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VENERDì 5 FEBBRAIO : PARTE l’UNDICESIMO MASTER

Venerdì 5 febbraio è iniziato il nuovo Master Lecco100. L’attuale edizione, al momento, viene svolta interamente on-line.

Al mattino, si è partiti con le testimonianze di alcuni giovani partecipanti delle precedenti edizioni.

Qualcuno ha chiamato questo l’anno dei costruttori e ascoltando le parole dei partecipanti degli anni precedenti, possiamo comprendere l’importanza di questa esperienza come costruzione della persona e solo successivamente delle competenze. Il focus sulla persona e sulla sua crescita è ben identificabile grazie alla carica emotiva che ancora trasporta chi parla di questo percorso: punti di svolta, cambi radicali e scelte importanti sono la sintesi di quello che si sono sentiti in grado di affrontare una volta concluso questo percorso .

Successivamente, abbiamo incontrato chi una direzione alla propria vita l’ha già data in modo deciso.

Angelo Cortesi: Imprenditore titolare del mollificio Co.El. di Monte Marenzo.

Angelo Cortesi

Cortesi ha deciso di vivere la sua vita imprenditoriale ed agire con coerenza nel solco della responsabilità sociale d’impresa, fino ad essere premiato lo scorso anno a Firenze. Quali sono quindi le qualità che lo contraddistinguono e che lo hanno portato a non mettere al primo posto il guadagno a tutti i costi e ad allontanarsi dalla visione di Friedman, ossia l’impresa come insieme di contratti?

Angelo Cortesi elenca 3 caratteristiche: capacità di innovare, propensione al rischio e Ars combinatoria.

La capacità di innovare, come l’imprenditore spiega, può essere classificata come innovazione di:

prodotto,

processo

rottura.

Quest’ultima, a suo avviso, più difficile da ottenere poiché anticipa bisogni che ancora non sono visibili nel mercato. Cortesi continua affermando che per raggiungerla è necessario prendersi il rischio di trasformare scelte in opportunità identificabili grazie all’Ars combinatoria. Osservare il mondo e saperlo leggere combinando le diverse anime di progetto in modo efficace e non solo efficiente. Non si tratta solo di un rapporto costi-benefici, ma dell’effettiva finalizzazione di un’idea.

Una sintesi dell’intera descrizione della figura dell’imprenditore può essere, a suo dire, colui che ha grande fiducia nel futuro e allo stesso tempo una visione positiva, nuova nel pensiero e negli ideali. Solo in questo modo si potrà restare lontani dall’attrazione della speculazione per fare davvero impresa con una funzione sempre più sociale all’interno delle comunità come agente politico.

In ogni momento, anche nei periodi di crisi, questa vocazione ha prevalso. Attraverso il racconto dell’anno 2008 Cortesi mette in evidenza i suoi comportamenti verso tutti gli stakeholders. Confessa di aver avuto paura di poter vedere azzerato tutto il lavoro di 30 anni. Ciò nonostante, ha cercato di agire con trasparenza e equità sia verso dipendenti che verso i fornitori. Inoltre, come lui stesso dichiara, ha voluto smettere di collaborare e quindi indirettamente supportare coloro i quali hanno portato alla crisi. Questa scelta si è poi estesa a chi in generale opera secondo criteri non morali. Due i casi simbolo: chiusura dei rapporti con una banca e il rifiuto di commesse da aziende produttrici di armi.

A conclusione del suo intervento si è definito “talebano” per i modi estremisti ma quando, ci si trova sull’orlo di un cambiamento non è forse l’unico modo per comportarsi?

Nel pomeriggio sono proseguiti gli incontri con gli imprenditori. Ad iniziare è Giovanni Pastorino, imprenditore di razza, titolare della Deltacalor di Calolziocorte

Giovanni Pastorino

Anche lui come Cortesi ci parla di innovazione e di come possa trascinare l’intera immagine dell’azienda sul mercato. A suo parere l’innovazione nasce dal “guizzo” di chi è capace di leggere, prima degli altri, le necessità del mercato realizzandole in tempi brevi. Fondamentali risultano quindi : curiosità, creatività e l’arte di saper cambiare tenendo però una vision ben precisa.

Appassionato di vela, paragona il processo ad una serie di bordi contro vento in cui si conosce la destinazione, ma in cui è impossibile mantenere una direzione lineare verso la meta e si è obbligati a procedere cambiando spesso verso alla prua. Così l’imprenditore innovatore deve sapere interpretare i cambiamenti del vento nel mondo grazie ad un processo di sintesi quasi istintivo.

Concludendo, ricorda che, in ogni caso l’ultima parola è sempre del mercato ed è lì che ogni azione viene valutata.

E’ seguito poi l’intervento di Antonio Peccati, oggi presidente di Confcommercio Lecco e Manager di un primario istituto finanziario internazionale.

Antonio Peccati

Per comprendere al meglio le sue parole è importante conoscere il suo passato da guida alpina. Questo perché dalla roccia sente di aver imparato molto e molto gli è stato utile nella vita lavorativa a partire dal concetto di meritocrazia della montagna che si potrebbe riassumere con il finale di un frammento di vita personale che ci ha raccontato: “Sempre pochi e sempre quelli ci si ritrovava sulla cima”. Dopo i petti gonfi delle notti in rifugio quando la salita richiedeva di arrivare ai fatti, ti ricordava che sei quello che sai fare e soprattutto quello che sai portare a termine. Eccolo il concetto di meritocrazia: chi più aveva allenato il proprio talento era riuscito a cogliere la finestra di bel tempo, sfruttare l’opportunità e conquistare la cima. Questo spiega il “sempre pochi”. “Sempre quelli” invece lo si ritrova nella frase più emblematica dell’intervento:” Vince solo chi vuole vincere” e non c’è bisogno di aggiungere altro per capire chi avessimo di fronte.

Dopo l’introduzione incentrata sui valori di impegno, volontà e concretizzazione il racconto continua con la spiegazione di come sia passato dalla montagna alla banca. All’inizio ci fu la volontà di dare una soddisfazione al proprio padre, che era prossimo alla pensione, prendendo il suo posto. Dopo poco tempo però, comprese che la posizione lavorativa non lo rappresentava e non ritrovava la tanto amata meritocrazia, cardine delle esperienze precedenti. Consapevole di non voler perdere tempo iniziò ad occuparsi dell’ambito titoli fino ad arrivare alla scelta di lasciare la carriera di impiegato di banca per una carriera da promotore finanziario, più personale, per poter costruire qualcosa per sé stesso.

L’esperienza di guida alpina, lo ha portato ad avere nei successivi ruoli lavorativi, umiltà riconoscendo i propri limiti e la necessità di imparare, allenarsi e prepararsi sempre al meglio.

Soprattutto se in cordata non si è da soli e ci sono persone che contano su di te, come clienti e come collaboratori. Verso entrambi bisogna garantire Fiducia e Responsabilità. Ottenere la prima e mantenersi nella seconda per mettersi “al servizio” e ripagare le aspettative di tutti portandoli ad un risultato concreto così da non sprecare la propria vita.

La conclusione del suo intervento può essere proprio questa: “Ragazzi ricordatevi di non sprecare la vostra vita” ma per farlo dovrete perseverare nell’impegno riconoscendo con umiltà che se oggi non riuscite potete sempre provarci domani se tornerete più preparati.

