L’ultimo ospite della giornata è Isabella Preda, amante dello sport e della scrittura, giornalista sportiva per il giornale di Lecco.
Isabella ha iniziato con un lavoro domenicale facendo la relazione delle partite di calcio; con il tempo si è poi interessata anche di cronaca. Dopo la laurea si è trasferita nel gruppo editoriale di Como per diventare poi responsabile delle tre testate comasche. Successivamente si è occupata anche del giornale di Lecco e di Merate. La sua determinazione e la sua forza di volontà l’hanno portata a diventare direttore responsabile del giornale di Como. Gli orari lavorativi sono pressoché gli stessi, mentre ciò che cambia sono le responsabilità rispetto a tutto ciò che viene pubblicato sul giornale, e il rapporto con i collaboratori.
Quali sono i pregi che bisogna avere per fare il direttore?
Buonedoti da leader: saper rispondere a tutti, trascinare il gruppo.
Capacità di ascoltare gli altri con grande e reale attenzione.
Organizzazione se si vuole fare tutto il lavoro in tempi e con modalità ottimali: creare perciò una scaletta di cose da fare e spuntarle man mano che si fanno.
Lavoro di gruppo, anche in sinergia con altre redazioni. Saper dialogare con altre redazioni appartenenti alla stessa azienda.
Puntualità nella consegna dei propri lavori.
Flessibilità nelle varie operazioni da eseguire per raggiungere lo scopo prefissato.
La sua esperienza ci insegna che lottare per i propri sogni e le proprie passioni premia sempre, seppur con qualche sacrificio. E sicuramente l’arma vincente è costituita dall’essere sempre disponibili verso gli altri, collaboratori o lettori che siano.
Durante la giornata di sabato, insieme ad Alessio Sperlinga abbiamo affrontato le tecniche di creatività e come queste possano essere d’aiuto nella soluzione dei problemi.
Siamo partiti dal fatto che esistono numerosi metodi per pensare, di cui i due principali sono :
la logica, di origine greca, il pensiero convergente,
il pensiero razionale per il quale contano solo i fatti.
Il problema principale sono i bias (distorsione, deviazione dalla norma) cognitivi, che rappresentano il pregiudizio che noi abbiamo verso le cose. In ogni situazione che si presenterà nella nostra vita noi non riusciremo a conoscere tutto. Quindi, l’unico modo che avremo per risolvere il problema sarà adattarsi. La parola adattamento per certi versi può coincidere con la parola apprendimento. Se non abbiamo un’idea chiara sulla situazione, qualsiasi soluzione non sarà ottima, anzi probabilmente sarà sbagliata. Per prima cosa, dobbiamo dunque inquadrare il problema e definirlo correttamente.
La nostra percezione della realtà è imperfetta. Noi siamo bloccati all’interno di schemi e dobbiamo ricorrere alle nostre capacità per uscirne. Una soluzione potrebbe essere l’immedesimazione in una persona che sa come risolvere il problema. Compiendo questa attività si è già a metà dell’opera.
Per provare ad uscire dagli schemi, abbiamo fatto un gioco a squadre, dividendoci maschi e femmine. L’obiettivo era cercare di vendere la Torre Eiffel, come ci riuscì veramente il truffatore Victor Lustig.
Quando, nonostante la razionalità e tutti i nostri sforzi, non riusciamo a risolvere il problema, entra in gioco la creatività. Dobbiamo cercare nuove idee e qui viene in aiuto la teoria del brainstorming. Modalità ideata dai militari e testata in numerosi contesti aziendali. Questo processo di creatività non può prescindere da delle regole:
l’argomento deve essere definito;
vietato il giudizio;
bisogna lasciare libero sfogo alle idee.
In conclusione, quando ci sentiamo persi, dobbiamo semplicemente ripartire da noi, capendo ciò che amiamo, e dalla nostra passione rialimentare il fuoco per farlo divampare ancora con tutta la sua forza e poter esser finalmente essere felici e soddisfatti di noi stessi. Non avendo paura del giudizio altrui, perché ognuno di noi è diverso.
Qual è la nostra vocazione? In cosa siamo bravi? Qual è il percorso di vita che può fare emergere la versione migliore di noi?
“Qualunque cosa tu possa fare o sognare di fare, incominciala! L’audacia ha in sé genio, potere e magia.” –Goethe
Venerdì mattina Alessio Sperlinga ha trattato la tematica di come pianificare il proprio futuro.
