Tutti gli articoli di Emanuele Belgeri
Lezione del 25-05. Leadership, Collaborazione e Networking.
Il primo ospite della giornata di Venerdi 20 maggio è stato il Maggiore Gaetano La Rocca, Comandante dell’ Arma dei Carabinieri di Lecco, che ha raccontato la propria carriera, presentando la distribuzione dei diversi gradi e l’organizzazione nel corpo dell’arma. E’ stato interessante ascoltare come avviene la suddivisioni dei ruoli e i relativi compiti da svolgere all’interno di una caserma e di quante responsabilità bisogna prendersi a carico per espletare il proprio lavoro in modo corretto.
Durante il suo intervento che aveva come tema centrale la “Leadership” ne é stato proposto un concetto, ovvero: un processo volto a influenzare un gruppo per il conseguimento di un obiettivo comune, aggregando consenso e condivisione. E’ fondamentale mantenere, rafforzare il gruppo e conseguire gli scopi prefissati.
Un Leader possiede carisma, ha fiducia nei propri collaboratori che si aiutano a vicenda a rialzarsi, è fiducioso e sa cosa significa l’importanza delle fede (non in campo religioso) e di dare l’esempio, inspirare gli altri o essere inspirato. Essere umile soprattutto ad imparare perché la formazione è constante in quanto strettamente connessa ad affrontare il cambiamento.
La gestione del cambiamento è intrinseca nella crescita ed affrontarla in maniera proattiva permette di prevedere il mutamento, anticipandolo. Il comportamento proattivo è fondato sulla comprensione della realtà, l’ascolto degli altri, la diagnosi dei problemi e il governo del rischio. L’energia del gruppo deve spingersi verso la soluzione, allontanandosi dai problemi. La chiave del dialogo è la comunicazione pragmatica: chiedere e persuadere anziché minacciare e forzare. L’impegno è sempre ben pagato e deve portare ad un risultato equilibrando queste due parti alla fine ci si arriva.
Il secondo ospite della mattinata è stato l’Amministratore Delegato della Techno Trade Group : Franco Paltani che ha illustrato il “Progetto di Aggregazione TTG”. L’apertura dell’intervento è stata ad effetto: di fondamentale importanza è la relazione perché è questa che fa fare carriera.
TTG è una sigla che racchiude gli aims del progetto ovvero diversi concetti quali: -difesa del territorio – dimensioni medie – stock e liquidità – margini – marketing – modello di business.
Alla base serve una mentalità forte e diversa soprattutto durante la crisi.
Ed è stata proprio questa ad avere la meglio alla nascita di questo progetto: avere fiducia nel futuro, se si vuole crescere bisogna investire. La strategia di base del TTG è il rafforzamento strutturale: -condivisione degli stock – strutturazione del marketing – nuove politiche di relazione coi fornitori – allargamento della gamma dei prodotti – mantenere marchio privato.
I partners di questo progetto non sono visti come concorrenti o nemici ma come amici, non concorrenti e colleghi: la relazione è fondamentale in queste condizioni. La strategia alla base del progetto TTG è che da bottega distributiva si è passati ad azienda distributiva. Serve professionalità, competenze e pazienza.
Il tutto si è concluso con una celebre citazione di Seneca “La fortuna non esiste. E’ solo il momento in cui il talento incontra l’opportunità.”
Nel primo pomeriggio abbiamo seguito la testimonianza del Direttore della Caritas Ambrosiana, Luciano Gualzetti che ha inquadrato ed illustrato un tema oramai dibattuto quotidianamente: “La sfida delle migrazioni” .
Ci è stata posta una domanda: “Cosa c’è in gioco?”: siamo di fronte ad un cambio di paradigma, il mondo è cambiato, non possiamo sottrarci all’immigrazione. L’Europa è diventata la prima destinataria. La rabbia o la commozione non servono, ma occorre attrezzarsi attraverso la conoscenza delle cause e la comprensione del fenomeno con competenza e progettazione attraverso un’azione coerente anche in situazioni di emergenza. Viviamo oramai in un mondo globalizzato: 1 miliardo di persone si spostano ogni anno per viaggi di piacere.
In Italia vivono 5 milioni di immigrati su 60 milioni di abitanti e non mancano caratterizzazioni disumanizzanti come: i clandestini che rappresentano l’immigrato come un problema anche se in realtà sono una risorsa e ne abbiamo bisogno. Rappresentano una risorsa economica anziché un costo.
