Archivi tag: diversity management

Diversity management: Comprendere e gestire le differenze

gabriella_Vigo

Il lavoro della squadra di Lecco100 è stato allietato, in questa calda giornata di Giugno, dall’ intervento di Gabriella Vigo formatrice, counsellor sistemico e coach, con esperienza in aziende private e pubbliche. Gabriella, che si occupa di comunicazione interpersonale, comportamenti e processi organizzativi ha guidato i ragazzi all’ interno del “DIVERSITY MANAGEMENT”: modalità di gestionale orientata a conoscere e valorizzare le differenze delle persone.

 

Attraverso un avvincente percorso fatto sia di momenti di lezione frontale sia di esercitazioni pratiche, i ragazzi hanno avuto modo di riflettere e confrontarsi sull’ importanza dei concetti di uguaglianza e rispetto della diversità all’ interno della società e del lavoro in team. Le aziende che mostrano un genuino apprezzamento per la diversità, incoraggiano il rispetto degli individui e promuovono l’uguaglianza in maniera metodica risultano essere aziende più redditizie e quindi più competitive sul mercato del lavoro. Gestire la diversità e prevenire la discriminazione è prima di tutto un lavoro che ognuno di noi deve fare su se stesso.

 

Tutti noi abbiamo dei preconcetti che limitano la nostra capacità di vivere in una realtà sociale più o meno grande, bisogna però avere il coraggio di allenarsi a guardare le cose da punti di vista differenti perché non sempre la visione della realtà che noi abbiamo è quella più corretta.

Dal gruppo di lavoro di Lecco100 un profondo ringraziamento a Gabriella.

by    Simone Valaperta.