A tutti è capitato di sentirsi persi, di avere una gran confusione in testa, di non sapere cosa fare. Questo accade perché non poniamo la corretta attenzione sulle nostre azioni, non le sfruttiamo. Ogni cosa che facciamo durante una giornata, o per il futuro, la dobbiamo fare perché ci renda felici. Un’ esempio di questa filosofia di vita è l’Ikigai : ognuno di noi ha qualcosa che ama, un modo in cui vorrebbe trascorrere il suo tempo. Questo può essere rapportato a ciò di cui il mondo ha bisogno. Quindi ciò che ci piace ed in cui siamo bravi ci potrebbe portare un guadagno, potrebbe diventare una professione. Per ogni competenza c’è un lavoro. Questa grande struttura, che ci può dare una dimensione di vita è l’Ikigai, ovvero ciò che ci fa alzare al mattino. Abbiamo bisogno di strumenti per definire e pianificare il nostro futuro. In qualsiasi cosa che facciamo dobbiamo avere un obiettivo.
Ma cos’è un obiettivo? E’ un qualcosa di concreto, immaginabile, misurabile, raggiungibile e deve essere stimolante. Se non ha queste caratteristiche è solo un desiderio. Ricordiamoci comunque che un desiderio può essere trasformato in obiettivo. Qualsiasi cosa facciamo nella vita la facciamo per raggiungere un risultato e se prima di compiere qualsiasi cosa la trasformiamo in obiettivi, avremo la certezza di raggiungerlo, con la consapevolezza di essere stati noi ad aver influito sul risultato programmandolo e definendolo. La capacità che tutti possediamo e che rende l’umanità così speciale è quella di saper porredelle domande interessanti su noi ed il nostro io. Partendo da questa incredibile chance, sono stati ideati diversi metodi per aiutarci in questo spesso non facile compito, uno di questi è il metodo WOOP.
Il metodo WOOP, metodo della psicologa sociale Gabriele Oettingen.
Wish (desiderio): pensa a qualcosa, che pur essendo impegnativo, può essere raggiungibile in un certo lasso di tempo; costruisci il desiderio, immaginalo.
Outcome (risultato): identifica come ti sentiresti se raggiungessi il desiderio, rendilo visibile ai tuoi occhi
Obstacle (ostacolo): quali ostacoli si potrebbero presentare, sia interni che esterni, immaginali. L’immaginazione dell’ostacolo ci predispone a superarlo.
Plan (pianificazione): pensa a una soluzione per superare questi ostacoli, affinchè tu possa raggiungere il tuo obiettivo. Come vuoi reagire di fronte all’ostacolo che ti si è presentato?
La consapevolezza tra ciò che desideriamo, e ciò che ci impedisce di realizzare il nostro desiderio ci fa superare gli ostacoli.
Il Tema del pomeriggio è stato il coaching, sviluppato da Cristina Pedretti. Cristina è Life & Corporate Coach, formatrice, consulente presso CP Consulting.
Cristina ci ha fatto lavorare su noi stessi, incominciando da una nostra autoanalisi. Questa analisi è stata svolta tramite speciali ruote, che consistono in due circonferenze, una sulla vita e una sul lavoro. Queste a loro volta sono divise nei diversi settori che rappresentano un aspetto della vita (Es. Emozioni, vita sociale, carriera, famiglia ecc.). A noi il compito di autovalutare la nostra situazione attuale e quella desiderata. Attraverso questa analisi è chiaro che il punto di partenza siamo noi, la conoscenza di noi stessi, dei nostri valori: da questi possiamo capire quali sono i nostri bisogni per vivere una vita a 360 gradi. I nostri bisogni assumono una rilevanza anche nel modo in cui noi interagiamo con il mondo esterno. Successivamente, tramite la piramide dei bisogni di Maslow, abbiamo fatto chiarezza su ciò che siamo riusciti a realizzare e cosa no, e cosa per noi è rilevante od irrilevante nella nostra vita. I bisogni possono essere distinti in: bisogni primari (es. la respirazione, il sonno, il sesso, la sicurezza, la salute, la famiglia), bisogni sociali (es. l’autostima, amicizia), i bisogni del sé (es. la moralità, la creatività, l’accettazione di noi stessi).
In seguito, ci siamo domandati quali siano i nostri valori guida, quelli in cui spontaneamente e istintivamente ci riconosciamo. Ognuno di noi ne ha evidenziati 10 e li ha messi in ordine in importanza. Dopo aver fatto questo lavoro ci siamo lasciati con un compito, ovvero quello di definire il nostro obiettivo, cercando di specificarlo, ad esempio capendo quanto questo possa significare per noi e per la nostra vita. E successivamente a questo formare un nostro scenario ideale, da qui a 6 mesi.
Marta Bordogna.
il patrimonio imprenditoriale per fare impresa in un mercato che seleziona
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