Si è concluso questo intervento con un consiglio rivolto alla società: Leggere la mobilità come sfida per crescere verso la pace e relazioni più giuste non solo paura e xenofobia, ma solidarietà e bene comune. Bisogna imparare a costruire ponti non muri: o integrazione o integralismi ed avere più speranza anziché paura come ce l’hanno loro che affrontano un viaggio del genere.
L’ultimo ospite della giornata è stato Walter Cortiana che lavora con suo fratello come artigiano nella propria azienda a conduzione familiare, 3C Catene: produce catene di alta qualità, made in Italy.
Per far fronte ai cambiamenti, dal 2000 hanno iniziato a cambiare mentalità entrando a far parte di una rete d’imprese. L’obiettivo primario è stato lo scambio di esperienze lavorative poi in secondo luogo i rapporti hanno iniziato ad accrescere ed ora ben 5 imprese lecchesi ne fanno parte. Condividono gli stessi valori, principi ed un “obiettivo comune”: andare su mercati che difficilmente sarebbero raggiungibili singolarmente ad esempio Brasile, Russia, Magreb,.. Il motore di tutto ciò è il saper continuare a reinventarsi per andare avanti.
In conclusione al suo intervento Walter ci ha lasciato un consiglio davvero prezioso: trovare un lavoro che permetta di costruire un bagaglio di competenze per affrontare il futuro.
Convegno MAPPA DEI VALORI DEL TERRITORIO LECCHESE
Il giorno 24 giugno, in occasione della consegna degli attestati di partecipazione al Master 2016, verrà presentata la Mappa dei Valori del Territorio Lecchese.
Lezione del 13 maggio. Una “self made woman”, un “no comfort” man ed i colloqui di lavoro 2° parte – la ricerca del lavoro “perduto”
La mattinata del 13 Maggio si è aperta con la testimonianza dell’imprenditrice Loretta Lazzarini, che, ripercorrendo la propria storia professionale e personale, ha elettrizzato i partecipanti del master con il suo entusiasmo e la sua energia.
In una situazione lavorativa confusa e senza indicazioni come quella attuale, la voce di Loretta ha dato una direzione forte e chiara.
Ciò che da sempre l’ha contraddistinta nell’arco degli anni sono stati l’entusiasmo, l’ambizione, la voglia di approfondire e di accrescere le proprie conoscenze.
Dopo aver lavorato per 15 anni presso un’impresa edile, decide di scommettere su se stessa e avvia quindi la propria attività, con l’obiettivo di occuparsi a 360° del mondo immobiliare.
Loretta ci ha dimostrato attraverso i fatti che il segreto del suo successo è stato prettamente dato dalla volontà di sfidare continuamente se stessa e dal porsi obiettivi sempre più alti, tutti organizzati con un’ottima strategia -ossia con un metodo- ed un’efficiente gestione del tempo.
E’ attraverso l’impegno nel lavoro, infatti, che riesce ad emergere il nostro talento. E’ all’interno di un progetto che le abilità diventano competenze e si acquisisce consapevolezza e fiducia nelle proprie forze.
L’onestà nei confronti dei clienti e dei collaboratori è inoltre la base fondamentale che permette sul lungo periodo ad un’impresa di farsi un buon nome e di essere considerata seria, affidabile e trasparente.
Un’altra stella fissa di Loretta è la formazione continua, una persona istruita infatti amplia le sue prospettive ed acquisisce professionalità sempre più specifica. Per questo è essenziale che parte del tempo e delle risorse siano investite nella ricerca di formatori eccellenti e nel caso di Loretta, il metodo Mike Ferry è stato una rivoluzione, che l’ha portata a veder crescere vertiginosamente il suo volume d’affari.
Fortemente impegnata in politica e madre di due splendidi ragazzi, Loretta è attualmente presidentessa delle donne imprenditrici della Camera di Commercio di Lecco ed ha sottolineato l’importante apporto delle donne nel campo lavorativo, dando in prima persona l’esempio.
“Non sono una superwoman” ha fatto notare verso la fine Loretta. Anche a lei infatti la vita ha riservato dei momenti difficili che ha affrontato con l’importante sostegno dei familiari e del marito. Le crisi inoltre, in una prospettiva più ampia, devono essere fronteggiate con prontezza e disposizione al cambiamento, sapendo di poter contare sui propri traguardi raggiunti con sforzo ed impegno e anche con eleganza e stile.
La testimonianza successiva è venuta da Giuseppe Brusadelli, imprenditore che per la prima volta ha dato il proprio contributo al master Lecco100.
Giuseppe, laureato dapprima in economia e poi impiegato in banca, decide ad un certo punto di uscire dalla propria “zona comfort”, compiendo il grande passo dell’attività in proprio.
