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Master di Lecco 100: Sfide lavorative? Sfide superabili!

Dopo 14 anni di esperienza conosciamo i problemi organizzativi e comportamentali di chi vuole frequentate il Master.

Il Master di Lecco 100 dura da inizio febbraio a metà maggio, con qualche piccola pausa dovuta a Pasqua, 25 aprile e primo maggio. Tutta la giornata di venerdì e la mattina di sabato.

Ci sono due approcci diversi ai problemi di chi si accosta al Master, è dipendono dalla condizione iniziale del partecipante.

Il primo gruppo

Il primo gruppo è fatto da coloro che vogliono frequentare il master perché gli è piaciuto il programma e vista la scarsità di posti disponibili e la gratuità decidono di contattarci.

Per chi studia o lavora può essere problematico liberarsi tutti i venerdì per quasi quattro mesi e ci vuole un certo coraggio e determinazione ad impegnarsi.

Ci sono cose che i ragazzi sanno prima di frequentare il master e cose che succedono durante il periodo di frequenza, ad esempio:

  1. Il venerdì lavoro
  2. Ho un esame a frequenza obbligatoria il venerdì
  3. Ho trovato/cambiato lavoro e non mi posso assentare

Insomma in un modo o nell’altro abbiamo problemi che derivano prevalentemente da una contrapposizione fra Aziende e le persone che lavorano per loro. È evidente che ragazzi che vogliono frequentare il master stanno cercando qualcosa che gli permetta di migliorare le loro capacità professionali.

Non è bello ma è reale.

Io stesso ho provato ad avere e promuovere la frequentazione del master da parte di ragazzi in carriera che vengono bloccati dal loro datore di lavoro.
In un certo senso anche se non frequenteranno il master hanno trovato un modo per domandarsi quanto l’azienda possa essere interessata a loro come persone o a loro come esecutori di attività lavorative. Abbiamo già visto questo tipo di contrapposizione in coloro che durante il Covid hanno fatto lo stesso lavoro da casa. Molti hanno deciso di non rientrare pur di mantenere un’esperienza di vita migliore.

Nella nostra esperienza ci sono stati ragazzi che per venire al master si sono licenziati e nella migliore delle ipotesi hanno consumato le loro ferie.
Ci sono stati ragazzi che hanno preso un anno sabbatico per cambiare la loro vita includendo nel periodo la frequenza al master. Ad esempio uno di loro poi è andato in Australia, poi è tornato in Italia, ha ricominciato a lavorare ed alla fine ha vinto un concorso per entrare nelle forze dell’ordine.
Ci sono stati ragazzi e ragazze messi in mobbing dal datore di lavoro e che sono andati allo scontro diretto ed infine hanno vinto, ricevendo una proposta di miglioramento economico.

Noi cerchiamo sempre di prevenire queste situazioni e di motivare i ragazzi a fare una scelta, prima di tutto preparando la strada in anticipo comunicando quanto prima che useranno delle ferie con questo preciso scopo e raccontando altresì che le competenze che si acquisiscono durante il master si rifletteranno nella qualità del lavoro e sui risultati professionali.
Poi, durante il master, sollecitando e ringraziando l’azienda, o meglio il loro capo, della disponibilità e della fiducia dimostrata, perché ci sarà sempre un momento in cui la loro assenza verrà notata in una situazione in cui farebbero la differenza durante un imprevisto o un’urgenza aziendale.

È evidente che il lavoro e lo studio sono prioritari, ed è possibile che un evento impedisca di essere presenti a una lezione senza che questo infici il rendimento globale e soprattutto il vivere il Master come un’esperienza.

In sintesi , il candidato impara a comunicare con l’azienda dimostrando da subito coraggio, ambizione e la capacità di tradurre la volontà in azione.

Anche se non è mai stato nelle nostre ambizioni il percorso sulla comunicazione negli anni ha prodotto dei risultati oltre ogni aspettativa.
– Ingegneri introversi hanno imparato a gestire i dialoghi con i clienti e con i colleghi.
– Laureati in comunicazione hanno messo il turbo ed hanno fatto carriere impensabili fino ai vertici del marketing digitale o key client di aziende italiane e di gruppi internazionali.
– Persone in carriera con visioni “da squalo” si sono resi conto di cosa sarebbero diventati osservando alcuni imprenditori con buoni risultati professionali e dai comportamenti discutibili che abbiamo portato in aula a raccontarsi.

Un’altra esperienza di grande soddisfazione è vedere come i nostri allievi usano gli strumenti tattici, come ad esempio le viste Kanban, per cambiare il modo di comunicare il loro lavoro. Quando vengono a raccontarmi che hanno messo una tabella fra il loro reparto e quello successivo dove chiunque passi da lì possa vedere in tempo reale i post-it delle cose da fare, quelli dei lavori in corso e quelli delle cose pronte per il reparto seguente. Queste testimonianze mi riempiono di soddisfazione: io non sono mai stato in quell’azienda ma ho cambiato il loro modo di comunicare.

Il secondo gruppo

Anche il punto di incontro fra alcuni candidati e il master può essere problematico, ad esempio per coloro che le aziende decidono di mandare dal master in alternativa ad altre Academy o alte formazioni proposte da enti datoriali o scuole.
La differenza percepita nelle aziende che ne hanno fatto esperienza è che le Academy rispetto al master sono specializzate e finalizzate ad una precisa attività lavorativa e i corsi degli enti datoriali hanno un taglio accademico che differisce molto da un master comportamentale.

Ci sono due figure tipiche che in un certo senso hanno il problema opposto al primo gruppo: è l’azienda che li manda al master.

La prima figura è quella del dipendente, di solito molto qualificato e responsabile di area, che ha bisogno, secondo l’azienda, di migliorare alcune caratteristiche, ad esempio comunicare meglio.
Il loro atteggiamento è diverso, perché loro “sono stati mandati”, e quindi lo vivono come un’affermazione del loro ego, della loro importanza per l’azienda e ovviamente, anche con la preoccupazione di doversi impegnare nel tempo d’aula. In questo caso noi insegnanti lo sappiamo ed è nostra responsabilità comunicare dei messaggi positivi e nello stesso tempo di renderli consapevoli di quanto questo tipo di percezione li possa danneggiare. Posso dire per esperienza che le reazioni sono sempre state positive e ci abbiamo anche riso sopra in aula tutti insieme.

Inoltre dobbiamo sottolineare che sono in aula di solito con un’altra dozzina di persone intelligenti e con buone capacità che li valutano e li trattano come pari. Piacere al gruppo è importante per un essere umano.

Abbiamo avuto alcuni di questi che oltre a migliorare i loro comportamenti hanno applicato molti degli strumenti proposti a sé stessi ed al lavoro, ad esempio usando il Kaizen per spezzare attività salutari in piccoli pezzi e conteggiarle ogni giorno, o rimettere in discussione le loro aspettative con una visione più equilibrata ispirata alla filosofia giapponese dell’Ikigai e soprattutto non perdere tempo in riunioni inutili.