Ultimo incontro della giornata è stato con Bruno Corti, Responsabile e educatore alla casa Don Guanella di Lecco.

Bruno Corti

Corti incomincia a lavorare subito dopo le scuole medie per necessità, ma a 33 anni si iscrive a ragioneria continuando gli studi fino alla laurea in Scienze Sociali. Per descrivere il suo lavoro Corti ci ha parlato di come alla Casa don Guanella hanno abitato con lui molti ragazzi che descrive come “portatori di fatica” e spesso non per colpa delle loro scelte. Questo però li ha lasciati segnati ed a volte ha reso difficile il rendersi conto di essere in grado di fare o creare qualcosa. Ridargli questa fiducia aiutandoli a scoprire sé stessi è il compito più grande. Questa sfida passa attraverso la “pedagogia del grembiule” e l’esperienza del fare. L’apprendimento di un lavoro o la creazione di un oggetto, anche artistico, ricordano o insegnano per la prima volta ai ragazzi che il “fare” conferisce una propria identità e forma una persona.

Quattro imprenditori tutti con caratteristiche differenti ma che ci hanno consegnato le stesse parole chiave: responsabilità, fiducia e impegno. Dette così potrebbero sembrare la solita formula magica sulla scatola dei cereali per svoltare la vita in un giorno, ma approfondite da queste persone e nei loro discorsi non possiamo altro che sentirci spinti da una mentalità che ormai viene quasi additata come egoismo: quella del Fare. Fare per sé stessi ma anche per gli altri con la volontà di costruire qualcosa che prima non c’era e trasformare il mondo intorno a noi.

Alberto Andreani

Prima giornata: Imprenditori sul tema della sostenibilità

Curiosità, è questa la parola che più rappresenta il mio stato d’animo dopo il primo giorno di master “Lecco100”. Curiosità verso i miei compagni di avventura, giovani con storie diverse con cui confrontarsi.
Curiosità nei confronti delle persone che ci hanno regalato il loro tempo per trasmetterci qualcosa o, per lo meno, per stuzzicare il nostro pensiero e il nostro animo.

Quattro sono stati gli ospiti che ci hanno raccontato la loro storia, quattro racconti diversi e, oserei dire, anche contrastanti fra loro.
20160205_CORTESISi è partiti con la storia dell’imprenditore Angelo Cortesi, un imprenditore di successo che, se pur affrontando diverse difficoltà, è riuscito a portare in alto la sua azienda mantenendo una cultura aziendale con le “C” maiuscola. Una bella storia di sogni perseguiti caparbiamente e raggiunti. Una realtà in continua evoluzione per il miglioramento, non solo dell’azienda ma dell’ambiente e della società.

20160205_manueleProseguendo, è intervenuto Emanuele, un educatore che aiuta i giovani di “Casa Don Guanella” a ritrovare se stessi e a ricostruire la loro vita. Raccontandoci la storia di diversi ragazzi con situazioni difficili, ci ha fatto capire quanto è importante dare a tutti un’opportunità e, sopratutto, ci ha fatto capire quanto l’ambiente che ci circonda e la presenza, o l’assenza, di punti di riferimento può condizionare la vita di chiunque.

20160205_ANTONIO_PECCATIDopo una doverosa pausa pranzo che tra allievi del master abbiamo utilizzato per iniziare a conoscerci, si è ripreso il “racconto-confronto” con Antonio Peccati, guida alpina da giovane e attualmente area manager di Allianz Bank nonché vicepresidente di Confcommercio Lecco.
La sua è una storia anch’essa di successo, costruita passo dopo passo con caparbietà, alzando sempre più l’asticella degli obiettivi e tenendo sempre presenti gli alti valori della montagna.

20160205_SIMONEL’ospite finale è stato Simone, un ragazzo che ha già frequentato il master l’anno scorso e che anche lui, con insistenza e con impegno, è riuscito a realizzare un suo progetto che permetterà di far lavorare persone con disabilità, nell’ambito agricolo.

Storie diverse e, come dicevo, contrastanti ma con diversi punti in comune:
– L’impegno e la costanza per rialzarsi dopo ogni “batosta”;
-La responsabilità nei confronti degli altri, siano essi i dipendenti dell’azienda, giovani da educare, clienti da salvaguardare o disabili da inserire nel mondo del lavoro.
-L’onestà, che ti fa rinunciare a scorciatoie, più o meno legali, in nome dell’etica aziendale; che ti fa guardare gli investitori finanziari come uomini, prima ancora che come clienti; che magari in questo nostro Paese può sembrare una cosa da stupidi ma che, dalle storie di queste persone, dimostra come a lungo termine paghi.

Per concludere vorrei spendere due parole sul tema del master, la sostenibilità.
Ebbene da questa prima giornata, il tema della sostenibilità credo si possa congiungere con il tema dell’onestà, nel senso che è sostenibile vivere, impegnarsi e lavorare onestamente.
Credo sia un messaggio fondamentale di questo primo giorno che condivido pienamente.
Tocca a noi giovani recepire questo messaggio e cercare di cambiare le cose. A proposito di ciò, vorrei terminare con una citazione di un grande scrittore italiano, Corrado Alvaro:

“La disperazione peggiore di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile.”
(cit. Corrado Alvaro)

Gesufatto Colosimo

 

Ospiti dagli enti del territorio e introduzione all’uso di Linkedin

Emanuele_GiacomelliLa mattinata è stata aperta dall’intervento di Emanuele Giacomelli sulle attività e i progetti che vedono l’Istituto Don Guanella protagonista sul nostro territorio nell’aiutare tanti ragazzi che non hanno il supporto delle famiglie nella loro crescita, in particolare l’Istituto è specializzato nel seguire i minori che hanno in carico pendenze penali attraverso un percorso di rientro nella legalitá con lavori che permettano loro di essere autonomi e di conseguire le proprie aspirazioni.

Emanuele ha spiegato le sempre maggiori difficoltà legate ad un contesto sociale dove la crisi ha aumentato i casi di bisogno a fronte di un impegno pubblico che non supporta più i progetti del Don Guanella come in passato, tanto che hanno dovuto chiudere un servizio di aiuto diurno.

Rispondendo a domande dei ragazzi ha spiegato come ora per lavorare in contesti come il Don Guanella siano richieste figure altamente professionali con lauree specifiche ed un lungo tirocinio nel quale sono sempre ben viste esperienze come il Servizio Civile

Polizia_di_StatoL’intervento successivo ha visto come protagonisti l’Aiuto Capo Marzia de Andreis e il Sovraintendente Pietro Aiello, responsabili della Polizia di Stato per la diffusione di una cultura della legalità nelle scuole lecchesi e per la prevenzioni dei rischi e dei pericoli specifici del territorio nel quale si studiano le situazioni di rischio. In particolare Marzia De Andreis ha spiegato il contenuto del progetto “Un poliziotto a scuola”, rivolto alle scuole primarie di primo e secondo grado ed alle scuole superiori.

Per le scuole elementari il tema è la prevenzione del bullismo e viene comunicato attraverso la valorizzazione degli aspetti positivi delle attività che la Polizia di Stato offre alla comunità.