Apre così lo StudioBrusadelli che offre servizio di consulenza finanziaria alle piccole e medie imprese.
Abbiamo parlato di Businnes Plan, ossia del documento attraverso cui viene presentato il piano di fattibilità. Grazie al piano di fattibilità l’azienda riesce ad ottenere una serie di dati utili a portare avanti i propri progetti e sopratutto ad ottenere finanziamenti.
In seguito alla crisi, infatti, l’ambiente bancario è diventato sempre più reticente a concedere prestiti e richiede garanzie sempre più solide e dettagliate. Per questo è utile saper “parlare” il linguaggio numerico richiesto dalle banche e presentarsi già preparati rispetto ai dati e alle documentazioni necessarie per poter dare credibilità e sostenibilità al proprio progetto.
Di seguito alla spiegazione tecnica, Giuseppe ha sottolineato l’importanza del mettere in campo le nuove idee e del necessario lavoro di network attraverso portali come facebook o linkedin che ci permettono di sviluppare un “personal branding” competitivo.
Giuseppe Brusadelli inoltre ha messo l’accento sul continuo aggiornamento professionale nelle proprie aree di competenza attraverso podcast, libri, materiali online, eventi e conferenze. Conoscenze che lui stesso ha provveduto a condividere nel suo blog http://farenumeri.it, di cui recentemente la pagina facebook ha “fatto i numeri” di 100 like.
Nel pomeriggio Mario Attilio Ostidich ha proseguito con la tematica cominciata la settimana precedente riguardo i colloqui di lavoro.
Inizialmente è stata avviata un’esercitazione di autoanalisi che ha visto alcuni dei partecipanti del master parlare delle proprie esperienze passate o attuali in campo lavorativo. Durante il dialogo aperto l’accento è stato messo sui valori-guida che spingono una persona a non demordere, ad affrontare le difficoltà e a fare sacrifici in vista di un obiettivo maggiore come la realizzazione personale o la volontà di creare una famiglia.
In seguito abbiamo analizzato alcuni esempi di “lettera d’accompagnamento” e di curriculum vitae, commentandone i pregi e le carenze e cercando di metterci dal punto di vista di un selezionatore di personale.
In seguito il signor Ostidich, vestendo “i panni” di un giovane d’oggi in cerca di lavoro, ha effettuato delle ricerche statistiche per tentare di definire le migliori scuole ed università italiane, le città autoctone o europee in cui si vive meglio, i lavori meglio retribuiti ed i paesi in cui la differenza di retribuzione tra uomo e donna è minima.
Dal punto di vista di una persona che ha avuto molti anni di esperienza, Mario Ostidich ritiene che il mondo odierno sia pieno di possibilità e che al fondo di tutto ci deve essere la persona, tesa ad un continuo miglioramento sia dal punto di vista attivo, sia dal punto di vista ricettivo.
Un validissimo esempio di come l’esperienza possa essere fonte di ispirazione e l’anzianità possa essere intesa come un valore e come un’utile guida per le nuove generazioni.
Luna Dell’Oro
Lezione del 06 Maggio. LA MEDIAZIONE ED I COLLOQUI DI LAVORO – 1° parte
La giornata del 06 maggio 2016 si apre con l’intervento del Dott. Commercialista Massimiliano Ferrari per affrontare il tema della mediazione. Dopo una breve presentazione in cui il docente sottolinea quali sono le aree in cui si trova ad operare, tra cui vi è quello della mediazione, si entra nel vivo del tema.
Il termine mediazione in senso generale lo si può attribuire a molti ambiti, da quello legale alla linguistica; ciò di cui ci siamo occupati durante la giornata di master si riferisce al primo. Per prima cosa sono state introdotte le PROCEDURE STRAGIUDIZIALI DELLE CONTROVERSIE . Infatti due persone in conflitto possono mettersi d’accordo senza ricorrere al giudizio: in questo caso si parla di MEDIAZIONE CIVILE o COMMERCIALE, un tempo indicata con il termine CONCILIAZIONE. Solo dal 2010 con il termine CONCILIAZIONE si inizierà ad indicare l’accordo, frutto della mediazione.
Il meccanismo della mediazione necessita di una terza parte: il MEDIATORE. Per capire meglio chi sia e quali siano le sue mansioni occorre precisare che non si tratta né di un ARBITRO né di un GIUDICE.
