Sabato 20 marzo, la tematica sviluppata da Alessio Sperlinga, ha riguardato la Blockchain e le sue applicazioni.
Nelle società complesse il concetto di valore può avere diversi significati. Se ci riferiamo alla virtù, potremmo definirlo come l’insieme degli elementi e delle qualità morali e intellettuali che sono generalmente considerati il fondamento positivo della vita umana e della società.
Invece, se ci riferiamo a un bene materiale questo può essere inteso come una caratteristica che indica il suo rapporto quantitativo di scambio con altri beni o con moneta o l’utilità che esso rappresenta per chi lo possiede.
Queste due definizioni possono essere utilizzate anche nel mondo digital, attraverso Internet del Valore, ovvero quei sistemi che rendono possibile scambiarsi valore su Internet con la stessa semplicità con cui oggi vengono scambiate le informazioni.
L’Internet of Value è definita come una rete digitale di nodi che si trasferiscono valore, attraverso un sistema di algoritmi e regole crittografiche che permette di raggiungere il consenso sulle modifiche da apportare a un registro distribuito, che tiene traccia dei trasferimenti di risorse digitali univoce (blockchain).
Questa tecnologia si basa sulla crittografia, cioè una scrittura convenzionale segreta, decifrabile solo da chi è in possesso della chiave di decriptazione. Grazie a ciò l’informazione acquisisce maggior sicurezza nella trasmissione dei dati.
In sintesi, la crittografia permette di creare una firma digitale, che garantisce l’identità dell’autore del dato, e impronte digitali che garantiscono l’integrità del contenuto dell’informazioni.
L’unione della crittografia e dell’internet del valore ha permesso di gettare le basi per una nuova infrastruttura della gestione dei dati: la blockchain.
La blockchain (letteralmente “catena di blocchi”) è una tecnologia che cambierà il modo in cui gestiamo l’archiviazione e la distribuzione di dati ed informazioni in rete proteggendoli da pericolosi tentativi di attacco. In ogni blocco sono stipate delle informazioni che dipendono dal tipo di catena che si sta utilizzando.
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La blockchain sfrutta le caratteristiche di una rete informatica di nodi e consente di gestire e aggiornare, in modo univoco e sicuro, un registro pubblico contenente dati e informazioni in maniera condivisa e distribuita senza la necessità di un’entità centrale di controllo e verifica.
Le tecnologie “catene di blocchi” sono incluse nella più ampia famiglia delle tecnologie di Distributed Ledger (reti paritetiche distribuite), ossia sistemi che si basano su un registro distribuito, che può essere letto e modificato da più nodi di una rete, grazie alla collaborazione di più dispositivi operanti contemporaneamente da punti diversi.
La protezione delle informazioni è garantita utilizzando diversi livelli di sicurezza. Tutto inizia con i blocchi: ognuno di essi viene firmato digitalmente con una chiave identificativa univoca (crittografia basata su funzioni hash), una sorta di impronta digitale che a sua volta influenza quelli successivi. Infatti, ogni volta che si genera un nuovo blocco a esso viene associato parte del codice che identifica quello precedente. Cambiare le informazioni all’interno di un blocco cambierà anche la sua impronta digitale e, di conseguenza, quella dei successivi.
Chi vuole alterare la catena non può cambiarne solo uno deve modificare tutti quelli successivi, altrimenti la catena non può essere reputata valida. Questo perché la blockchain è un sistema decentralizzato e distribuito, che non ha bisogno di un server centrale su cui archiviare i dati. Tutti i partecipanti hanno nel loro dispositivo, detto nodo, una copia della catena e all’ingresso di una nuova informazione i nodi si aggiornano contemporaneamente. Questo garantisce un controllo costante e anonimo della veridicità delle informazioni contenute secondo la regola del consenso, che può essere di diversi tipi.
Ad esempio, il Proof of Work dove solo quei nodi che riescono a risolvere un problema crittografico complesso possono aggiornare la catena con nuovi blocchi. Chi ci riesce per primo può aggiornare. E quando il nuovo blocco riceve l’ok dalla maggioranza dei nodi esso viene aggiunto alla catena e si può passare alla generazione di quello successivo.
Perché qualcuno possa attaccare la rete, è necessario possedere più del 50% della potenza computazionale dell’intera rete. Quindi, alterare in modo fraudolento una blockchain è inutilmente dispendioso sia in termini di tempo, che denaro, motivo che la rende uno dei sistemi più sicuri con cui memorizzare dati e informazioni.
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Tutto ciò che è possibile trasformare in dati può vivere sulla blockchain: atti notarili (smart contact), documenti catastali, referti medici, contratti, documenti assicurativi, tasse, pagamenti online e la nostra stessa identità digitale.
Nell’agroalimentare permette di tracciare ogni singolo passaggio del prodotto fino al consumatore finale, per garantire la loro provenienza, oltre a dimostrare la trasparenza della filiera produttiva.
Nel caso sanitario una cartella clinica può essere condivisa con qualunque medico ovunque nel mondo. I medicinali possono essere tracciati e validati in ogni passaggio della distribuzione evitando le contraffazioni.
Anche il Made in Italy può giovare da un sistema come la blockchain, certificando il valore della produzione sul territorio italiano e aiutando la lotta alle contraffazioni che, dobbiamo ricordare, ogni anno l’ammontare del giro d’affari perso è di circa 5,2 miliardi di euro (https://www.ilsole24ore.com/art/allarme-contraffazione-i-falsi-made-italy-giro-d-affari-52-miliardi-ADIknCx).