Il dipendente mandato dall’azienda sente comunque la pressione di dimostrare all’azienda di essere capace di affrontare il master.

La stessa cosa vale per il secondo tipo di figura che viene al master. Il figlio dell’imprenditore a cui il padre ha proposto l’esperienza del master e ha deciso che lo vuole fare e i nipoti di allievi che hanno frequentato il master più di dieci anni fa.
In questo caso l’atteggiamento problematico è quello di colui che non ha niente da perdere, o meglio che può permettersi di prendere solo quello che gli piace.
Anche in questo caso è nostra responsabilità di insegnanti è dimostrare che effettivamente diamo degli strumenti di lavori e dei metodi che possono cambiare il modo di pensare di chi dirigerà un’azienda. Nella nostra esperienza chi arriva con un atteggiamento passivo e senza convinzione rinuncia subito a partecipare.

La pressione di chi si ritroverà la responsabilità di dirigere un’azienda è dovuta al bisogno di rispetto da parte dei dipendenti anziani che ci lavorano ed al bisogno di dimostrare ai parenti che li hanno mandati, di essere in grado di affrontare il Master e di imparare metodi e strumenti professionali di livello manageriale.

Una delle reazioni che sono state riportate più volte negli anni da piccoli imprenditori, come cuochi proprietari di ristoranti, youtuber, marketing manager è il fatto di scoprire che anche per fare una riunione ci sono dei metodi che possono renderla efficace ed evitare di diventare uno spreco di tempo per chi partecipa. Ricordo uno i questi che con sguardo perso ha detto: “Con i miei soci avremo fatto cento riunioni e non abbiamo mai fatto neanche una delle cose che ci hai mostrato…”

In conclusione, prima o poi tutti hanno bisogno di aiuto e quanti più strumenti e metodi conosci quanto più sei libero di scegliere qualcosa di diverso dal tuo comportamento istintivo.

Paradossalmente questa cosa vale per molti imprenditori che sono venuti al master, in particolare nei settori artigianali, lavorazioni o edilizia per esempio. Molti di loro si aspettano che i giovani abbiamo la stessa “fame”, la stessa voglia di fare che avevano alla stessa età. Spesso questo porta ad un atteggiamento di sfiducia. In questo caso accendiamo un dibattito in cui sosteniamo che se tu hai la passione per qualcosa è possibile che ce l’abbia anche qualcun altro. Quindi concentrati nel comunicare l’entusiasmo e la passione che come imprenditore metti nel FARE il tuo lavoro. Per dirla come Seth Godin: “Le persone non comprano quello che vendi, ma il motivo per cui lo fai!”

Vi invitiamo a dare un’occhiata al nostro sito https://www.lecco100.it ed a partecipare al master. Potete contattarci a info@lecco100.it o telefonandoci allo 348.522.73.39.

Le 4 porte d’entrata del cervello

di Stefano Zambroni

Nella giornata di venerdì 22 marzo 2024 abbiamo avuto l’occasione di incontrare diverse figure di diverso tipo, dagli aspetti certamente interessanti.

Partendo dalla mattinata, l’incontro tenuto con Gabriella Vigo sul diversity management ci ha dato spunti d’interesse in particolare sull’utilizzo del nostro cervello, sulle sue potenzialità e sui modi diversi di poterlo plasmare.

Partendo dalla comunicazione interpersonale, abbiamo visto le diverse fasi della comunicazione, le quali sono: 

  • Intento
  • Pensiero
  • Linguaggio
  • Comunicazione (del mittente)
  • Decodifica (da parte del destinatario)
  • Mappa della realtà

Sorprendente, tra i vari dati visti durante l’incontro, la bassissima percentuale che ha la comunicazione verbale in un qualsiasi intento comunicativo: se andiamo a vedere infatti quanta importanza hanno i diversi elementi in un discorso, notiamo che il 55% della comunicazione è data dalla comunicazione non verbale, il 38% dalla cosiddetta comunicazione “paraverbale” e soltanto il 7% è il reale discorso che teniamo.

Ciò cosa significa? Che molto spesso, come anche disse Domenico Esposito di StanleyBlack&Decker, il “modo” di esporsi e di raccontare fa molto di più di quello che realmente si dice. Un discorso tenuto ottimamente, con carisma e con enfasi, molto spesso (per non dire sempre) risulterà anche più chiaro e comprensibile rispetto ad uno speech tenuto sottovoce o in grande timidezza.

Interessante poi l’aspetto visto sulle neuroscienze: il nostro cervello si divide infatti in tre “settori”, ovvero quello rettile, il quale corrisponde alla parte più “antica” contenente gli istinti, quello limbico, ovvero il cervello dei mammiferi con emozioni e comportamenti sociali, ed infine quello corticale, sede di funzioni cognitive e razionali.

Cervello che, a sua volta, si divide in emisfero sinistro, più logico, razionale ed analitico, ed emisfero destro, più creativo, artistico e multi-tasking.

Proprio tutto ciò crea le “quattro porte d’entrata del cervello”, ovvero quattro modi diversi di vedere il mondo, e spesso caratterizzanti di molte persone.

Le quattro porte d’entrata sono: 

  • Corticale sinistro: ama efficienza e risultati, strategico e operativo, pensa in modo strutturato e cerca dati numerici (la domanda che si fa è “quanto?”)
  • Corticale destro: aperto a idee e novità, sogna, costruisce ipotesi, si mette in discussione, inventa, ama il cambiamento, ama andare all’essenziale (la domanda che si fa è “perché?”)
  • Limbico sinistro: organizza e pianifica, non ama il cambiamento, teme il futuro, agisce con cautela, cura i dettagli (la domanda che si fa è “come?”)
  • Limbico destro: apertura alle persone, bisogno di contatto umano, comunicativo ed empatico, evita i conflitti, socializza e scambia (la domanda che si fa è “chi?”

Nel pomeriggio invece abbiamo incontrato due personaggi politici: prima Mauro Piazza, consigliere Regionale in Regione Lombardia e sottosegretario del Presidente Attilio Fontana, il quale ci ha descritto la situazione della nostra Regione in merito all’autonomia e alle possibilità future della Lombardia, tra sanità e gestione del territorio.

Successivamente è stata la volta di Peppino Ciresa, candidato sindaco nelle elezioni del 2020 a Lecco e oggi all’opposizione nella Giunta Comunale, il quale ci ha raccontato le sue esperienze passate e la recente avventura politica con le elezioni comunali.

Gestione del tempo e riunioni: strategie per uno scambio efficiente ed efficace

di Laura Bonaiti

Quante volte ci siamo trovati seduti in riunioni che sembravano interminabili e poco produttive? 