Può essere utile evidenziare quali sono le caratteristiche del buon mediatore:
- inizia presentandosi e dicendo qual è il suo ruolo, sottolineando che è assolutamente NEUTRALE;
- per dare maggior solidità a favore della sua neutralità NON DEVE MAI DARE RAGIONE a una delle due parti;
- deve stare molto attento anche alla COMUNICAZIONE NON-VERBALE : non annuire, non stare troppo avanti o indietro col busto sol per citare alcuni esempi;
- deve dare lo stesso tempo per esporre i fatti ad entrambe le parti;
- deve fare molte domande aperte;
- cerca di mettere a loro agio le parti poiché lasciarle sfogare spesso è necessario per arrivare ad un accordo;
- deve specificare che tutto ciò che succede in sede di mediazione è assolutamente riservato e inutilizzabile in qualsiasi altra sede in modo da rendere più tranquille le due parti;
- cerca di aiutarle lasciandole parlare liberamente e ALLARGANDO GLI ARGOMENTI, ovvero collegandosi ad argomenti non direttamente legati alla disputa ma che possono rivelarsi fondamentali per la sua risoluzione ( cosa che non è possibile fare in giudizio);
- se necessario può sentire le parti separatamente ( ovviamente entrambe ) e utilizzare ciò che è emerso per aiutarle a trovare un accordo solo nel caso in cui le parti autorizzino il mediatore a esplicitare ciò che è emerso nel colloquio separato;
- deve cercare di mettere in evidenza i LATI POSITIVI;
- NON DECIDE ma semplicemente FACILITA le parti a poter decidere come risolvere la lite; è questo il principale elemento che li differenzia da un giudice o arbitro che invece emetto una sentenza;
- utilizza TECNICHE DI MEDIAZIONE ;
La MEDIAZIONE è più vantaggiosa se paragonata al giudizio in quanto presenta :
- tempi e costi ridotti;
- una ridotta burocrazia;
- dopo un tentativo di mediazione si può comunque andare in tribunale;
- approccio a 360° ;
- cerca soluzioni condivise;
- crea accordi duraturi;
Occorre precisare cosa si intende per ‘approccio a 360°’ : significa, attraverso le tecniche della mediazione, spostare le parti dalla POSIZIONE, quello che emerge, all’INTERESSE, ossia quello che davvero vogliono ottenere ; se risulta che l’interesse per entrambe le parti è il medesimo generalmente è molto difficile risolvere la controversia.
Quella che è stata appena descritta è la MEDIAZIONE CIVILE, che può essere FACILITATIVA oppure VALUTATIVA. In questo secondo caso il mediatore cerca di suggerire una soluzione o di dare un consiglio, cosa assente nel primo caso.
Un altro tipo di mediazione è quella TRIBUTARIA: questa riguarda soluzioni che coinvolgono il fisco e infatti si parla di CONTENZIOSO FISCALE. Generalmente quando si ha un RECLAMO si procede o con l’annullamento dell’atto oppure con una MEDIAZIONE TRIBUTARIA, all’interno del contenzioso fiscale che si occupa di gestire i problemi con l’agenzia delle entrate, equitalia ed altri organi simili.
In questo tipo di mediazione quindi le due parti risultano essere lo STATO e il CONTRIBUENTE, e lo scopo risulta essere lo stesso di quella civile, ossia cercare di trovare una soluzione senza arrivare al tribunale. Sebbene si chiami mediazione non vi è in questo caso un vero e proprio mediatore ma semplicemente le due parti. Per questo motivo il dott. Ferrari ha cercato di evidenziare quali caratteristiche della mediazione civile potessero essere portare a quella tributaria al fine di migliorarla; prima fra tutte la possibilità di spostare il fisco dalla posizione all’interesse.
Il pomeriggio invece ha visto come protagonista il dott. Mario Attilio Ostidich che ha affrontato il tema dei colloqui di lavoro. Per prima cosa è stato evidenziata la differenza tra OCCUPAZIONE ed OCCUPABILITA’ (EMPLOYABILITY): la prima si riferisce al lavoro mentre la seconda rappresenta la capacità di trovare, mantenere e cambiare un posto di lavoro rimanendo sempre sulla “cresta dell’onda”.
Entrando più nel merito della questione il dott. Ostidich si sofferma sulla valutazione dei CV: essi ormai si presentano scadenti, tutti uguali o molto simili (colpa dei formati europei), con informazioni fasulle in cui ci si vende come “fotomodelle disposte a tutto” ; la mancanza di sincerità rappresenta il problema principale.
CV e colloqui d’altronde sono ancora il mezzo per assumere più utilizzato anche se oggi i social sono moto importanti: la reputazione in rete è fondamentale, costruirsi un buon profilo linkedin ad esempio può aiutare molto. Bisogna quindi evitare di pubblicare sui social network tutto ciò che potrebbe compromettere una carriera professionale.