Per le scuole media il problema si estende anche al cyberbullismo perché i ragazzi in queste età hanno accesso a strumenti che li portano su Internet e l’obiettivo è renderli consapevoli che certe attività sono reati, posto che sotto i 14 anni sono ancora i genitori a rispondere delle azione dei loro figli.

L’evidenza purtroppo dimostra che alle superiori i ragazzi vengono spesso abbandonati a se stessi in queste attività e le conseguenze delle loro azioni ricadono prevalentemente sotto i reati penali e quindi la formazione della Polizia riguarda le conseguenze delle azioni illegali.

Il progetto Davide è relativo alla pedopornografia ed agli abusi sessuali su minori e viene svolto attraverso incontri programmati con i presidi.

Csristina_pedrettiCristina Pedretti, ex allieva di Lecco 100, ha chiuso la mattinata raccontando la sua esperienza degli ultimi cinque anni, in particolare tutto quello che faceva prima e durante il Master Lecco 100 del 2013 e tutto quello che le è successo dopo, in una piccola epopea personale che si è concretizzata in un percorso di carriera molto rapido all’interno della Fondazione Clerici per la quale oggi segue i progetti culturali, i bandi sociali europei e la digitalizzazione di tutti gli istituti.

Gli aspetti più interessanti sono emersi dalle domande che gli allievi attuali hanno fatto a Cristina e che danno il vero valore aggiunto delle testimonianze degli ex-allievi: la possibilità di confrontarsi con persone che sono molto vicine per età e sono già passate al livello successivo: sapere come hanno fatto, che risultati hanno ottenuto, a cosa hanno dovuto rinunciare e quali aspettative li hanno ispirati sono le curiosità principali.

Cristina ha poi espresso attraverso alcuni aneddoti le difficoltà nell’introdurre la digitalizzazione nella scuola, sia con gli insegnanti che con gli allievi e come gestire la partnership con enti esterni , in questo caso con Apple. L’entusiamo che la contraddistingue si è poi rivelato nel racconto delle sue attività di studio, fra cui un master sulle tecnologie digitali per la didattica che sta frequentando in questi mesi, e le attività di volontariato culturale come ad esempio la valorizzazione del Monastero del Lavello di Calolziocorte.

Nel pomeriggio i ragazzi hanno potuto conoscere Linkedin, il più diffuso social network professionale del mondo. Il percorso è stato quello della creazione di un profilo a partire da un obiettivo come la ricerca di lavoro e il tempo, le attività e i risultati che se ne possono trarre. Il tutto è stato poi messo in relazione con eventuali altre informazioni personali che potrebbero essere presenti su Internet, ad esempio in Facebook, e come gestire la propria immagine online.

Imprenditori in aula e introduzione al web marketing

BeriLa mattinata si è aperta con l’intervento di Andrea Beri, proprietario del gruppo di aziende metallurgiche Steelgroup che con quasi 100 anni di storia ha ripercorso i momenti salienti di una storia professionale e familiare. Le tre generazioni che dal nonno fino a lui hanno creato, fatto crescere e portato ad oggi quattro aziende sane hanno permesso ad Andrea Beri ad evidenziare alcuni elementi significativi per chiunque si occupi di impresa. L’innovazione è, secondo Beri, la leva più importante del successo nella competizione globale e ha fatto notare come una volta la concorrenza era Europea ed oggi è Coreana. Altro aspetto fondamentale è la qualità delle risorse senza la quale l’innovazione e l’efficienza aziendale non possono sussistere ed infine l’organizzazione per mantenere i giusti livelli di economicità e di governance.

 

GiudiciL’ospite successivo è stato il pittore Carlo Maria Giudici che ha condiviso con i ragazzi tre aspetti della sua vita. Il primo quello della carriera professionale iniziata alla fine degli anni sessanta del secolo scorso alla Fiocchi Munizioni e proseguita con una carriera passata dalla produzione, all’ufficio acquisti ed alla gestione del personale. Il secondo relativamente alla sua esperienza di pittore e le frequentazioni dell’ambiente artistico, commerciale e popolare che lo hanno contrassegnato, in particolare viaggiando ed incontrando tantissime persone. Il terzo nella tragedia umana e personale della figlia Chiara a cui a 6 anni è stata diagnosticata una forma di leucemia incurabile con la quale ha vissuto fino a 23 anni per spegnersi all’Ospedale San Gerardo di Monza. Con un ritmo serrato e denso di emozioni, Giudici ci ha dato una grande lezione di vita e di umanità.

 

PeccatiInfine l’intervento di Antonio Peccati, responsabile di 500 promotori del gruppo Allianz che gestiscono il capitale dei clienti delle regioni più ricche del nord-Italia. Il suo racconto ha tracciato un parallelo fra la sua passione alpinistica e le caratteristiche che lo hanno portato a rischiare, impegnarsi ed assumersi le responsabilità che gli hanno permesso in 20 anni di raggiungere il vertice organizzativo Italiano di Allianz , di svolgere attività sociale come Vicepresidente di Confcommercio Lecco e per molti anni come responsabile del Fondo di garanzia per i prestiti alle aziende. Antonio Peccati ha evidenziato come in una attività altamente rimunerativa si è soggetti a diversi tipi di pressione, la prima è la ricerca di clienti che richiede una “fame” psicologica notevole per vincere l’inerzia personale verso il primo contatto, la seconda è il mantenimento di una preparazione attuale in mezzo ai mercati che cambiano continuamente in modo imprevedibile e quindi richiedono umiltà ed energia e la terza è la tentazione di lasciarsi assorbire completamente dal lavoro quanto i guadagni crescono e quindi non riuscire mai a staccare la mente dal lavoro e perdere una vita equilibrata.

 

Nel pomeriggio i ragazzi hanno potuto apprendere come le aziende possono utilizzare Internet per favorire l’attività di vendita e di acquisizione di nuovi clienti. Il percorso è partito dalla storia di come l’azienda Google Inc. abbia creato un motore di ricerca di successo e lo abbia trasformato nel più fiorente sistema pubblicitario del mondo ed è terminato con un’introduzione al Crowdfunding, il più recente sistema per raccogliere fondi creato su Internet.

Imprenditori in aula sui temi del lavoro e l’innovazione

Simone CapoferriLa giornata si è aperta con l’intervento di Simone Capoferri, H.R. di un’azienda multinazionale, che ha dato indicazioni chiare ai ragazzi su come affrontare la ricerca del lavoro, in particolare nel contesto dei colloqui di lavoro e dei curriculum. Le molte domande dei ragazzi hanno permesso a Simone Capoferri di condividere la sua esperienza con consigli pratici e suggerimenti sui comportamenti che i selezionatori si aspettano.

 

Giovanni_PastorinoGiovanni Pastorino, proprietario di Deltacalor ha svolto il suo intervento concentrandosi sugli elementi che favoriscono la nascita e poi la sopravvivenza di un’azienda; le idee, i mezzi per realizzarle e l’innovazione per tenere in vita l’azienda. Per ognuno di questi elementi ha raccontato con esempi pratici come vengono svolti all’interno della sua azienda e ha risposto alle domande dei ragazzi.

