Una volta stabilito un dialogo cosciente con il proprio io è la volta di proiettarsi all’esterno, verso gli altri, per conoscersi e creare elementi di comunanza che favoriscano la convivenza e la forza di un gruppo. La terza giornata del master Lecco100 ha fatto tappa nella dimensione comunicativa inglobante me e l’altro. Conoscere gli altri è importante per saperne gestire le differenze, nella costruzione di un rapporto con chi non è a noi familiare. «La differenza» come ha spiegato Piero Guasco, relatore della giornata, «ci può comunque ispirare, al contrario dell’omologazione, il cui rischio è l’appiattimento».
Una solida base di partenza è rappresentata dalle tre leggi della comunicazione interpersonale. Innanzitutto, noi influiamo sempre sugli altri, anche in modo inconsapevole. In secondo luogo, un rapporto può improvvisamente connotarsi come positivo o negativo in uno spazio brevissimo, a causa di fattori anche insignificanti. In definitiva poi, ogni impulso ricevuto nell’atto comunicativo raggiunge il nostro inconscio prima ancora di costruire una risposta a livello razionale. Nella prima parte della giornata queste tre massime hanno accompagnato i ragazzi nella costruzione della Stella della relazione, costituita da cinque punte: Prima Impressione, Incomprensione, Indole, Comportamento e Ascolto.
L’indole è qualcosa che ci appartiene nel profondo di noi stessi e che non potremmo conoscere appieno se non confrontandoci con il giudizio che gli altri danno di noi. L’attività organizzata da Guasco, Il Mercato delle Carte, ha avuto proprio il fine di mettere a contatto le opinioni che gli alunni del master avevano di loro stessi e dei loro compagni. Ricevuto un piccolo mazzo di carte distinte in quattro colori, rosso, giallo, verde e blu, ogni partecipante ha dovuto leggere la frase apposta su un lato di queste carte e scartare quelle che non avrebbe associato alla propria indole. In seguito, tra questi scarti, ogni alunno è stato invitato a decidere a quale compagno assegnarli, secondo la prima impressione ricevuta in queste prime settimane. Alla fine dell’attività, il conteggio delle carte rimaste in mano ad ognuno ha detto a ciascun partecipante qualcosa riguardo alla sua personalità.
I colori delle carte, infatti, rimandano proprio all’analisi della personalità effettuata dallo psicologo svizzero Carl Gustav Jung che, nel suo studio, partiva da due domande: come esprimiamo le nostre energie? Come prendiamo le nostre decisioni? Le risposte al primo quesito sono collocabili lungo un asse orizzontale ai cui vertici si possono porre l’essere estroverso, cioè l’essere dinamico verso l’esterno, e l’essere introverso, cioè il tendere a rinchiudersi su se stesso. Un’asse verticale invece distanzia chi decide seguendo i propri sentimenti ed emozioni da chi si concentra sulla propria razionalità e sulle sue facoltà analitiche. Dall’incrocio di questi due assi hanno origine le quattro zone della personalità contraddistinte da colori differenti: il Rosso, proprio di chi, estroverso, decide seguendo il proprio intelletto; il Giallo, che si addice a chi agisce seguendo i propri impulsi in modo estroverso; il Verde, colore di chi, legato alle proprie emozioni, preferisce raccogliersi in se stesso, e il Blu, il colore di chi analizza e decide razionalmente ma in autonomia, rinchiudendosi nelle proprie elucubrazioni.
Gli alunni del master si sono perciò divertiti a riconoscere tipi, punti di forza e di debolezza dei vari colori, immedesimandosi, non ritrovandosi ed esprimendo il proprio pensiero. Ovviamente non esistono persone di un colore solo, bensì ognuno rappresenta un caleidoscopio di tinte e sfumature condizionate da chi ci circonda e dai contesti in cui viviamo. L’interesse professionale di queste connotazioni è però evidente per chi, per esempio nelle posizioni manageriali, deve gestire relazioni con collaboratori, clienti e dipendenti tutti di colori diversi, ai quali è necessario adattarsi per saper ottenere il meglio da ciascuno. Determinati atteggiamenti saranno perciò da evitare con alcuni colori e da perseguire con altri, nel difficile intrico della dinamica relazionale.
In questa, in ogni caso, la prima impressione, argomento della sessione pomeridiana, gioca un ruolo fondamentale. Il primo incontro con uno sconosciuto può determinare l’esito dei successivi e spesso non siamo affatto consapevoli dell’effetto che facciamo sugli altri. Quindi, se conosco i fattori che intervengono nella costruzione di tali impressioni, posso influire consapevolmente su di essi. Questa occasione è da cogliere al volo, poiché costituisce l’unica opportunità di mostrarsi degno di essere conosciuto, degno di un investimento sulle mie capacità. Nella formazione della prima impressione noi notiamo forma e contenuti della comunicazione con l’altro, associandoli a stereotipi e valori che condividiamo, così da creare, infine, un’idea, un filtro interpretativo che conferma il già visto. L’altro, il nostro interlocutore, agisce nel medesimo modo, e se anche corriamo il rischio di generalizzare e di creare dei collegamenti tra caratteristiche in realtà non interrelate, eventualità da cui rifuggire con attenzione, abbiamo comunque l’opportunità di mostrare in primis le nostre qualità migliori, così da guadagnare punti che scoraggino un’interpretazione negativa del nostro essere.
Paolo Saporito