Il problema reale è trovare la propria identità e riuscire a comunicarla con comportamenti e modi di fare.
Andare a cercare lavoro difatti è un lavoro di marketing: riesco se ho un prodotto di qualità soddisfacente in rapporto al mercato, ovvero che sappia rispondere alle esigenze della domanda.
Dopo questa panoramica generale il dott. Ostidich evidenzia come agisce un buon selezionatore :
- scartare i piantagrane perché moltiplicano i problemi;
- non assumere persone troppo insicure, nemmeno se brave, perché fanno perdere tempo;
- non assumere persone troppo sicure di sé perché tendono ad essere troppo autonome e non si coordinano con gli altri;
- a seconda del tipo di lavoro cerca una persona che abbia quelle caratteristiche, come ad esempio creatività piuttosto che meticolosità;
Colui che cerca lavoro invece deve:
- essere sincero;
- dare del Lei;
- non dire mai “mi va bene qualsiasi cosa”;
- mostrare sempre garbo, orgoglio, dignità senza però essere aggressivi o arroganti;
- trovare le motivazioni;
- essere puntuale e curato nell’abbigliamento;
- salutare dando la mano con garbo;
- ascoltare;
- controllare la gestualità;
- mostrare di conoscere l’azienda in cui si vorrebbe entrare a lavorare;
- limitare l’ansia;
Nel mondo del lavoro le azienda usano strumenti e consuetudini che non insegna l’università; per questo motivo ci vuole:
- volontà di capire;
- capacità di agire con entusiasmo, volontà e prudenza;
- mantenere dei buoni rapporti interpersonali;
Al lavoro bisogna starci 8 ore al girono e quindi se non ci si trova bene diventa pesante.
La giornata si conclude riprendendo il concetto con cui si era aperto il pomeriggio : OCCUPAZIONE VS OCCUPABILITA’, passando attraverso temi collegati al tema del lavoro come quello della crisi.
Lezione del 22 Aprile. La sostenibilità attraverso l’Archeologia.
La lezione, nella mattinata, ha avuto come tema principale la conoscenza del territorio di Lecco attraverso l’Archeologia ed i beni culturali. Mentre il pomeriggio è stato caratterizzato dagli incontri con 2 professionisti che hanno raccontato le loro esperienze lavorative.
Incominciamo con il tema di Archeologia con Paolo Corti, archeologo operante sul territorio lecchese.
L’archeologia è lo studio dell’uomo e della sua evoluzione.
Quello che differenza gli esseri umani dagli animali quando cessano di esistere è la nicchia ecologica dell’uomo, cioè la memoria. Senza la cultura si dovrebbe ricominciare da capo ogni generazione, quindi è importante sapere chi siamo stati prima per poter fare delle scelte sostenibili.
Sostenibilità ambientale : ” Per sostenibilità ambientale si intende la capacità di preservare nel tempo le tre funzioni dell’ambiente: la funzione di fornitore di risorse, funzione di ricettore di rifiuti e la funzione di fonte diretta di utilità. All’interno di un sistema territoriale per sostenibilità ambientale si intende la capacità di valorizzare l’ambiente in quanto “elemento distintivo” del territorio, garantendo al contempo la tutela e il rinnovamento delle risorse naturali e del patrimonio.”
L’archeologia può sostenere l’economia?
La sostenibilità è che la ricerca archeologica continui.
Se vogliamo che le diverse strutture siano sostenute, dobbiamo fare in modo che siano prese in gestione, bisogna cambiare il modo di pensare.
Molti finanziamenti dovrebbero essere destinati anche per la cultura archeologica, è un modo per potare avanti l’evoluzione dell’uomo e l’economia, è un modo per dare più sostenibilità sia per i bene culturali sia per il turismo.
Cos’è un reperto archeologico?
Il reperto è il sotto prodotto del uomo. È un messaggio che viene dell’antichità e l’archeologo lo deve interpretare affinché si possa capire alcune cose del passato.
Come si svolge il lavoro dell’archeologo?
È un lavoro di gruppo insieme con i vari professionisti delle diversi discipline (chimico,etnologo ecc).
1. Si parte dalla fotografia aerea della zona che si vuole studiare ad esempio (Lecco ).
2. Si va sul terreno e si cercano indizi.
3. Si fa un sondaggio sotto terra , Lo scavo si fa mano a mano tra gli strati.
4. Si Raccoglie il reperto.
Bisogna essere molto attenti nella raccolta dei reperti.