Ospiti e comunicazione di genere

La giornata è iniziata con Fabio Valtorta, assicuratore GENERALI che si occupa di assicurare i grandi enti, ospedali, caserme, associazioni. Nella sua storia le strategie quotidiane per entrare in un ente, concordare dei colloqui e fissare appuntamenti ed infine trovare la polizza migliore per il cliente che deciderà di acquistare. Nel quotidiano dell’attività di Fabio sono passati e passano continuamente molti giovani che tentano la carriera ma che spesso si bloccano di fronte al momento di tentare il contatto con gli altri. Altrettanto interessanti gli esempi sulla comunicazione di genere, ad esempio nel tempo Fabio e la sua socia hanno imparato che per entrare in un ente da migliori risultati un uomo e per incontrare i possibili clienti da migliori risultati una donna. Fabio Valtorta

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il secondo intervento ha visto Miriam Cornara, ex-insegnante di scuola primaria, Ex-sindaco di Olginate ed Ex-responsabile dei progetti scolastici per la Provincia di Lecco ha raccontato il suo percorso professionale mischiandolo agli aneddoti della sua vita personale ed il suo racconto si è fatto appassionante nei ricordi della ricostruzione dell’acquedotto del paese, con le visite notturne agli impianti e con la risposta quotidiana ai problemi di un paese dove il sindaco deve muoversi in prima persona per risolvere i problemi del paese. La passione di Miriam per l’impegno politico è proseguita nello spiegare momento per momento i progetti seguiti nell’Ufficio Scolastico Provinciale, ad esempio quello per il recupero dei ragazzi a rischio di abbandono scolastico, il fenomeno più preoccupante della scuola che in Lombardia tocca fino al 14% della popolazione in età scolastica. Altro progetto Impegnativo quello dedicato all’orientamento scolastico e, per finire, un invito a tutte le ragazze in aula ad impegnarsi professionalmente per avere una vita piena e soddisfacente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’ultimo intervento, ma non meno importante, è stato quello di Gaetano Chiappa, oggi pensionato e responsabile dei progetti di aiuto della Caritas lecchese. La straripante umanità di Gaetano ha colpito i presenti perché attraverso la sua storia personale ha dimostrato come una maggiore attenzione agli altri può cambiarne la vita di molti ed incidere sulla capacità di un territorio di rispondere ai problemi di tutti.
Gaetano Chiappa è arrivato al settore sociale lavorando come manutentore per il comune di Lecco e quindi per mestiere entrando nelle case popolari che fino agli anni ’80 erano in carico al comune. In questo contesto Gaetano ha cominciato ad accorgersi dei disagi e dei problemi di molte famiglie e si è chiesto come poterle aiutare approdando per questo alla Caritas locale. Altro elemento decisivo nella sua attività sociale è stato che la profonda conoscenza del territorio e delle sue strutture che lo hanno impegnato quotidianamente in emergenze di ospedali e strutture pubbliche come ad esempio le scuole, con l’obiettivo di evitare sempre di doverli chiudere anche solo per un giorno a causa di problemi come perdite di gas o di acqua o blocchi energetici, La logica conseguenza per Gaetano è stata di partecipare alla nascente struttura della Protezione civile fino a vederla capace di reagire in 24 ore a qualsiasi disastro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nel pomeriggio i ragazzi e le ragazze sono stati invitati ad un percorso per riconoscere e spiegare le differenze di comportamento e nei bisogno di uomini e donne. Alessio Sperlinga attraverso un percorso antropologico prima e ispirato al famoso libro di John Grey “Gli uomini vengono da Marte, Le donne da Venere” dopo, ha guidato i giovani nella comprensione dei meccanismi che guidano la differente sensibilità maschile e femminile nelle interazioni fra i sessi. La lezione si è conclusa con l’invito agli uomini di imparare ad ascoltare le donne ed alle donne di incoraggiare sempre i loro compagni.

VENERE_E_MARTE_COMUNICAZIONE_DI_GENERE

Imprenditori e formazione di genere

Durante la mattina del 23 Maggio si sono intervallati ben tre ospiti con caratteristiche molto diverse, ma accomunati da una forma mentis “imprenditoriale”, testimoniata nel racconto della propria esperienza.