Nella lezione di sabato 23 marzo ci siamo soffermati su questi aspetti e insieme ad Alessio abbiamo analizzato alcune peculiarità delle riunioni e le strategie che possiamo adottare in ambito lavorativo per evitare che queste risultino ridondanti e talvolta improduttive. 

La chiave per una buona riunione è la ricerca dell’efficienza. È importante infatti avere chiaro lo scopo dell’incontro e l’obiettivo da raggiungere: una riunione necessita di almeno tre ragioni per essere organizzata! Riconoscere ed essere consapevoli che ciascun partecipante ha un tempo limitato a disposizione da dedicare alla riunione fa sì che questa debba essere svolta in maniera efficiente per non diventare un’inutile perdita di tempo. 

La preparazione di una riunione parte dalla redazione, da parte dell’organizzatore, di un ordine del giorno: questo servirà come guida e stabilirà i punti che verranno affrontati, l’ordine e le relative tempistiche. Definire con anticipo quella che sarà la nostra riunione ci aiuterà ad essere focalizzati per raggiungere l’obiettivo e non divagare (spesso, lo stesso “varie ed eventuali” può diventare un pretesto per uscire dal tema!). 

Come organizzatori, è nostra responsabilità organizzare la riunione in maniera strutturata e moderare il dialogo tra i partecipanti, garantendo la possibilità a ciascuno di intervenire e partecipare attivamente. Un organizzatore quindi: 

  1. Modera: egli coordina i partecipanti e guida la riunione seguendo l’ordine del giorno;
  2. Facilita: favorendo gli interventi e la partecipazione attiva dei colleghi;
  3. Partecipa: è corretto che anche l’organizzatore partecipi alla riunione, ma è buona pratica che lasci maggiore spazio agli altri interventi. 

Infine, l’organizzatore predispone o fa predisporre un rendiconto (sotto forma di verbale o mappa) della riunione, in cui vengono indicati interventi, risultati ottenuti e azioni da intraprendere. Lasciare qualcosa di scritto, possibilmente entro un breve periodo di tempo, è una buona pratica per formalizzare e riassumere quanto definito durante la riunione, e aiuta a trasformare le decisioni in azioni concrete. 

Anche il partecipante è chiamato a svolgere un ruolo attivo durante la riunione: il suo compito principale è quello di prendere parte al dialogo, intervenire e contribuire con idee e opinioni pertinenti. Essere presenti – fisicamente o nella stanza virtuale in caso di riunioni online – non significa necessariamente essere predisposti alla partecipazione e al confronto! 

Durante il covid, si è diffuso lo strumento delle riunioni online. Questo tipo di incontro offre un’enorme opportunità di flessibilità e accessibilità, garantendo a chiunque di partecipare a prescindere da dove si trovi fisicamente. 

Di contro però, lo svolgimento di un incontro online è intrinsecamente più complesso, sia per la tipologia della riunione, sia per gli strumenti utilizzati. Per l’organizzatore, diventa infatti più difficoltoso mantenere un buon livello di coinvolgimento ed interazione dei/tra i partecipanti, a maggior ragione se le videocamere sono disattivate e non si vedono i volti. 

Inoltre, esistono anche dei rischi dovuti agli stessi strumenti utilizzati: diventa quindi fondamentale testare la linea e lo strumento prima dell’inizio della riunione, ed avere un backup qualora vi siano dei malfunzionamenti.

Uno sviluppo interessante nell’ambito delle riunioni online è rappresentato dall’utilizzo dei metaversi in alternativa alle riunioni da remoto. Il metaverso mette a disposizione uno spazio illimitato ed immersivo in tre dimensioni, che stimola l’interazione e simula una riunione reale in cui le persone possono incontrarsi. 

Durante la lezione, Alessio ci ha proposto di collegarci ad una stanza, un multiverso appunto, e abbiamo provato questa nuova esperienza di incontro virtuale. 

Ovviamente, le considerazioni fatte finora (così come i consigli e le strategie individuate) sono da contestualizzare ed adattare in base alla tipologia di riunione: è compito dell’organizzatore scegliere quale tipologia di riunione meglio si adatta all’obiettivo dell’incontro. 

È possibile distinguere tre tipologie:  

  • Riunioni generaliste: utili per affrontare un determinato argomento e prendere una decisione;
  • Riunioni informative: per la condivisione di informazioni. Appartiene a questa categoria, ad esempio, lo stand up meeting, un incontro di gruppo che si svolge in piedi, in cui in un limitato periodo di tempo (spesso pochi minuti) i partecipanti si scambiano informazioni in merito ad azioni completate e obiettivi di breve periodo; 
  • Riunioni creative: pensate per generare nuove idee e trovare soluzioni. In questa categoria abbiamo ritrovato lo strumento chiamato “I sei cappelli”, già anticipato nella lezione della creatività. Durante l’incontro, ognuno interpreta un personaggio, riconoscibile dal colore del cappello: 
    • Il cappello rosso rappresenta l’emotività, la passione, l’intuizione;
    • Il cappello bianco è colui che interpreta la razionalità e utilizza i dati, fatti ed informazioni;
    • Il cappello nero è simbolo di tempesta e pessimismo: colui che lo indossa porta in evidenza i rischi, i problemi e gli aspetti negativi; 
    • Il cappello giallo evidenzia invece gli aspetti positivi e le opportunità che possono emergere; 
    • Il cappello verde interpreta la creatività e fertilità del pensiero attraverso la condivisione di nuove idee;
    • Il cappello blu è invece simbolo del controllo, e il personaggio rivolge il ruolo del supervisore/direttore della riunione. 

Le riunioni sono, in conclusione, uno strumento prezioso per collaborare, condividere conoscenze e prendere decisioni. Troppo spesso però la fase organizzativa viene sottovalutata, e ci si ritrova coinvolti in incontri senza direzione, confusi, mal gestiti, o poco partecipati. 
Questa lezione ci ha fornito interessanti elementi e spunti di riflessione affinché ciascuno di noi possa contribuire in modo attivo alla buona riuscita delle riunioni (che organizziamo o a cui partecipiamo), rendendole un momento di scambio proficuo e di confronto. 

Comunicare, pianificare, crescere

di Micol Maria Vittoria Bianchi

Nella lezione di sabato 16 marzo, condotta da Alessio Sperlinga, sono emerse preziose strategie per migliorare la collaborazione di gruppo e aumentare la produttività personale attraverso il metodo del Personal Kanban.

Comunicare e Pianificare come Gruppo

Nella prima parte della lezione, a continuazione dell’incontro di venerdì riguardante le tecniche di Public Speaking, Sperlinga ha sottolineato l’importanza di alcune strategie per comunicare efficacemente in un gruppo.