Ci sono due modi di agire:
- Si raccoglie un pezzo frantumato e lo si porta al museo in quanto non si può più ricostruire il messaggio (cioè la sua storia);
- Si raccoglie in modo da ricostruire quello che era prima ( esempio una collana). In questo caso il messaggio viene mantenuto.
In sostanza il lavoro dell’archeologo deve essere molto accurato e paziente dato che il terreno viene campionato e datato in modo da potere ricostruire quello che c’è stato prima. Anche perché lo scavo non è ripetitivo quindi si dovrà interpretare da ciò che ha rilevato l’archeologo (foto ecc.).
Nella seconda parte della giornata, Gaetano Chiappa ci ha parlato della sua esperienza vissuta sia come Responsabile di Caritas sia come Responsabile dei Volontari del Servizio Civile.
Per imparare ad essere un volontario, per agire con professionalità nel momento del bisogno, occorre formazione per imparare ad usare i diversi attrezzi a disposizione per ogni operazione.
Il coordinamento avviene con le diverse associazioni per dare formazione alle persone che aderiscono.
Cosi facendo si riescono ad aiutare all’autorità.
Inoltre è importante conoscere i rischi idrogeologici della zona, se c’è un’emergenza, conoscere già il problema, per questo ci sono i piani di protezione civile provinciali che devono essere conosciuti attraverso convegni, formazione ecc.
Per quanto riguarda la Caritas, in primis la sensibilizzazione sulle diverse problematiche socio-economiche in una società molto esigente è in evoluzione com’è la nostra e di conseguenza dando un piccolo contributo nel servizio d’ascolto a chi ne ha più bisogno anche solo di essere ascoltato.
La giornata si è conclusa con Fabio Valtorta, che ha parlato della sua esperienza lavorativa come consulente assicurativo, in cui è emerso soprattutto l’importanza del lavoro in equipe per raggiungere gli obiettivi preposti.
Inoltre ci ha dato dei consigli utili per il lavoro in campo tali come:
.Conoscere bene il prodotto che si commercializza.
.Credere in quello che si fa e credere in noi stessi.
.Essere noi stessi, cercando sempre di essere professionali ed onesti nel nostro lavoro, perche siamo noi che ci esponiamo in prima persona.
Xiomara Jimenez
LA NEGOZIAZIONE
Siamo giunti alla nona giornata di master e sono stati presentati dall’abile formatore Piero Guasco due argomenti di fondamentale importanza: la gestione del conflitto e la negoziazione.
La giornata ha inizio con un ripasso degli argomenti trattati durante la terza lezione: la tesi di base è che qualsiasi attività umana parte da un obiettivo, che è qualcosa di concreto, misurabile, raggiungibile e stimolante. Il porsi un obiettivo dà la possibilità di raggiungere un risultato che, se positivo, porta soddisfazione, quindi felicità e così desiderio.
Alla base di tutti i successi vi è l’assunzione delle responsabilità che significa prevedere gli effetti delle proprie azioni future. Di fatti la persona umana è divisa in parte razionale e inconscio; proprio in quest’ultimo risiedono i valori, che vanno a modificare il comportamento e quindi il risultato dell’analisi che avviene nella parte razionale.
La stella della RELAZIONE è vista come una “cometa che ci guida nel percorso di avvicinamento a noi stessi, in modo da poter conoscere l’altro”.
Alla base di questo percorso c’è quindi la prima impressione; essa risulta fondamentale e viene accompagnata dal riconoscimento dello stile che passa da: linguaggio del corpo, stile verbale, interazioni, ambiente di lavoro, stile di gestione e comportamenti.
Riproponendo lo suddivisione per colori, viene presentata una teoria che spiega come riconoscere lo stile di una personalità. Vi sono differenti caratteristiche che distinguono i quattro quadranti: il rosso, sinonimo di carattere focoso, estroverso e votato all’azione razionale; il giallo, proprio di chi è allegro, esuberante e che prende decisioni “di pancia”; il verde, proprio delle persone miti e introverse che ponderano le decisioni in base ai propri valori, ed infine il blu, rappresentativo di coloro che analizzano in maniera meticolosa tutte le informazioni e decidono in maniera individuale e puramente razionale.
Viene poi spiegato come l’ascolto sia il modo più semplice e corretto per superare un conflitto: difatti la realtà dipende dal punto di vista da cui la si osservi. Tramite un opera di F. Bartlett viene mostrata questa tesi e vengono definiti i suoi punti cardinali per evitare un conflitto: fare domande aperte, in modo da lasciare all’altro la possibilità di avere un’opinione propria; ascoltare in modo “empatico”, ovvero immedesimarsi nell’altro; accettare il diverso, che deriva dal valore base di umiltà.