Diana MacWilliam Hospice AirunoDiana Mcwilliams, come suggerisce il nome, è di origini straniere, ma dopo aver sposato un italiano e aver vissuto per tanti anni nel nostro territorio, si sente pienamente “brianzola”. E proprio all’ospedale di Merate comincia, giovanissima, a fare volontariato: qui conosce una delle prime equipe in Italia ad occuparsi di malati terminali e cure palliative. Si tratta dell’associazione Fabio Sassi, nata nel 1989 in seguito alla morte di un giovane malato di tumore, per la quale comincia ad occuparsi della raccolta fondi. Le cure palliative, che approdano in Italia per la prima volta con la Fondazione Floriani, devono il loro nome al “pallium” romano: il mantello che proteggeva il viaggiatore dal freddo. Questo tipo di terapia mira infatti non alla guarigione del paziente, ma ad alleviare le sue sofferenze: il dolore fisico non è però l’unico che prova il malato terminale, esiste infatti anche un dolore spirituale, psicologico e sociale. Quest’ultimo è dovuto al fatto che il malato, e la sua famiglia, vengono progressivamente abbandonati dalla società e lasciati a loro stessi: di fronte alla morte, ci si sente a disagio e, spesso, semplicemente si sceglie di evitarla allontanandosi. Diventa presto evidente che l’attività in ospedale non basta: si cerca di intervenire nei comuni dove si trovano i pazienti e l’equipe guidata dal dottor Marinoni incomincia a offrire ai familiari, che assistevano a casa i malati, la possibilità di essere temporaneamente sostituiti, da un medico o da un infermiere, qualora avessero necessità di allontanarsi per i più svariati motivi. Anche l’ACMT ha incominciato a offrire lo stesso servizio a domicilio per la zona del lecchese: 365 giorni all’anno vengono dislocati infermieri e dottori che settimanalmente si trovano per scambiarsi informazioni sui pazienti. L’obbiettivo è quello di permettere al malato terminale di morire nella propria casa e non in ospedale dove finisce, suo malgrado, con il diventare un numero tra tanti: si cerca dunque di dare dignità agli ultimi giorni di vita di una persona, in modo che li trascorra più serenamente possibile. La persona malata deve infatti essere parte attiva: è importante che sia informata sulle proprie condizioni e consultata sulle possibilità di cura. Con il tempo però ci si rese conto che non tutti potevano usufruire del servizio a domicilio: alcune case strutturate su due piani non permettono infatti la deambulazione, con l’allungamento della vita, inoltre, spesso si hanno coppie con coniugi anziani che da soli non possono prendersi cura del malato, anche perché sono sempre più numerose le “famiglie disperse” in cui i figli abitano lontani. Per tutti questi motivi si decise di creare un “Hospice” un luogo, che fosse il più possibile simile ad una casa, in cui le persone potessero passare gli ultimi giorni di vita, ma non solo, anche vivere un periodo di “assestamento” tra la dimissione dall’ospedale e il ritorno a casa. Il concetto di “hospice”, nato in Inghilterra negli anni ’50, era ancora relativamente “nuovo” nell’Italia del 1997, anno in cui cominciarono i lavori nella ex canonica di Airuno. Nonostante le difficoltà burocratiche, aggravate da leggi che prevedevano accorgimenti più “sanitari” (come l’ossigeno fino ai letti) e dai contrasti avuti con il Comune, grazie al grande impegno degli Alpini e ai fondi raccolti dall’associazione, l’hospice “Il Nespolo” vede finalmente la luce nel 2002. La struttura prevede oggi 12 camere letto con posto letto per un familiare, se il paziente lo desidera. Paziente che per accedere alla struttura viene segnalato dal medico di base: l’hospice si trova a metà tra l’ospedale di Merate e quello di Lecco, quindi nel 2013 ha accolto ben 68 pazienti dal bacino del primo, 68 dal secondo, 17 da Bellano, e altri ancora da Milano e Bergamo arrivando, da quando è stato aperto, ad accogliere ben 2143 persone. Ogni malato viene ospitato gratuitamente ma il costo per l’associazione è, per ognuno, di 357 euro al giorno, parzialmente coperti da un contributo dell’Asl di 229 euro. E’ dunque importantissimo reperire fondi attraverso eventi (Festival Cinetica, camminate), attività esterne (mercatini) e correlate (Scuola di formazione e master): anche perché nell’hospice oltre ai tanti volontari, sono impiegati anche molti professionisti. Medici, infermieri, musicoterapisti ma anche una filosofa, che affianca il prete, nel cercare di dare risposte, da un punto di vista laico, alle domande sul senso della vita quando questa si appresta a finire. Diana Mcwilliams, da anni 30 anni presidente dell’Associazione Fabio Sassi, ha voluto ribadire l’importanza dell’onestà nei confronti del paziente: solo dandogli, con la massima chiarezza, tutte le risposte che cerca, potrà evitare tensioni inutili dovute al fatto di non sapere con esattezza che cosa gli stia capitando. Accettare la realtà permette al paziente di sfogarsi, togliersi un peso, e sentirsi ulteriormente alleggerito dalla condivisione del dolore. Una volta che la sofferenza interiore cala, pian piano viene meno anche quella fisica: alcune persone che entrano in sedia a rotelle escono camminando sulle proprie gambe, e anche il solo poter raggiungere il bagno in autonomia fa una grossa differenza in termini di qualità della vita e dignità personale.
Miriam Cornara
La dott.ssa Miriam Cornara, ex sindaco di Olginate e responsabile dell’Ufficio provinciale scolastico, ha invece portato la sua esperienza in tali campi: nel 2006, terminato il mandato, sceglie di non rientrare nella scuola primaria come insegnante di matematica e scienze, ma manda una lettera all’ex Provveditorato agli Studi chiedendo di essere messa a servizio dell’Ufficio Provinciale Scolastico. Viene dunque destinata al settore che si occupa di supportare l’autonomia delle scuole, un compito che prevede il fornire loro idee e progetti innovativi. Tra i tanti ambiti, in cui lavora, si occupa in primo luogo dell’orientamento in senso didattico: ossia nel tentativo di mettere in contatto le discipline scolastiche con il mondo del lavoro. Nel progetto “alternanza scuola – lavoro”, in particolare, è prevista una traduzione delle competenze teoriche in pratica: fondamentalmente durante 2-3 settimane dell’anno scolastico, lo studente non va a scuola ma al lavoro. Si tratta di un percorso che parte in seconda con l’orientamento al lavoro (imparare a scrivere un curriculum, formazione sulla sicurezza, giornate in azienda ecc.): molto spesso l’impiego lavorativo da’ un’immagine più completa del ragazzo, lo valorizza come persona, mostrando un altro lato sconosciuto ai professori. La cosiddetta “alternanza spinta” è un progetto che punta invece a combattere in modo più mirato il problema della dispersione scolastica: attraverso l’alternanza con il lavoro, si cerca di riportare a scuola i ragazzi, sottoponendo loro una didattica destrutturata. I docenti si trovano di fronte classi di massimo dodici studenti a cui fanno lezione per tre giorni alla settimana, i tre rimanenti invece sono impegnati in un “organizzazione lavorativa” conforme al loro percorso, indispensabile è dunque la collaborazione con i vari attori del territorio, quali i sindacati.
Il ruolo ricoperto dalla dott.ssa Cornara richiede dunque grande dinamicità, in cui dice di essere stata facilitata dalla precedente esperienza amministrativa come assessore e sindaco, ulteriormente sviluppata in altri ruoli a livello provinciale e regionale.

Alberto NegriniLa mattinata è stata chiusa dall’intervento di Alberto Negrini, presidente del Distretto di Lecco Centro per Confcommercio e, nel mercato della distribuzione di pelletteria e valigeria, imprenditore di terza generazione. Il tratto che caratterizza il commerciante italiano è, secondo Negrini, l’individualismo: nel nostro paese abbiamo sempre avuto infatti una miriade di piccoli negozi, dove la figura del gestore era un “tuttofare”. Uno scenario ben diverso da quello del resto del mondo occidentale, dove si sono molto presto sviluppati poli distributivi-aggregativi e società di una certa dimensione. Il fenomeno della globalizzazione ha accentuato le differenze tra queste visioni: con l’avanzare della nuove generazioni, è conseguenza naturale una diversa gestione imprenditoriale, ben altro tipo di conseguenza è quella indotta dal cambiamento delle leggi. Le norme degli ultimi anni hanno determinato un mercato iperliberalizzato: la politica ha sdoganato catene e poli distributivi: così è venuto meno il limite sociale, determinato dal numero limitato di licenze imposto dal comune. Una liberalizzazione che si è estesa anche agli orari: ora è infatti possibile lavorare anche in quei giorni in cui prima era obbligatorio tener chiuso. Tutto questo ha determinato un asciugamento del mercato ordinario, rendendo evidente quanto ormai fosse obsoleto il modello individualistico. Nel frattempo abbiamo assistito anche ad una iperindustrializzazione con possibilità di de localizzare, non solo la produzione, ma anche la clientela grazie agli sviluppi della tecnologia. I rapporti con i fornitori sono ovviamente cambiati: la riduzione del numero di volte in cui si acquista, da una alla settimana a due all’anno, ha comportato un’accurata pianificazione dello stesso e delle sue conseguenze, considerando come obbiettivo il massimo consumo senza eccesso di acquisto. Dato che l’analisi statistica è indispensabile e, in quanto dipendente dai flussi di mercato, slegata alla natura del prodotto, risulta materia molto tecnica, oggi è impensabile una figura “tuttofare” del commerciante tradizionale, ma è fondamentale affidarsi a professionisti. Così come importante è far rete: un business migliore passa dall’abbattere i costi condividendo le esigenze comuni. Il primo passo è stato, in questo senso, la creazione di un Consorzio, che però con il tempo è imploso sotto le spinte individualistiche. In seguito si è passati alla creazione di una Società SRL: un network di distribuzione di negozi che vendono prodotti simili e che non solo acquistano insieme, come accadeva nel Consorzio, ma anche condividono la medesima impronta gestionale (ad esempio nell’aspetto e negli arredi del punto vendita). Un modello di business, simile al franchising, ma che parte da tante realtà già esistenti: quasi una “catena multimarca”, ognuno con il proprio logo. Questa soluzione, nata con l’idea di dare servizi, ha permesso ai singoli commercianti di continuare ad essere i “titolari” dei propri negozi, di cui costituiscono senza dubbio la miglior risorsa, dal punto di vista della motivazione alla vendita. Lo scoglio maggiore, come ha confessato Negrini, è stato quello, derivato dall’impostazione individualistica di base, di accettare le competenze degli altri. E’ tuttavia chiaro che, rimanendo uniti, si possono affrontare meglio quelli che oggi sembrano problemi, ma che potrebbero diventare le opportunità di domani: in questo senso, tutto da sviluppare è il capitolo dell’e-commerce, una realtà che può far meno del negozio fisico, anche se non è già più vero il contrario.