Come in una partita di scacchi, è fondamentale – anzitutto – conoscere il contesto e il terreno su cui si opera, compresi i ruoli all’interno del gruppo e le regole che lo governano. Identificare chi decide, chi ricerca, chi coordina e chi sono i clienti è essenziale per una pianificazione efficace, poiché implica una maggiore comprensione anche di quelle “regole implicite” che muovono i componenti del gruppo.

“Il problema”, sottolinea Sperlinga, “deve essere sempre più semplice della soluzione”, e questo richiede implicitamente anche una profonda comprensione di noi stessi, delle nostre motivazioni, delle convinzioni personali e anche dei nostri “schemi d’azione”, che dobbiamo essere pronti a migliorare in caso di necessità. A questo scopo, anche la fiducia è fondamentale: fidarsi di sé stessi e degli altri membri del gruppo è il primo passo verso una comunicazione efficace e una collaborazione fruttuosa. Per arrivare a un clima di pura complicità, bisogna in qualche modo essere sempre “prevedibili”, ovvero prepararsi davanti ai problemi, prevedere e prevenire in anticipo, comunicando in modo chiaro e dettagliato.

Il triangolo del progetto, con la qualità al centro e denaro, tempo e obiettivi ai lati, rappresenta poi la base su cui costruire una pianificazione efficace. Gestire le priorità e adottare una mentalità di risparmio delle risorse sono fondamentali per il successo e l’efficienza.

Infine, Sperlinga sottolinea l’importanza di un piano flessibile, che si adatti alle priorità, anticipi le sfide e mantenga la semplicità.

Personal Kanban: un metodo semplice e divertente per gestire i propri progetti

Nella seconda parte della lezione, Sperlinga ha introdotto la tecnica del Personal Kanban, tratta dal libro “Mapping World Navigating Life”. Questo metodo, focalizzato sul presente e adatto a tutti i lavoratori della conoscenza, mira ad aumentare la produttività personale, l’efficienza e l’efficacia.

Il Personal Kanban si basa su due principi fondamentali: visualizzare il lavoro d’insieme e limitare il numero di lavori in corso. Questo approccio visivo fornisce una mappa navigabile delle attività, consentendo di tenere traccia di chi fa cosa, dove e entro quale tempo.

Ma come funziona concretamente il Personal Kanban?

Utilizzato sia da singoli individui che da piccoli gruppi, il Personal Kanban facilita il miglioramento continuo attraverso l’analisi dei modelli di comportamento e la riduzione del sovraccarico esistenziale.

Le aziende possono adattare questo metodo aggiungendo canoni come la periodicità e il budget, ma l’essenza rimane la stessa: vedere il lavoro in modo chiaro e gestirlo in modo efficiente.

In un team, ogni membro può avere la propria bacheca Kanban, dove vengono visualizzate le attività in corso e quelle da fare. Questa trasparenza favorisce la collaborazione e la condivisione delle responsabilità. I membri del gruppo possono tenersi aggiornati sullo stato di avanzamento del lavoro, evitando sovrapposizioni e garantendo un flusso di lavoro più efficiente.

Inoltre, il Kanban facilita la gestione delle priorità. Quando un nuovo compito emerge o una situazione imprevista richiede attenzione, il team può rapidamente aggiornare la propria bacheca, spostando le carte per riflettere le nuove priorità.

Il Personal Kanban è particolarmente utile anche per identificare eventuali ostacoli o problemi nel flusso di lavoro. Se una determinata attività rimane bloccata o richiede più tempo del previsto, ciò diventa immediatamente evidente sulla bacheca, consentendo al team di intervenire tempestivamente.

In conclusione, il Personal Kanban rappresenta uno strumento potente per migliorare la collaborazione di gruppo e aumentare la produttività. La sua semplicità e flessibilità lo rendono adatto a una vasta gamma di contesti lavorativi, fornendo una guida visiva e chiara per gestire le attività in modo efficiente e efficace.

Un’esperienza formativa nel public speaking: lezioni da Domenico Esposito

di Federico Folino


Il venerdì 15 marzo 2024 è stata un’occasione speciale, poiché abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a una
lezione sul public speaking tenuta da Domenico Esposito, Commercial Training Manager di Stanley Black & Decker.
Prima ancora di iniziare, è stato chiaro che la puntualità era fondamentale, così come la preparazione di una breve
presentazione di sole 4 slide, ognuna focalizzata su aspetti chiave della nostra vita e dei nostri obiettivi.
Dopo una breve introduzione individuale, Domenico ha spiegato l’importanza di creare un legame immediato con il
pubblico prima di iniziare la vera e propria lezione. Questo è stato sottolineato come parte di un concetto
fondamentale che è emerso durante la giornata: “Il 90% del successo è dato dalla preparazione”.
Durante le presentazioni dei nostri colleghi, abbiamo preso appunti su come trasmettevano le loro idee e come lo
facevano. In un momento successivo, abbiamo discusso insieme gli atteggiamenti, le posture e le modalità di
esposizione più efficaci, apprendendo l’importanza di trasmettere emozioni per coinvolgere l’audience e raggiungere
gli obiettivi desiderati.


Le Competenze Chiave di un Bravo Relatore
Un bravo relatore deve possedere una serie di competenze fondamentali per suscitare emozioni, controllare le
reazioni del pubblico e raggiungere gli obiettivi prefissati. Mostrare un sincero interesse per il pubblico e dimostrare
passione e autorevolezza nei contenuti sono elementi cruciali per mantenere l’attenzione e l’interesse dell’audience.
Inoltre, è importante riconoscere che l’autorità non è qualcosa di predefinito e non coincide con l’autorevolezza, che
si guadagna con impegno e competenza. Essere un leader efficace richiede credibilità, esemplarità, assunzione di
responsabilità e capacità di ispirare gli altri.


La Potenza delle Parole e della Preparazione
Le parole hanno il potere di generare visioni e spingere a cambiamenti significativi. Pertanto, è essenziale prepararsi
adeguatamente e raccogliere informazioni pertinenti prima di intraprendere un discorso pubblico. La corretta
preparazione include una valutazione attenta del contesto e degli obiettivi della comunicazione, nonché una
comprensione approfondita delle motivazioni personali e professionali sia del relatore che dell’audience.
Per garantire un discorso efficace, è necessario condurre ricerche approfondite e raccogliere informazioni mirate alle
esigenze del pubblico, consentendo al relatore di comunicare in modo chiaro, coinvolgente e mirato.


Il Potere dei Primi 30 Secondi
I primi 30 secondi di una comunicazione sono cruciali. È il momento in cui ci si presenta, si apre il discorso, si
delineano gli obiettivi e si stabilisce un contratto di servizio con i partecipanti. Questo è il momento per catturare
l’attenzione senza chiedere scusa. Un esercizio pratico dimostra la fragilità della comunicazione: descrivere un
oggetto senza rivelare le sue funzionalità, solo le sue caratteristiche visibili, mette in luce quanto sia complesso
comunicare efficacemente.