Il conflitto fa dunque parte della relazione interpersonale; se si riuscisse ad identificare lo stile comportamentale dell’altro, si riuscirebbe ad adeguarsi, e così potenzialmente a diminuire le probabilità di conflitto. Il contrasto si rappresenta dunque come una forza che potenzialmente libera l’immaginazione ed è visto come un processo energizzante da gestire, non da eliminare. Di per sé i conflitti non sono né buoni né cattivi a priori, bisogna guardare gli effetti ai quali conducono.
Vi sono quattro tattiche per creare il consenso: creare una base comune; ampliare le aree di consenso; raccogliere le informazioni; cercare la soluzione dei problemi e concentrarsi su di essi, non sulle personalità. Da quanto detto si evince che la gestione del conflitto pone le basi su metodo e negoziazione.
Proprio la negoziazione è il secondo tema della giornata. Grazie ad un breve e divertente sketch il formatore ha poi presentato un classico esempio di negoziazione tra venditore e cliente, mettendone così in luce i punti fondamentali. Possono verificarsi due differenti situazioni: product oriented oppure relation oriented. La prima fa sì che il venditore si concentri unicamente sull’oggetto da vendere e di conseguenza attragga il cliente su di esso; la seconda invece crea una relazione forte tra venditore e cliente, in modo che il primo riesca a capire i bisogni del secondo. Il fine ultimo di questo processo è definire un matrimonio tra cliente e venditore per avere un vantaggio da entrambe le parti.
In ultimo si definiscono quindi i passaggi fondamentali di una buona negoziazione:
- fare domande;
- ascoltare fino in fondo;
- cogliere le PEG (appigli a cui potersi attaccare);
- prolungare le positività;
- lasciar cadere le negatività.
Attuando queste procedure si vuole far pendere a proprio vantaggio la bilancia tra positività e negatività.
“Non è il venditore che vende, ma è il cliente che compra”.
Nicola Bolognani
Lezione del 19/03/2016 La Sostenibilitá
SOSTENIBILITÀ
3 relatori un solo tema: la sostenibilità. Che cosa significa per voi “sostenibilità”? Considerando il significato etimologico, deriva da sub+tenere, letteralmente tenere sopra, sostenere. Wikipedia definisce la sostenibilità, in ambito ambientale, economico e sociale, come “la caratteristica di un processo o di uno stato che può essere mantenuto ad un certo livello indefinitamente”. Per l’ONU, invece, lo sviluppo sostenibile soddisfa i bisogni delle generazioni presenti, senza compromettere quelli delle generazioni future. Si tratta di obiettivi realmente perseguibili? L’economista e filosofo francese Latouche, nel suo libro La scommessa della decrescita (2007), propone un modello di decrescita delle società dei paesi economicamente più forti, basato sull’ipotesi che se consumassimo di meno permetteremmo ai paesi del Terzo Mondo di crescere, livellando così lo squilibrio attuale, che vede l’80% delle risorse del pianeta in mano al 20% della popolazione mondiale. Le strategie proposte da Latouche per raggiungere lo scopo sono: rivalutare, ricontestualizzare, ristrutturare, rilocalizzare, ridistribuire, ridurre, riutilizzare e riciclare. Questo modello, sicuramente alto dal punto di vista morale e sociale, risulterebbe, tuttavia, di difficile applicazione: in primo luogo perché pensare ad una “decrescita felice”, intesa sia come largamente accettata sia scevra di conseguenze sul piano occupazionale e sociale, risulta poco attuabile. In secondo luogo decrescere, significherebbe, implicitamente, non soddisfare i bisogni delle generazioni presenti. Altre soluzioni sono possibili?