Il diversity management

Gabriella VigoRaffaella Vigo, formatrice per aziende importanti quali l’Oreal, ha tenuto il 30 Maggio un’interessante lezione sul Diversity Managment. Per prima cosa è stato chiesto ai partecipanti di presentarsi uscendo dai soliti schemi e usando piuttosto le linee guida della Ruota della Diversità, composta da cinque cerchi concentrici, ognuno dei quali corrispondente ad un’area, via via più ampia, in cui collegare elementi della propria persona (es. origini, educazione, abitudini, ambito professionale, eventi storici).
In seguito si è analizzato il cosiddetto “Albero della diversità” che ospita tra le sue fronde le macrodifferenze che possono essere evidenti nell’incontro con l’altro (età, fisico, sesso, etnia, comportamenti …), mentre nasconde tra le radici le micro diversità di più difficile percezione (credo religioso, fede politica, valori, background culturale), senza dimenticare elementi borderline che si collocano nella zona del tronco (quali lo status sociale e la disabilità, non sempre evidenti). Nel leggere la realtà dobbiamo infatti essere sempre consapevoli dei nostri filtri per evitare fraintendimenti. In questo senso è bene tenere a mente la differenza tra fatti e opinioni: i primi, che comprendono il parlare e il fare, possono condurre a discriminazioni punibili per legge, le opinioni invece riguardano un pensiero, che è libero. Un’altra differenza che è importante ricordare riguarda “equità”, valorizzazione nel rispetto delle differenze e dunque meritocrazia, e “uguaglianza”, intesa invece come appiattimento in una forzata assenza di diversità. L’equità nei contesti organizzativi è legata in primo luogo al reclutamento di candidati con un ampia gamma di background e settori sociali, ma la stessa impostazione deve riguardare anche i responsabili della selezione. L’eterogeneità è un valore che va dunque salvaguardato insieme alla valutazione meritocratica, per evitare discriminazioni, anche quelle indirette che si verificano quando si impone una regola per tutelare una categoria ledendo, senza che ce ne sia la volontà, i diritti di un’altra. La discriminazione infatti è reato, anche se non sempre la normativa a riguardo è chiara, perlomeno nel senso comune. Attraverso una sorta di quiz i ragazzi hanno potuto verificare quali comportamenti sono tutelati e quali invece punibili: ad esempio, se è risaputo che le molestie sessuali rientrano nelle discriminazioni, forse non tutti sanno che solo nel 2006 c’è stato un cambiamento nell’onere della prova: chi ha commesso il reato deve dimostrare il contrario. Preferire un uomo invece che una donna per un determinato lavoro non è sempre sinonimo di pregiudizio, ma solo quando il sesso è essenziale alla natura del lavoro (ad esempio nei settori di Arte e Spettacolo). Criteri antidiscriminatori di genere vanno applicati anche all’ambito retributivo dove le donne, ancora oggi, prendono spesso meno dei colleghi maschi: per garantire e affrettare il raggiungimento della parità fra i sessi, che fisiologicamente si dovrebbe verificare nel 2050, sono state previste “azioni positive” ossia attività volontarie pensate per accrescere la rappresentatività di un piccolo gruppo, ma di cui poi tutti beneficeranno. Le quote rosa, così come l’obbligo all’assunzione di un certo numero di disabili, rientrano invece nelle cosiddette “discriminazioni positive”, ossia azioni obbligatorie che mirano a rimuovere discriminazioni negative dando temporaneamente un trattamento di favore a quelle categorie che altrimenti sarebbero sfavorite. L’esercizio successivo ha previsto invece una serie di “ritratti” scritti su grossi fogli appesi per la stanza: poche righe che tratteggiavano personalità molto diverse (casalinga di 30 anni madre di due figli, ragazza indiana che cura la famiglia, uomo non vedente e lavoratore, padre lavoratore di 4 figli). I partecipanti al master hanno dovuto scrivere, sotto a ciascun ritratto, tutti gli aggettivi positivi, ma anche gli stereotipi negativi che la breve descrizione suggeriva loro. Alla luce di quanto scritto, i ragazzi, divisi in piccoli gruppi, hanno “adottato” un ritratto, sforzandosi di inventare per lui una storia in grado di scardinare i pregiudizi emersi nel lavoro precedente. A turno hanno poi sostenuto un colloquio di lavoro fingendo di essere la persona scelta e rispondendo alle domande degli “esaminatori” coerentemente con il background creato in comune accordo. Lo scopo era quello di guardare una situazione da una nuova prospettiva, cercando di sviluppare una sensibilità interculturale. Di fronte alle differenze la prima reazione è infatti quella della negazione, seguita dalla difesa. Poi viene il tentativo di minimizzare le diversità e solo dopo arriva l’accettazione, l’adattamento e l’integrazione intesa come valorizzazione di ciò che ci differenzia. Quando si hanno pregiudizi si considera la propria convinzione come un fatto, oggettivo e certo, cercando conferme nel comportamento dell’altro, che spesso, anche grazie ai neuroni specchio, risponde alle aspettative. La visione di un estratto di un film ha reso tutto più chiaro ai ragazzi che hanno costruito una matrice in cui collocare i comportamenti dei personaggi (discriminante e non, con pregiudizio e senza). Particolarmente pericoloso è risultato l’atteggiamento discriminante senza pregiudizio, poiché non volontario e per questo spesso preso “alla leggera”. In generale è fondamentale ricordare che quando assistiamo a comportamenti che vanno in questa direzione, tutti abbiamo una corresponsabilità: anche se non compiamo l’atto discriminatorio o ne siamo vittime, abbiamo il dovere di intervenire. Un ulteriore accorgimento spesso sottovalutato è quello di non giudicare o discutere il sistema di valori dell’altro: non per tutti sono importanti le stesse cose e quello che a volte sembra solo uno scontro di comportamenti e abitudini, in realtà, proprio come accade all’iceberg parzialmente nascosto, è un conflitto che si origina in profondità, tra immagini sociali e modi differenti di vedere il mondo. Questa diversa visione deriva proprio dai nostri filtri, che arrivano dalla famiglia, dalla scuola, dalle esperienze, dai modelli sociali. Ma è possibile non farci trascinare dai nostri pregiudizi? Sì, solo esercitandoci a conoscerli e a sospenderli: ed è proprio questo il lavoro con cui i ragazzi hanno concluso la giornata. Ognuno ha infatti cercato un filtro che solitamente applica alla realtà e ha provato a guardare le cose eliminandolo, limitandosi a osservare senza valutare, al massimo, facendo domande e ascoltando con attenzione le risposte.

 By Chiara Vassena