L’Equazione della Comunicazione
Se il nostro messaggio rappresenta il 100%, ciò che effettivamente riusciamo a comunicare è solo il 70%. Questo 70%
si suddivide principalmente in input visivi (65%), seguiti da udito (20%) e gli altri sensi (15%).
La ricezione effettiva si riduce al 40%, mentre la comprensione si ferma al 20%, diminuendo ulteriormente nel tempo.
Importanza della Comunicazione Non Verbale
La comunicazione non verbale gioca un ruolo predominante: il 55% del messaggio viene trasmesso attraverso il
linguaggio del corpo, seguito dal tono di voce (38%), mentre solo il 7% è veicolato dalle parole stesse. La durata
dell’attenzione media si aggira intorno ai 35-40 minuti, richiedendo variazioni nella presentazione per mantenere
l’engagement dell’audience.


Guida per una Presentazione Efficace
Per massimizzare l’impatto della comunicazione non verbale, segui queste linee guida:

  1. Mantieni una posizione eretta.
  2. Tieni le braccia distese dal corpo.
  3. Limita i movimenti e fallo lentamente.
  4. Mantieni il contatto visivo con l’audience.
  5. Gestisci lo spazio attorno a te.
  6. Vestiti in modo appropriato.
  7. Trasmetti un aspetto rassicurante.
  8. Rispetta la sfera personale degli individui.
    Evita Barriere Comuni
    Evita comportamenti che creano distanza tra te e l’audience:
  9. Evita di mettere le mani in tasca.
  10. Non incrociare le braccia.
  11. Evita eccessiva disinvoltura.
  12. Mantieni le spalle rivolte verso l’audience.
  13. Evita eccessiva confidenza.
  14. Evita di fissare le persone.
  15. Riduci i movimenti continui.
  16. Mantieni lo sguardo alto.

    Strategie per Esporre con Efficacia
    Per una comunicazione verbale efficace:
  17. Utilizza un linguaggio semplice.
  18. Evita il gergo aziendale.
  19. Limita l’uso di parole straniere o tecnicismi non necessari.
  20. Coinvolgi attivamente il pubblico.
  21. Utilizza immagini e esempi pratici.
  22. Anticipa le obiezioni.
  23. Presta attenzione alla pronuncia.
  24. Segui una struttura logica nel tuo discorso.
    Fornisci Supporto Visivo e Materiale di Riferimento
    Fornire materiali come blocchi per gli appunti aiuta l’audience a memorizzare meglio i concetti. I documenti o le
    presentazioni dovrebbero essere consegnati alla fine per evitare distrazioni durante la presentazione.
    Questi suggerimenti possono essere la chiave per una comunicazione efficace e coinvolgente, sia nel contesto del
    public speaking che nella comunicazione quotidiana.

    Organizzare Eventi: Un’Arte che Richiede Precisione e Preparazione
    Se c’è una regola fondamentale nell’organizzazione di eventi, è quella di non dare nulla per scontato. Dalla precisione
    delle informazioni ricevute alla corretta esecuzione degli ordini, dalle consegne comprese e condivise alle
    responsabilità dei collaboratori, ogni dettaglio conta. È essenziale definire un programma dettagliato, stabilire tempi
    e orari, punti chiave e priorità, preparare slides e supporti multimediali, e esercitarsi con le presentazioni. La cura dei
    materiali di comunicazione e delle lettere di invito è altrettanto importante, così come la condivisione di ogni
    dettaglio con il committente.

    Il Ruolo Cruciale del Project Leader

    Il project leader gioca un ruolo vitale in questo processo. È responsabile di concordare il budget, preparare liste di
    attività e timeline, coinvolgere i collaboratori, scegliere la location, effettuare sopralluoghi, stabilire contatti, decidere
    sui supporti multimediali, preparare check-list, testare gli impianti, istruire i collaboratori e preparare backup delle
    presentazioni. Anche la disposizione della sala meeting richiede attenzione, con sopralluoghi per posizionare tavoli in
    modo appropriato e garantire spazi adeguati per informare, coinvolgere o presentare.

    Efficacia nella Presentazione: Dal Contenuto alla Forma
    Poiché la presentazione è un supporto cruciale, è importante considerare non solo il contenuto, ma anche la forma. I
    colori utilizzati, il contrasto, la ripetizione, l’allineamento, il bilanciamento e lo stile contribuiscono tutti alla sua
    efficacia.

    Gestione del Gruppo: Relazioni Prima di Tutto
    Gestire un gruppo può essere più semplice che gestire un individuo, e la relazione è la chiave. Interagire prima della
    riunione può giocare un ruolo fondamentale nel rendere efficace la propria esposizione. È importante mantenere la
    leadership, riconoscere le persone più influenti e fare domande pertinenti. Coinvolgere i leader del gruppo nella
    discussione può incrementare l’attenzione e l’ascolto, mentre il mantenimento del contatto visivo è cruciale.

    Affrontare lo Stress e l’Ansia: Strategie Pratiche
    Affrontare lo stress e l’ansia è fondamentale per una presentazione di successo. È essenziale mantenere un
    atteggiamento positivo e trasformare la tensione in uno stress positivo. Concentrarsi sul pubblico, praticare esercizi di
    respirazione e stretching, creare una zona di sicurezza durante l’esposizione, imparare a memoria le prime battute e
    immaginare il successo dell’intervento possono aiutare a gestire il momento con serenità. Mantenere gli appunti a
    portata di mano e immaginare il pubblico in situazioni buffe possono anche alleviare la tensione e rendere
    l’esperienza più piacevole per tutti.

    Conclusione, Feedback e Sperimentazione: Mantenere Vivo l’Interesse
    Il momento della chiusura di una presentazione è cruciale per mantenere vivo l’interesse dell’audience anche una
    volta concluso l’evento. È qui che si mettono in risalto i progetti futuri e si stimola la curiosità sull’argomento trattato.
    È utile lasciare i propri recapiti e salutare chi ha dedicato il proprio tempo per ascoltare la presentazione, mostrando
    gratitudine per la loro presenza.

    Importanza del Feedback
    Il feedback è un tassello fondamentale per il miglioramento continuo. Offrire al pubblico l’opportunità di fornire
    feedback può essere estremamente utile. La creazione di un modulo di valutazione apposito consente di raccogliere
    informazioni dettagliate sulla qualità dell’esposizione e sulle aree di miglioramento. Questi feedback sono preziosi
    per accrescere l’efficacia delle presentazioni future e per rafforzare la personalità del relatore, consentendo di trovare
    un modo unico di esprimersi e distinguersi.