Il pomeriggio è stato invece dedicato alle differenze di genere: la nostra specie è determinata fisicamente e mentalmente. Indipendentemente dai gusti sessuali, e a parte alcune varianti epigenetiche, abbiamo infatti due sessi ben definiti: maschio e femmina, accomunati, in quanto specie animale, dall’istinto alla riproduzione e alla sopravvivenza. Il nostro istinto però è debole se paragonato a quello di altre specie: di fronte ad una stessa situazione non tutti gli uomini reagiscono allo stesso modo. Entra infatti in gioco la “legge morale” che ci siamo dati per definire cosa è giusto e cosa è sbagliato. A questo si aggiunge un comportamento fortemente specializzato, determinato dalla biologia: uomo e donna sono infatti profondamente diversi. Il modo di approcciarsi al dialogo, ad esempio: la donna, dalla preistoria collante sociale per la comunità, parla per rendere gli altri partecipi dei propri sentimenti. L’uomo, invece, parla per rispondere ad una domanda o se ha una buona ragione: antropologicamente ricopriva il ruolo del cacciatore, per cui dialoghi diversamente motivati non solo erano inutili, ma potenzialmente anche pericolosi. Una buona notizia per i maschietti, dunque, lo sfogo femminile NON ha bisogno di una soluzione, ma solo di un ascolto attento, perché mira alla condivisione dei sentimenti: ottima e apprezzata idea quella di fare domande più precise. Però anche le fanciulle possono imparare qualcosa: sebbene per il gentil sesso dare consigli sia un modo per far capire agli altri che ci si interessa dei loro problemi, per l’uomo è il modo migliore per farlo sentire un fallito. I consigli, per quest’altra metà del cielo, sono infatti apertamente richiesti oppure motivati dal mancato funzionamento di qualche cosa. Diverso anche il modo di gestire lo stress: la donna lo affronta aprendosi al dialogo con gli altri, l’uomo invece si rilassa chiudendosi in sé stesso, evadendo in attività che lo divertono, in assoluta solitudine. Si spiega dunque perché la sera i litigi siano più che mai frequenti quando la donna vuole chiacchierare per sfogarsi e si sente ignorata dal compagno che non vede l’ora di guardare la tv o leggere un giornale per scaricare la tensione “staccando la spina”. Ed è davvero controproducente criticarlo: la paura più grande dell’uomo è infatti quella di “non essere all’altezza”, per questo deve imparare a dare, superando il timore di perdere il controllo. La donna al contrario pensa spesso di non meritare l’amore e quindi deve riuscire a darsi dei limiti nel donare: al contrario deve imparare a ricevere anche se, spesso, quello che ottiene non è quello che si aspetta. Le donne sono dunque più simili a onde: al massimo della loro altezza donano amore, nel punto più basso misurano il risultato di tanto dare, gli uomini invece sono elastici, che devono allontanarsi per potersi riavvicinare. Ma esistono delle “parole magiche”? Indagando fra i partecipanti al master sembrerebbe che con i ragazzi le frasi chiave siano “non è colpa tua” e “sono felice di poterne parlare con te”, mentre le ragazze apprezzano espressioni che garantiscono sicurezza e interessamento (“tornerò, sono qui per te” e anche un semplice “come è andata”). Queste differenze ancora una volta sono determinate dai diversi bisogni emotivi: le femmine cercano infatti l’attenzione (sollecitudine, comprensione, rispetto, devozione, rassicurazione) ed esprimono sentimenti ed emozioni con il volto e le parole, i maschi al contrario usano il corpo e cercano apprezzamento e ammirazione (fiducia, accettazione, incoraggiamento). Questi due mondi sembrano destinati ad entrare in collisione e il litigio è dietro l’angolo sia quando l’uomo sente che la donna lo disapprova, sia quando la donna è infastidita da come l’uomo e le parla o l’ascolta: entrambi infatti si sentono attaccati personalmente, messi cioè in discussione sulla loro identità. Tuttavia sapendo questo, in teoria, non dovrebbe essere difficile trovare una strada per far pace: “dare” per le donne significa essere persone migliori, e le piccole cose, come le grandi, sono importanti perchè dimostrano attenzione. L’uomo, se incoraggiato, cerca veramente di fare il possibile per accontentare la compagna, a patto che lei spieghi esattamente cosa vuole da lui. Per chi volesse approfondire, ci sono diversi i libri consigliati: dal recente “Le coccole perdute” di Giacobbe all’evergreen “Gli uomini vengono da Marte e le donne da Venere” di John Gray, insomma gli esempi teorici sono tanti…per la pratica, in bocca al lupo, anche se il fatto che non ci siamo ancora estinti lascia ben sperare.

By Chiava Vassena

Conciliazione famiglia lavoro e imprenditori in aula Lecco 100

La lezione sulla conciliazione famiglia-lavoro è stata tenuta da Egidio Riva, un esperto della materia, che conosce sia dal punto di vista teorico, lavorando come docente all’Università Cattolica, sia nella realizzazione pratica, collaborando con Regione Lombardia su progetti relativi a queste tematiche.
Un tema, quello della conciliazione famiglia-lavoro, che fino a 10 anni fa era sconosciuto ai più e che invece oggi è onnipresente, anche se spesso frainteso. I ragazzi hanno provato a dare la loro definizione e l’hanno identificato come un tentativo di rispondere alla difficoltà, avvertita soprattutto dalle donne, nel ‘tenere insieme’ lavoro e della famiglia. Ma si tratta di due realtà che sono effettivamente in conflitto? Ed è davvero un problema tutto femminile? L’impostazione fordiana, secondo cui un “buon padre è un buon lavoratore”. ha consolidato una divisione di genere, messa in discussione dalle donne svedesi che, negli anni ’70, hanno cominciato ad essere massicciamente presenti nel mondo del lavoro, chiedendo riconoscimenti. Negli anni ’90 l’UE ha cominciato a promuovere un sistema con più attori (datori di lavoro, enti amministrativi e governativi…), politiche e ambiti al fine di attuare pari opportunità per uomini e donne.

La conciliazione è infatti in realtà una tematica che tocca entrambi i sessi: il genere femminile viene spesso penalizzato in ambito lavorativo, ma quello maschile ha al contempo un grosso svantaggio nelle cure parentali. Si tratta però di una materia complessa che ha a che fare con il benessere individuale e familiare del lavoratore, anche dal punto di vista economico, mira ad un miglioramento della qualità della vita, ma incide anche nella competitività tra le aziende.