Con Angelo Cortesi (Co.EL) abbiamo affrontato il tema della Responsabilità Sociale dell’Impresa (RSI). La Commissione dell’Unione Europea nel Libro verde sulla RSI (2001) definisce la RSI “l’integrazione volontaria da parte delle imprese di obiettivi sociali e ambientali nelle loro attività commerciali e nelle loro relazioni con i soggetti coinvolti”. Due considerazioni sono deducibili da queste poche righe: 1. La RSI è costituita da una buone pratiche adottate in maniera volontaria; 2. Gli stakeholder di cui si deve tenere conto, nell’attuazione di questi obiettivi, sono tutti i soggetti che influenzano e vengono influenzati dalle politiche e dalle azioni delle imprese. Si intuisce, a questo punto, come la RSI non sarà costituita da una serie di leggi imposte dallo Stato di appartenenza, ma da norme etiche, universalmente condivisibili e applicabili. Ma come siamo arrivati a sentire il bisogno di imporci queste regole? Vi ricordate lo scandalo di cui si rese protagonista la Nike nel 1995? Insomma, si scoprì che la multinazionale statunitense non solo aveva delocalizzato la produzione in paesi economicamente sottosviluppati, ma aveva anche scelto di utilizzare, per cucire i suoi costosi palloni, la manodopera infantile. In seguito, nel 1997, venne creata la prima norma etica, nota con la sigla SA8000, che altro non era che la somma, l’aggregazione, di norme precedenti, inerenti il rispetto dei diritti inviolabili dell’uomo. Nell’ultimo ventennio, nuove norme, facenti riferimento a differenti ambiti, sociali e ambientali, sono state elaborate. La sintesi della responsabilità dell’impresa è racchiusa nella ISO26000 (2010), nella quale vengono imposti e auspicati il rispetto dei diritti umani, degli standard internazionali, della legge e degli stakeholder. Oltre a questi concetti, che afferiscono principalmente alla sfera dell’etica morale, la norma prevede altri due punti: la trasparenza, nell’attuare e nel perseguire gli obiettivi dell’azienda e nella scelta consapevole delle provenienza delle materie prime e la responsabilità, vale a dire l’impegno, da parte delle imprese, nel rispondere delle proprie azioni e delle conseguenze che ne derivano e nel valutare l’impatto che il loro operato ha avuto, sta avendo ed avrà sulla società, sull’ambiente e sullo sviluppo. Che cosa possono fare i consumatori per premiare le aziende che si impegnano a rispettare queste buone prassi? Riprendo una definizione dell’economista Leonardo Becchetti (Il mercato siamo noi, 2012), “La forza decisiva per costruire dal basso un benessere equo e sostenibile sarà il “voto col portafoglio”. Ovvero la sempre maggiore consapevolezza dei cittadini che le loro scelte di consumo e risparmio sono la principale urna elettorale che hanno a disposizione”. Le linee guida della Commissione Europea non sono le sole a porre l’attenzione sullo sviluppo sostenibile. Nel 2010 è nata la Federazione per l’economia del bene comune, nella quale il bilancio del bene comune si misura calcolando quanto un’organizzazione fa per il bene comune. L’Economia del Bene Comune (EBC) consiste, pertanto, in “ un sistema economico alternativo, fondato su valori che promuovono il bene comune. L’economia del bene comune è una leva di cambiamento sul piano economico, politico e sociale – un ponte tra il vecchio ed il nuovo” (http://www.economia-del-bene-comune.it/it). Nel pomeriggio l’aula è stata animata da Giovanni Pastorino, imprenditore proprietario della Deltacalor e da mons. Franco Cecchin, prevosto della basilica San Nicolò di Lecco. Entrambi hanno toccato il tema della giornata, declinandolo, chiaramente, in base al proprio ambito di interesse.
Giovanni Pastorino ci ha inoltre spiegato quali sono i valori e le scelte che hanno portato la sua azienda ad essere competitiva su di un mercato maturo a livello sia nazionale sia europeo: innovazione e creatività. Il risultato del lavoro sinergico di queste due componenti, si può esplicitare in brevetti, che garantiscono la proprietà intellettuale e tecnologica dell’innovazione apportata. Un consiglio a noi giovani? Siate trasparenti, proattivi e imparate le lingue! Ultimo intervento della giornata: mons. Cecchin, il quale ci ha fatto riflettere su come la sostenibilità sociale sia imprescindibile da quella economica. Don Franco ha, inoltre, considerato il significato etimologico del termine. Applicando il significato “sostenere” all’agire di ogni singola persona ci ha suggerito di non disperdere energie in tante piccole attività non necessarie e superflue ma di concentrare le nostre forze su obiettivi specifici e realizzabili. Concludo riportando una fiaba della tradizione orale africana: Un giorno nella foresta scoppiò un grande incendio. Di fronte all’avanzare delle fiamme, tutti gli animali scapparono terrorizzati mentre il fuoco distruggeva ogni cosa senza pietà. Tutti, tranne un piccolo Colibrì, che raccoglieva una goccia d’acqua nel suo becco e la portava sull’incendio. E poi di nuovo via: ritornava al laghetto raccoglieva una goccia d’acqua e la portava nuovamente verso il fuoco. Il Leone, vedendolo intento in questo lavoro, gli chiese: “Ma che combini? Non vedi che la Foresta brucia e che tutti gli animali scappano. Cosa pensi di fare?”. Il Colibrì guardò il Leone negli occhi e gli disse: “Io faccio la mia parte”.
Laura