    La sperimentazione è la chiave per l’evoluzione.
    Provare nuove tecniche, adottare nuovi approcci e adattare il proprio
    stile in base ai feedback ricevuti consente di crescere costantemente e di mantenere l’interesse e l’attenzione del
    pubblico sempre alta.

    Riflessioni Personali sulla giornata di Public Speaking Training
    In sintesi, l’incontro con Domenico Esposito è stato estremamente formativo. Ogni aspetto trattato ha arricchito il
    mio bagaglio di competenze nel public speaking. Spero sinceramente di poter applicare queste preziose lezioni nel
    mio percorso professionale e personale, diventando un comunicatore più efficace e coinvolgente. Guardo al futuro
    con determinazione e fiducia, consapevole che questa esperienza sarà fondamentale per il mio successo.

Un secondo cervello contro l’AI

di Iacopo Spreafico

La preoccupazione verso l’intelligenza artificiale è in costante aumento: saranno richieste sempre meno ore lavorative umane con una conseguente riduzione degli stipendi mentre alcune intere professioni probabilmente spariranno.

Ripensando agli ultimi decenni, già molti processi lavorativi sono stati sostituiti dalle macchine (non intelligenti).

In un mondo orientato ai numeri e alla incontrollata ricerca di crescita, noi umani siamo sicuramente meno efficienti: ci ammaliamo, vogliamo andare in vacanza, non possiamo lavorare h24.

Quale potrà essere quindi il nostro ruolo nello scenario futuro del mondo? In cosa le macchine non potranno mai superarci?
Probabilmente nella creatività! Il nostro cervello è in grado di ideare nuove associazioni dal nulla, trovare soluzioni con il pensiero laterale, trovare nuovi modi di vivere.

Il cervello umano, però, ha energie limitate ed è nostro compito comprendere come gestirle al meglio lasciando fiorire al massimo la creatività.

In nostro soccorso ci vengono in aiuto, per ironia della sorte, proprio i computer.
Alessio Sperlinga, docente del Master di Lecco100, sabato scorso ha introdotto a noi alunni il concetto di *Second Brain*.

Cos’è un Second Brain?

Il concetto di Second Brain nella sua concezione attuale è stato introdotto per la prima volta da Tiago Forte.

Il concetto alla base dei suoi studi è che il nostro cervello non è adatto ad immagazzinare informazioni ma a far nascere nuove idee.

Un Second Brain è uno strumento per salvare in modo sistematico le informazioni, le idee, i pensieri e le connessioni che ci passano per la mente ogni giorno.

Si tratta di un contenitore digitale centralizzato che segue regole ben precise per memorizzare efficientemente tutto ciò che impariamo.

Come funziona un Second Brain?

Tiago ha ideato il metodo CODE (Capture, Organize, Distill, Express) per salvare le informazioni e trasformarle in output creativi.

1. Cattura

Cattura solo le informazioni che reputi meritevoli e che ti risuonano personalmente (processo conscio e attivo su ciò che consumiamo)

2. Organizza

Organizza le informazioni in modo funzionale.
Tiago ha sviluppato il sistema PARA, applicabile ad ogni piattaforma o strumento digitale.

PARA si sviluppa partendo da una semplice osservazione: ogni informazione può essere categorizzata in una delle seguenti 4 categorie:

  1. Progetti: gruppi di informazioni legate da un obiettivo preciso e da un periodo definito (esempi: perdere 10kg, organizzare le vacanze, creare una strategia comunicativa per un cliente…);
  2. Aree: interessi a lungo termine (esempi: arte, design, calcio…);
  3. Risorse: singole unità di informazioni che possono essere utili in futuro;
  4. Archivio: unità inattive delle precedenti categorie.

In questo modo, le informazioni sono organizzate per possibilità/frequenza di utilizzo.

3 Distilla

Per velocizzare la futura rilettura delle informazioni salvate, Tiago consiglia di distillare le note in riassunti facilmente utilizzabili e di piccola dimensione.

4. Esprimiti

I tre passaggi precedenti sarebbero inutili se le informazioni non venissero rielaborate personalmente per il nostro uso concreto nella vita quotidiana. Possiamo scrivere articoli per un blog, guide, racconti e tutto quello che preferiamo per esprimere la nostra creatività e facilitare connessioni mentali future.
È fondamentale entrare nell’ottica che le informazioni vanno riutilizzate attivamente.

Strumenti per creare un Second Brain

Alessio Sperlinga ha consigliato due software adatti a creare questo sistema in modo efficiente e funzionale

Notion

Notion è un servizio online di gestione informazioni caratterizzato da una infinita personalizzazione. Si basa su una struttura gerarchica di pagine che possono includere testi, immagini, veri e propri database per salvare informazioni e, per l’appunto, altre pagine. Questa caratteristica facilita l’implementazione del sistema PARA.

Obsidian

Obsidian è un software unico nel suo genere che non facilita la formazione di una gerarchia delle informazioni, bensì permette la rapida creazione di collegamenti concettuali tra note tramite un sistema di linking. Si può creare una sorta di personale Wikipedia in cui perdersi. Quella che si va a creare non sarà una piramide ma un grafo, visibile addirittura graficamente in una sezione apposita del software.

Per chi è adatto il Second Brain?

Va riconosciuto che questo sistema non è adatto a tutti.
Per stravolgere le proprie abitudini di apprendimento, soprattutto in età adulta, bisogna essere molto motivati e aperti di mente.
Sicuramente alcune professioni, come content creator, giornalisti, marketer, formatori, imprenditori e così via possono trarre enormi vantaggi da questo nuovo modo di gestire le informazioni.

Economia civile alle origini e imprenditori a Lecco

Di Noah Galli

Nella mattinata di venerdì 8 marzo si è tenuto il secondo intervento di Angelo Cortesi sul tema dell’economia  civile. Questa è una visione dell’economia che si è riaffermata ad inizio ‘900 nonostante il suo fondatore, Antonio Genovesi, l’avesse regalata al mondo già nel XVIII secolo ed essa non ha come destinatario il mero homo oeconomicus, bensì l’essere umano con i suoi concetti di felicità e benessere ed è perciò “speranza per un mondo più giusto ed equo”.

Cortesi, inoltre, ha sottolineato l’intrinseco ottimismo che caratterizza la figura dell’imprenditore, mosso da una costante fiducia nel futuro e nelle persone, ma ha tenuto a specificare che ciò non deve contrastare con la semplice lettura dei numeri che possono anche essere negativi.

Nella seconda parte del suo intervento, Cortesi si è soffermato sui problemi che l’economia odierna, quella capitalista, ha causato nel mondo in cui viviamo; un mondo caratterizzato da disuguaglianze, sfruttamento e problemi ambientali (come il riscaldamento globale) di cui, però, tendiamo a dimenticarci a favore del puro guadagno e del continuo cambiamento cui ambiamo quotidianamente.