Nel mondo americano, ad esempio, le imprese cercano di fornire migliori servizi per attrarre e fidelizzare le migliori risorse. La conciliazione famiglia-lavoro è così parte delle politiche del lavoro, non un problema sociale, anche se il risvolto della medaglia è quello di creare lavoratori di serie A, manger e professionisti super qualificati, e B, personale non specializzato
In Europa, e in Italia, la conciliazione è percepita invece come un diritto di tutti e per questo è materia delle istituzioni pubbliche. Con la crisi attuale viene inoltre spesso a mancare uno dei due termini, il lavoro, anche se investire nella conciliazione famiglia – lavoro è una strategia ottimale anche in mancanza di risorse perché le donne lavoratrici comportano un’esternalizzazione di servizi (lavanderia, pulizia della casa, cura dei bambini ecc.) che creerebbe nuovi posti di lavoro.
Oggi nel nostro paese le aziende possono intervenire su base volontaria, ad integrazione delle misure già previste dalla legislazione, anche per consentire ai propri dipendenti di poter gestire al meglio le molteplici domande di ruolo, venendo cioè incontro, non solo a coloro che hanno famiglia, ma a tutti quelli che hanno bisogno di trovare un equilibrio tra vita lavorativa ed esigenze personali. Molteplici le dimensioni su cui agire: da quella organizzativa (relativa cioè a tempi e luoghi), a quella economica (retribuzione e benefit), culturale (formazione e comunicazione); dei servizi (cura, time saving). L’obiettivo deve essere ‘virtuoso’ ossia, secondo lo schema di Porter e Kramer, costituire un ‘valore condiviso’ che massimizzi efficacia ed efficienza, interesse dell’azienda e bisogni dei lavoratori. Politiche di questo tipo agiscono sia nella sfera lavorativa, rendendola più efficiente e rispettosa delle esigenze dei lavoratori, e familiare, riducendo le tensioni interne. Ciò comporta una serie di vantaggi individuali (riduzione dello stress, senso di appartenenza..) ma anche aziendali (miglioramento clima, fidelizzazione, immagine positiva..).
Tuttavia ogni misura impatta diversamente dalle altre, alcune usate insieme migliorano i risultati o, al contrario risultano controproducenti, altre ancora risentono di variabili organizzative, inoltre bisogna considerare il gap tra piano ideale e pratico. Insomma i risultati non sono generalizzabili, ma strettamente connessi alle caratteristiche della forza lavoro, dell’impostazione culturale ecc. Nel contesto italiano, ad esempio, è culturalmente affermato un modello presenzialista, per cui la presenza al lavoro è sinonimo di professionalità, quando al contrario alcuni studi dimostrano che quest’impostazione a volte favorisce un dilazionamento dei tempi del lavoro: se l’assenza, in seguito ad orari flessibili, sarà percepita come mancanza, allora questa misura non verrà utilizzata per i suoi risvolti culturali negativi.

Egidio RivaImportantissima rimane dunque la metodologia: innanzitutto l’analisi preliminare con la valutazione, attraverso uno strumento di rilevazione adeguato, dei bisogni e dei desideri della forza lavoro. A questa segue la definizione di una strategia, stabilendo obbiettivi, con una comunicazione che coinvolga e crei consenso nei lavoratori. Infine implementazione e valutazione, per consolidare nel tempo la strategia: si tratta di un vero e proprio investimento che, se non trova formalizzazione ma rimane ‘una tantum’, darà risultati limitati.

 

Andrea BeriIl pomeriggio è stato invece dedicato all’intervento di un giovane e affermato imprenditore: Andrea Beri, presidente del gruppo giovani di API e titolare della Ita Spa di Calolziocorte, azienda che da tre generazioni produce acciaio dalle più svariate applicazioni. Con molta onestà Beri ha raccontato la sua esperienza personale, costellata di ostacoli e successi: dall’esperienza scolastica come ‘studente mediocre’ a quella universitaria, nella difficile facoltà di ingegneria a cui è riuscito ad accedere, nonostante il numero chiuso, spronato forse proprio dalla sfida lanciata da un professore che non credeva nelle sue capacità. Studi poi interrotti per partecipare al servizio militare: in questo mondo, con i suoi pro e contro, Beri ha avuto anche l’occasione di imparare molto facendo carriera come sindacalista interno. In seguito l’ingresso nella trafileria di famiglia, in turno in reparto: con una madre presidente e un padre responsabile dell’area commerciale, Beri ha imparato a gestire la comunicazione, talvolta difficoltosa, tra direzione e lavoratori. Oggi Andrea Beri è amministratore delegato su tre aziende, dopo aver acquisito una compagine imprenditoriale in Veneto da alcuni ex soci. L’inizio della crisi nel 2009 ha però comportato una serie di preoccupazioni riguardo a quelli che sembravano licenziamenti inevitabili: investendo invece sulla ristrutturazione dell’azienda si è riusciti a triplicare la produzione e a divenire leader del mercato italiano. “Di fronte alle difficoltà non bisogna tirarsi indietro ma mettersi in gioco, vivendo l’azienda con la stessa passione con cui si vive la propria realtà familiare”: questo, secondo Beri, il marchio del vero imprenditore, che deve inoltre essere distinto da una correttezza e un’etica che gli permettano di fare scelte responsabili.

 

by Chiara Vassena

INCONTRI CON GLI IMPRENDITORI E RESPONSABILITÀ SOCIALE DI IMPRESA

IreneBertoglioIrene Bertoglio, grafologa iscritta all’Associazione Grafologi Professionisti, ha aperto la giornata del 18 Aprile, tracciando un quadro della grafologia che, attraverso l’esame scientifico della scrittura, rivela la personalità dello scrivente. Si tratta di una disciplina estremamente complessa, con legami molto stretti con le neuroscienze, e risvolti professionali variegati, che spaziano dalle perizie grafico-giudiziarie, al settore medico con la rilevazione di disagi psicologici, dall’ambito scolastico con la rieducazione dei bambini disgrafici, all’orientamento e alla consulenza in ambito aziendale. Lo studio della scrittura permette infatti di individuare aspetti del carattere di una persona che potrebbero essere determinanti in un colloquio di lavoro: ad esempio le attitudini intellettive, l’area relazionale, il piano affettivo, lo stato psicofisico. Tali elementi sono indagati partendo da alcuni parametri quali la pressione scrittoria, il posizionamento spaziale del testo, la dimensione della scrittura, l’inclinazione degli assi, il legame delle lettere e la loro forma e movimento, la direzione del testo e della firma. Bisogna però tenere presente che il grafologo dà pareri motivati, non giudizi o verdetti, inoltre ogni segno va necessariamente contestualizzato per rifuggire da facili schematismi e semplificazioni. Solo partendo da queste premesse si possono definire dei “tipi” legati ai tre stadi della personalità individuati da Freud, ai quattro colori della psiche di Jung e ai quattro temperamenti ippocratici. I ragazzi hanno potuto vedere concretamente alcuni esempi di differenti scritture e a loro volta lasciare un testo scritto perché possa in seguito essere oggetto di studio.