Secondo diversi economisti e ricercatori la vera rivoluzione della blockchain si svolgerà all’interno della macchina statale. Una graduale adozione della tecnologia potrebbe aiutare a potenziare e in alcuni casi sostituire determinati servizi pubblici che vengono offerti al cittadino semplificando il suo rapporto con la burocrazia.
Una delle più importanti e famose applicazioni della blockchain sono le criptovalute, in cui viene dedicata alla gestione delle transazioni monetarie. Ad esempio, quella per i Bitcoin è composta da blocchi che archiviano le informazioni relative a chi trasferisce il denaro, chi lo riceve e l’ammontare dello scambio. Come un libro mastro digitale. Il tutto aumentando le velocità delle transazioni ed eliminando i costi di transazione.
Ma che cosa sono e come funzionano i Bitcoin?
Il Bitcoin è una criptovaluta creata nel 2008 da un personaggio noto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto ed è una moneta di scambio proprio come l’euro e il dollaro, che non esiste però in forma fisica di monete e banconote, ma solamente in forma digitale, ovvero come scambio di dati tra computer.
Le monete tradizionali vengono emesse e controllate dai governi o dalle banche centrali, l’euro ad esempio viene emesso dalla BCE, mentre il dollaro viene stampato dalla Federal Reserve Bank.
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I bitcoin invece, vengono generati grazie ad un algoritmo che li crea e gestisce gli scambi di questa valuta senza bisogno di intermediari istituzionali come banche e governi.
Questo rende una criptovaluta, come i bitcoin, totalmente decentralizzata ed è questa la vera forza innovativa. Inoltre, utilizzano come infrastruttura di scambio la blockchain, che, come abbiamo visto precedentemente, è decentralizzata, sicura, criptata e condivisa da tutti i suoi utenti. La catena di blocchi registra un archivio digitale con all’interno tutte le transazioni completate di bitcoin a partire dal 3 gennaio 2009.
L’archivio di bitcoin è totalmente trasparente ed è possibile per chiunque lo desideri controllare quali transazioni siano avvenute in quale momento. Per questo motivo le transazioni in bitcoin sono dette pseudo anonime, sono cioè visibili da tutti, ma non possono essere collegate a persone fisiche poiché il collegamento è diretto ai loro portafogli virtuali.
Per validare una transazione in bitcoin è necessario che questa sia riconosciuta come corretta dalla maggioranza della rete, questo avviene attraverso un complesso sistema di controllo dei registri della blockchain che vengono aggiornati ogni volta che qualcuno invia o riceve bitcoin.
Questo processo di verifica delle transazioni richiede una enorme mole di calcoli estremamente complessi, che richiedono a loro volta una potenza di calcolo gigantesca e i costi energetici molto alti. Ciò viene superato grazie all’aiuto di alcuni utenti chiamati Miners, ovvero minatori, che volontariamente attraverso l’installazione di un apposito software mettono a disposizione della blockchain la potenza di calcolo dei loro dispositivi, per verificare tramite operazioni matematiche la correttezza di grossi gruppi di transazioni.
I Miners vengono ricompensati dal sistema per ogni blocco di transazioni che viene validato, infatti l’algoritmo genera nuovi bitcoin con i quali premia i Miners che hanno lavorato per la rete.
Questo è anche il modo attraverso cui il sistema immette nuova moneta sul mercato, ma è doveroso ricordare che i bitcoin hanno un limite di 21 milioni di unità. Si stima che, questo termine sarà raggiunto entro il 2040, al contrario dell’ipotesi iniziale stimata al 2100.
Il tasso di cambio è stabilito solo e soltanto dal mercato: domanda e offerta. Nei suoi primi anni di vita un bitcoin valeva solo qualche centesimo di euro; oggi invece, a causa del boom di richieste nel corso degli ultimi anni e nella recente pandemia COVID-19, il suo valore è arrivato a superare i 50 mila euro, ma anche a scendere bruscamente guadagnandosi la cattiva reputazione di moneta instabile. Oggi il suo valore si aggira intorno ai 42 mila euro.
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Un’altra nuova tecnologia che si basa sulla blockchain sono gli NFT, acronimo di “non fungibile token”. È un tipo di token crittografico su Blockchain che rappresenta una risorsa unica, al fine di connettere univocamente elementi digitali a prodotti digitali o fisici.
Ciò che distingue gli NFT è proprio la loro non fungibilità, ossia la non intercambiabilità data da un codice unico non replicabile.
Nel caso di due beni fungibili uguali si può dire che non c’è differenza tra i due, dato che possono essere riprodotti e scambiati senza garanzia di autenticità. Al contrario, un’opera digitale in NFT, grazie alla blockchain, è digitalmente firmata dall’artista che l’ha realizzata, cosa che la rende diversa dalle altre apparentemente uguali in circolazione, così come un quadro autentico e firmato è diverso da una sua copia.
Quindi, nel caso di una GIF, un video o un’immagine digitale venduti per centinaia di migliaia di dollari, la blockchain può servire ad accertare e conservare le informazioni grazie alle quali si possono dire due cose: che quell’opera è “l’originale” e che è possibile dimostrare la sua paternità e proprietà.
Il potenziale della blockchain è enorme in molti settori, nonostante sia ancora necessario del tempo perché lo possa esprimere del tutto. Ma il digitale viaggia veloce e non è detto che il futuro della distribuzione e condivisione di informazioni non sia già alle porte.
Pietro Spreafico