Il pomeriggio è stato, invece, caratterizzato dalle testimonianze di Bruno Corti, Mauro Gattinoni e Giovanni Pastorino. I tre hanno descritto il percorso che li ha portati, ognuno nel proprio ambito, a uno sviluppo personale e professionale. Il primo intervento è stato quello di Bruno Corti, educatore presso la Casa don Guanella di Lecco, specializzata nell’accoglienza di minori, il quale ha posto l’accento sull’importanza della solidarietà e dell’agire nel sociale senza però tralasciare la necessità della formazione e della specializzazione nell’ambito di lavoro.

Subito dopo è stato il turno del primo cittadino di Lecco, Mauro Gattinoni che, dopo aver raccontato il suo percorso formativo e professionale partendo dalla laurea in Scienze Politiche, passando per le diverse cariche in API e, infine, arrivando alla candidatura del 2020, si è concentrato sulla gestione delle relazioni, soprattutto quelle più problematiche, sulla importanza del sapersi muovere agilmente tra i progetti a lungo termine e le difficoltà quotidiane e, in ultimo, sul fatto che ogni mezzo abbia le proprie regole.

L’ultima parentesi del pomeriggio ha visto come protagonista Giovanni Pastorino. Egli ha condiviso gli insegnamenti che la barca a vela gli ha trasmesso e che possono essere applicati nei diversi ambiti professionali ai quali ci si dedica. Il primo di questi è il cercare di mettersi sempre nei panni degli altri, il secondo è il saper gestire le proprie energie e il terzo consiste nel fatto che non sempre la strada più veloce sia quella dritta.

Professionalità e preparazione continua

Di Andrea Barni

Sabato mattina, si è tenuto il sesto incontro del Master, in compagnia di Alessio Sperlinga. Il focus cardine della mattinata è stato “Professionalità e preparazione continua “, tema rilevatosi notevolmente interessante e stimolante.

Una delle tematiche affrontate è stata la piena referenza che un cliente fa a tua insaputa parlando di te, un concetto fondamentale per definire gli obiettivi personali e professionali con chiarezza e determinazione.

Alessio ha sottolineato e dato valore all’importanza di essere pienamente motivati ed orientati verso il successo, poiché questo atteggiamento positivo influisce non solo sulle prestazioni individuali, ma anche sull’immagine che il cliente avrà di noi e della nostra azienda.

Un altro argomento di grande interesse è stato quello della preparazione psicologica, che include la capacità di trasformare i propri difetti in punti di forza.

Questo approccio permette di affrontare le sfide con maggiore sicurezza e resilienza, trasformando gli ostacoli in opportunità di crescita personale e professionale.

Sempre legato alla tematica psicologica, un ulteriore esercizio proposto durante l’incontro è stato quello dell’immagine mentale, che invita a eliminare i pensieri negativi e concentrarsi su quelli positivi, affrontando le situazioni con determinazione e ottimismo.

Tra i suggerimenti per approfondire il tema della crescita personale e professionale, è stato consigliato di guardare il film “Smetto Quando Voglio”, che offre spunti interessanti sulla ricerca del successo e dell’autorealizzazione.

Infine, è stata proposta una riflessione sull’importanza di valutare tre aspetti durante un colloquio: la motivazione del candidato, le sue competenze specifiche e la sua capacità di adattamento e apprendimento.

L’atmosfera dell’incontro è stata vivace e partecipativa, con i partecipanti che hanno condiviso idee, dubbi e suggerimenti, creando così un ambiente di apprendimento collaborativo e stimolante.

Dal corso sto traendo notevoli spunti riflessivi sia legati al lavoro che svolgo sia riguardanti la vita di tutti i giorni.

IL CV COME STRUMENTO DI PERSONAL BRANDING

Di Simona Giacomini

Venerdì 1 marzo, Cristina Pedretti ha tenuto una lezione sul potenziamento del curriculum vitae. L’obiettivo era trasmettere ai partecipanti le competenze necessarie per rendere il proprio CV un biglietto da visita unico, capace di catturare l’attenzione dei recruiter e di trasmettere competenze e personalità.

In uno dei primi incontri del corso, Cristina ha invitato i partecipanti a mettersi a confronto, analizzando i reciproci CV. Un’esplorazione a due vie che ha permesso di individuare in pochi istanti i punti di forza e di debolezza di ciascun profilo, fornendo una base solida su cui lavorare per migliorarne l’impatto.

Cristina Pedretti

Partendo da questa base, nella lezione di venerdì, è stata definita la differenza tra hard e soft skills, ritenute fondamentali nel mondo del lavoro, secondo cui:

  • Hard skills: conoscenze verticali e tecniche legate ad un determinato ruolo, acquisite attraverso l’istruzione o l’esperienza lavorativa. Esempi? Le

conoscenze linguistiche o le tecniche di analisi. Competenze facili da quantificare, ma non sufficienti per distinguersi nel mondo del lavoro.

  • Soft skills: competenze trasversali legate all’empatia, al problem solving e alla capacità di lavorare in team. Più difficili da misurare, ma sempre più richieste.

Queste ultime rappresentano una chiave per il successo nel mondo del lavoro odierno, consentendo di adattarsi a contesti diversi, di lavorare in modo collaborativo e di affrontare le sfide con flessibilità e creatività.

L’ultima parte del corso è stata un vero e proprio workshop sul CV in cui Cristina ci ha guidati nella creazione di un curriculum vitae efficace.

Il punto di partenza è stato l’Unique Value Proposition (UVP), in poche righe, circa 5-6, abbiamo imparato a sintetizzare i nostri obiettivi e competenze, creando una sorta di “elevator pitch” cartaceo così da poter trasmettere il nostro valore unico e conquistare l’interesse del datore di lavoro.

Non solo parole, ma anche forma. La parte grafica del CV è importantissima. Niente “muri” di testo, ma informazioni ordinate e concise, che valorizzino le nostre esperienze e siano facili da leggere.

Canva e affini: alleati per la grafica. Cristina ci ha consigliato diversi strumenti di progettazione grafica, come Canva, che possono aiutarci a creare un documento accattivante evitando però il “copia e incolla”, facilmente riconoscibile.

Personalizzare è d’obbligo. Ogni candidatura richiede un CV su misura. Per questo è importante adattare il linguaggio e le informazioni al ruolo per cui ci si candida, sempre con un occhio di riguardo alla formattazione.

In questa lezione pertanto, abbiamo imparato a dare nuova vita ai nostri CV, trasformandoli in potenti strumenti per distinguerci dalla massa. Un’occasione preziosa per acquisire consapevolezza e concretezza nel nostro percorso di crescita professionale.

La seconda parte della giornata invece ha visto protagonisti due imprenditori del territorio lecchese.