GaetanoChiappa

 

 

 

 

 

 

 

 

L’oratore successivo è stato Gaetano Chiappa, che per molti anni ha curato la manutenzione degli stabili del Comune di Lecco e ha affiancato questa attività a quella di responsabile della Caritas e del Gruppo di Protezione Civile provinciale. L’esperienza maturata in questi ambiti gli ha permesso di entrare in contatto, sul territorio, con numerose situazioni difficili, in molti casi seguite ad eventi catastrofici che apertamente avevano rotto schemi assodati. Accanto a questi fenomeni palesi esistono però tragedie silenziose, simboleggiate da Icaro, metafora dell’invisibile: si tratta delle “nuove povertà”. Tra queste la povertà di scolarizzazione che è causa e conseguenza di quella di conoscenze e cultura, ma anche povertà di esperienze, professionalità e risorse economiche. Inoltre la “povertà di età”: perché sono pochi i giovani che riescono ad inserirsi con successo nel mondo del lavoro, e molti coloro che verso i cinquant’anni ne vengono esclusi, povertà che è anche di relazioni (separazioni, rifiuto della vita..), infine povertà intesa come solitudine e perdita della stima di sé stessi. Si tratta di mancanze fra di loro concatenate che vanno a tracciare una linea di non ritorno che suggella, per chi la oltrepassa, una grave emarginazione, quasi un’impossibilità fisica di reinserirsi nella società. La vera sfida è oggi quella di trovare generosità più che soldi, poiché in un mondo che può contare su molteplici canali di comunicazione, le persone si sono paradossalmente allontanate: così è andato purtroppo perduto il “rapporto di vicinato” che in passato costituiva una vera e propria rete sociale.

MarisaFondraMarisa Fondra, sindaco di Taceno, con la sua testimonianza ha concluso la mattinata: i partecipanti hanno potuto ascoltare il racconto delle vicende che l’hanno portata per due volte a ricoprire tale carica, senza dimenticare le difficoltà legate alla gestione di un piccolo comune, ma anche i successi che l’hanno motivata. Un’analisi sincera e a tratti commossa, costellata di parole chiave come “curiosità” e “determinazione”, indispensabili quanto il “coraggio” e un pizzico di “incoscienza”, per finire con l’importanza di “fare rete”.

 

 

AngeloCortesiIl pomeriggio ha visto protagonista Angelo Cortesi, presidente di Anccem, Associazione nazionale dei mollifici italiani, che ha trattato il tema della Responsabilità Sociale di Impresa. I ragazzi hanno provato a dare una loro definizione di quella che è “l’integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche da parte delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate”, ossia il contributo delle aziende nel miglioramento della società e nel rispetto dell’ambiente. Analizzando la questione dal punto di vista legislativo esiste la norma S.A. 8000, utile nel caso di delocalizzazioni in paesi del Terzo Mondo, e la ISO 26000 che fornisce linee guida per più di 80 paesi. Anche se talvolta le certificazioni sono cercate dalle imprese a scopo di business, la situazione attuale è tale che non contano le motivazioni dietro a questa cultura di responsabilità, ma è importante garantire una diffusione quanto più ampia. Anni di comportamenti sconsiderati hanno determinato infatti emergenze di notevole entità: prima fra tutte quella ambientale, ma anche quella legata alla povertà. Importanti anche le problematiche sollevate dalla “finanza Frankestein” che esaspera la massimizzazione del profitto, attraverso operazioni che non hanno limiti spaziali e temporali. Si è determinato così un passaggio dal “free market” al “greed market”: il mercato dell’avidità. Questo clima non può che aver causato, infine, una crisi della felicità: in un’economia caratterizzata dalla crescita e dal consumo sfrenato, una volta soddisfatti i bisogni primari, i media producono sempre nuovi desideri, che dobbiamo soddisfare acquistando prodotti che ci faranno sentire completi. Questi ultimi però sono a loro volta caratterizzati da un’“obsolescenza programmata”, quindi ben presto verranno sostituiti da altri e altri ancora, lasciandoci perennemente insoddisfatti. Oggi il PIL dovrebbe misurare il benessere della popolazione di uno stato ma, essendo legato a fattori economici, paradossalmente sale con le catastrofi: il vero bene-essere della società, la vera felicità va progressivamente nel senso opposto come indicato dal Paradosso di Easterlin. Per questo è stato creato il BES, Benessere Equo Solidale, che dovrebbe affiancare il vecchio indice.

E’ necessario dunque recuperare una visione dell’economia come quella teorizzata, a metà ‘700, da Antonio Genovese, che vedeva il mercato come una forma di “amicizia”, una relazione sociale fra individui e non numeri. Adam Smith, padre dell’economia politica, invece sterilizzerà l’economia dall’emotività, proclamando il “mutuo vantaggio” raggiunto però attraverso il perseguimento dell’interesse personale, in un gioco a somma zero, dove il guadagno dell’uno è la perdita dell’altro.
Ma è possibile pensare oggi ad un’economia che abbia al suo centro la persona e le relazioni, senza cadere nel mondo del “no profit”? Sul finire del 2010 a Vienna ci sono riusciti: 400 aziende e 70 organizzazioni hanno sostenuto il modello di “Economia del Bene Comune” di Christian Felber. Oggi, 1700 aziende, di cui molte italiane del Trentino Alto Adige, aderiscono a questo progetto che prevede una banca che, secondo una matrice con un asse dedicato alle parti interessate (fornitori, finanziatori, dipendenti, clienti ecc.)e un secondo destinato ai valori (quali dignità umana, solidarietà, eco sostenibilità, equità sociale, trasparenza e democrazia ecc.), assegna dei punteggi alle aziende, in base ai quali dà crediti e finanziamenti.

Si tratta di uno strumento che permette anche ai consumatori di fare la propria scelta in maniera responsabile, in quanto ‘acquistare’ significa ‘votare con il portafoglio’. Una società responsabile si può infatti costruire solo con persone, e dunque imprese, responsabili: ogni nostra azione per quanto piccola, se concreta, ha un suo valore.

By Chiara Vassena

L’esperienza degli imprenditori al servizio dei giovani

Loretta Lazzarini, imprenditrice nel settore immobiliare da molti anni, sia a Lecco che a Milano, ha portato in aula la sua storia di impegno personale nell’ambito imprenditoriale e sociale.

Loretta Lazzarini

– Sfida
– Professionalità
– Sogno
– Coraggio
– Entusiasmo
– Disciplina
– Fame del sapere
– Dovere
– Sport
– Cuore

Queste le parole chiave che nel racconto ai ragazzi hanno guidato la sua maturazione e il suo stile nell’affrontare le innumerevoli difficoltà della vita nel suo modo passionale e travolgente di scoprire sempre nuove opportunità in qualsiasi situazione.

Ha poi toccato il tema dell’imprenditoria femminile e ha risposto a tutte le domande dei ragazzi e delle ragazze , parlando della gestione della famiglia e della gestione dei collaboratori.

Angelo Cortesi ha raccontato la sua storia personale e quella della sua azienda,  alternando le scelte fatte nel tempo con le riflessioni che le hanno determinate.  In questo percorso Angelo Cortesi ha costruito quelle che secondo lui sono le caratteristiche di un imprenditore, come la capacità di saper pensare a lungo termine e di tenere sempre conto del territorio a cui appartiene,  per le conseguenze che le sue decisioni avranno sull’ambiente e sulla società. Ha poi messo toccato i temi del passaggio generazionale che ha vissuto e vive tuttora e le responsabilità sociali nel ruolo di presidente dell’associazione dei Mollifici italiani.

Angelo Cortesi

Ad entrambi va il nostro ringraziamento per la passione e l’umiltà con la quale si sono messi al servizio dei nostri ragazzi.