1. Walter Cortiana, socio titolare e responsabile commerciale della 3C Catene.

La sua storia nel mondo delle catene saldate di piccole dimensioni inizia nel 1987, tra le mura dell’azienda di famiglia, dove collabora con il padre e il fratello. Un’eredità che diventa ben presto una scelta di vita, con Walter che, dopo la prematura scomparsa del padre, decide di dedicarsi anima e corpo all’azienda.

La crescita di Walter come imprenditore va di pari passo con quella della 3C Catene, egli infatti investe costantemente nella propria formazione, partecipando a corsi e perfezionandosi, e allo stesso tempo amplia la sfera di collaboratori, creando un team coeso e qualificato.

Walter Cortiana

Al centro del successo della 3C Catene c’è una filosofia aziendale ben precisa, che ruota attorno alla cura del dettaglio e all’orientamento al cliente.

Un binomio vincente che ha permesso all’azienda di raggiungere traguardi importanti in termini di qualità, fidelizzando la clientela e rafforzando il brand.

Un altro aspetto fondamentale è stata la capacità di collaborare con altri imprenditori del settore dando vita ad associazioni di rete che hanno permesso di abbattere i costi e di affacciarsi ai mercati esteri, aprendo nuove opportunità di crescita per tutti i partecipanti.

La storia di Walter Cortiana e della 3C Catene rappresenta un esempio lampante di come l’impegno, la dedizione e la capacità di innovare siano gli ingredienti chiave per affermarsi sul mercato pur mantenendo una forte identità aziendale.

2. Dalle vette alpine alle vette del business, Antonio Peccati, Presidente di Confcommercio e consulente finanziario dal 1989, ci racconta una storia appassionante che intreccia vita personale e professionale. L’arrampicata e la guida alpina, due delle sue più grandi passioni, si riflettono nella sua tenacia imprenditoriale, dove ogni nuovo obiettivo diventa una cima da conquistare.

Nonostante i numeri che hanno caratterizzato la sua carriera siano impressionati, 670 consulenti sul territorio nazionale per circa 20 miliardi di masse gestite, al centro del suo lavoro e della sua testimonianza c’è il rapporto con le persone. Il manager non è un semplice mediatore, ma un ascoltatore attento, capace di cogliere le ambizioni ma anche le difficoltà dei clienti per incoraggiarli e supportarli.

Antonio Peccati

Peccati poi sottolinea come la fortuna sia un treno che passa e che va colto al volo. Le opportunità, anche se nascoste, sono trampolini di lancio per nuove esperienze e per una crescita personale e professionale. Le sfide non sono ostacoli, ma occasioni per evolverci e approfondire la conoscenza di noi stessi.

Antonio Peccati è un esempio di tenacia, passione e visione. La sua storia ci insegna che con impegno, perseveranza e una solida dose di coraggio, possiamo raggiungere traguardi inimmaginabili, sia in vetta alle montagne che nel mondo del business.

VUOI OTTENERE IL MIGLIOR RISULTATO CON POCHI SFORZI E IN POCO TEMPO? ALLORA IMPARA A USARE LE MAPPE MENTALI ANCHE TU

Di Stefano Bassani

L’argomento della lezione di sabato scorso sono state le mappe mentali, prima con la teoria e poi con un po’ di sana pratica Alessio ci ha fatto assaporare e poi toccare con mano il mondo delle mappe mentali.

L’inventore delle moderne mappe mentali è stato Tony Buzan, un noto psicologo inglese nato nel 1942 che ci ha lasciato ormai 5 anni fa.

Con il termine mappa mentale si intende dare una rappresentazione di tipo grafico ad esempio di un pensiero, o di una storia.

Ma cosa c’è alla base di queste mappe mentali? Ci sono gli eventi materiali o fatti che ci capitano di continuo nella nostra vita quotidiana; il nostro cervello, ogni volta in cui ci imbattiamo in un fatto, lavora cercando di riconoscere le relazioni a cui poi vengono associati dei significati (storytelling).

Unendo quanto detto sopra abbiamo scoperto di che cosa è fatta quella cosa ,così tanto banale e complicata allo stesso tempo, che viene chiamata informazione.

Come facciamo a creare una mappa mentale? Servono 3 ingredienti fondamentali per crearne una:

  1. Immaginazione: Attraverso un semplice gioco noto come “scribble birds”, Alessio ha stuzzicato la nostra immaginazione facendoci disegnare degli uccellini partendo da dei semplici scarabocchi fatti con una penna; il risultato? Ognuno di noi possiede un po’ d’immaginazione, basta solo tirarla fuori!
  2. Associazione: Sempre tramite un altro gioco abbiamo scoperto come ad una semplice parola ogni persona associ un’altra parola che, nella maggior parte dei casi, è diversa da quella che abbiamo pensato noi.
  3. Parole: il filo conduttore che ci permette di associare e, di conseguenza, anche di immaginare.

Con lo stesso principio usato per creare le mappe mentali possiamo creare anche dei grafi, che rappresentano la forma più completa di espressione ma che non sono efficienti, servono infatti più di 30 minuti per crearne uno che spesso e volentieri nell’ambito lavorativo non abbiamo.

Le mappe mentali invece, hanno meno parole, non hanno relazioni orientate e sono molto più efficienti; posso farne una anche in soli 5 minuti!

Per mantenere la lezione attiva (era pur sempre un sabato mattina…) Alessio non si è più dilungato con la teoria e ci ha fatto subito mettere “le mani in pasta” facendoci creare la nostra personale mappa mentale, in 5 minuti massimo su: noi, il nostro lavoro, le nostre relazioni ecc.

A tempo esaurito ciascuno ha potuto osservare il lavoro dei colleghi notando come ciascuna mappa fosse differente da un’altra per vari motivi: chi ha messo più relazioni, chi ha dato una maggiore impronta visiva utilizzando più colori, chi è stato più metodico e ordinato e via dicendo.

A seconda dell’ambito in cui devo applicarla ci sono diversi modi di come strutturare la mia mappa mentale: posso mettere un’idea al centro e circondarla di parole chiave (quello che Tony Buzan chiamava “pensiero radiante”); posso strutturare i dati in base alla loro importanza (ad es. prima il più importante e sotto quelli meno rilevanti); in ambito scolastico posso mettere al centro un argomento a piacere e sviluppare intorno i vari rami; posso realizzare una mappa come modello per obiettivi suddiviso in: progettazione, pianificazione e programmazione.

Insomma, avete capito che il mondo delle mappe mentali è davvero vasto e diversificato e non basta una breve lezione per saperle sviluppare in modo efficiente.

Ma al termine della lezione una cosa è certa: creare queste mappe mentali è stato molto utile ma soprattutto divertente e stimolante, non ci resta che provare a portarle con noi nel mondo del lavoro (e non solo) per renderci conto di come possano veramente ridurre alcune complessità e cambiarci la vita in positivo.